Nel vivo la causa civile intentata dai familiari di Guerrina Piscaglia alla Diocesi di Arezzo Cortona Sansepolcro e all'Ordine dei Premostratensi per ottenere il risarcimento del grave danno commesso dal ministro della Chiesa Gratien Alabi, padre Graziano, che sconta 25 anni per l'omicidio della donna e la distruzione del cadavere.
Un giallo mai completamente chiarito, ambientato a Cà Raffaello, nel comune di Badia Tedalda. La donna, invaghita del vice parroco, congolese, sparì mentre si recava alla canonica il primo maggio 2014. Dopo mesi in cui si pensava fosse fuggita, emersero indizi contro Alabi che fu poi incriminato e processato. Si è sempre proclamato innocente. Corpo mai trovato, circostanze del delitto ignote, possibile presenza di complici mai emersi.
La famiglia Piscaglia (sorelle e nipoti) e la famiglia Alessandrini (figlio e marito) con due distinte azioni ritengono che le istituzioni religiose debbano pagare per le condotte del sacerdote. Davanti al giudice Pieschi in corso il procedimento. I
familiari ritengono che già dal gennaio ci fossero segnalazioni sui comportamenti non idonei del prete e che comunque la Chiesa debba rispondere del danno cagionato dal suo appartenente. Il Vaticano con i suoi legali afferma che ogni sacerdote è responsabile personalmente di ciò che compie.
I frati premostratensi chiedono che sia sentito il vescovo dell'epoca per evidenziare che Alabi svolgeva il ministero per la diocesi e non era sotto il controllo dell'ordine. Chiesta anche la riunione delle due azioni tendenti ad un risarcimento di un milione di euro ciascuna.