Arezzo
Italo Farnetani
Professore universitario ordinario di pediatria e giornalista, Italo Farnetani, di Arezzo, è considerato “il più famoso pediatra italiano” e i suoi libri sono tradotti in inglese e spagnolo.
- Quali sono state le tappe più importanti della sua carriera?
Ho iniziato a scrivere articoli di pediatria rendendoli fruibili per tutti, cioè ‘traducendo il medichese' nei settimanali del gruppo Rizzoli e nel 1985, quando avevo 33 anni, sono stato chiamato al Corriere della Sera per scrivere articoli di pediatria. Ero l'unico pediatra che scriveva sul più importante quotidiano italiano e questo mi ha aperto le porte alle reti radiotelevisive nazionali. Nel 1992 sono stato chiamato dalla casa editrice Mondadori per scrivere un libro rivolto ai neo genitori. Ho scritto il Pediatra in casa che ha avuto un grandissimo successo tanto che è stato ristampato dopo 20 giorni dalla prima edizione e che è entrato subito nelle classifiche di vendita. In seguito ho scritto una media di un libro all'anno per Mondadori testi che poi sono stati tradotti in spagnolo e inglese. Del libro Da zero a tre anni, sono state realizzate 12 edizioni in italiano e 4 in spagnolo di cui una destinata all'America latina.
- E non solo, giusto?
Una simile attività di giornalismo scientifico mi ha indotto a studiare e approfondire i problemi della lingua italiana e della comunicazione in medicina nel mio caso in pediatria. Per la lingua italiana nel 1994 ho curato l'aggiornamento di tutte le parole di medicina del Vocabolario della lingua italiana Devoto Oli e sono stato chiamato nel 2000 dall'Accademia della Crusca per far parte del Centro di consulenza linguistica sull'italiano contemporaneo. Gli studi che avevo condotto sulla comunicazione in pediatria e in medicina in generale convogliarono in un insegnamento universitario che ho ottenuto nel 1999 prima presso l'Università statale di Milano e poi presso l'Università statale di Milano-Bicocca, ove in quest'ultima ho insegnato pediatria. Nel 2000 sono divenuto collaboratore dell'Enciclopedia Treccani.
- E poi cosa è successo?
Da allora la mia carriera si è sempre più accelerata e sarebbe troppo difficile continuare a ripercorrere le tappe più salienti anche perché sono aumentati gli impegni e gli incarichi. Mi fa piacere ricordare che sono stato l'unico pediatra al mondo a tenere una conferenza all'interno dell'Expo 2015 di Milano. Nel 2016 sono stato chiamato, in qualità di professore ordinario di pediatria, all'università internazionale United Campus of Malta allargando ulteriormente l'orizzonte dei miei interessi e contatti. Segnalo anche che sono stato chiamato da due prestigiose Accademie Scientifiche, fra le più antiche d'Italia, entrando a far parte del ristretto numero di Accademici ordinari: l'Accademia nazionale di Scienze di Modena e l'Accademia delle Scienze dell'Università di Bologna. Come ha scritto il ministro della Salute conferendomi una onorificenza al merito della sanità pubblica ‘contribuito al miglioramento della salute pubblica e a portare anche all'estero la voce della sanità italiana'.
- E' il fondatore e il coordinatore delle Bandiere Verdi che indicano le spiagge adatte a bambini scelte dai pediatri ed è presidente dell'International Workshop of Green flags. Come le è venuta l'idea delle Bandiere Verdi?
Fino all'inizio degli anni 2000 esistevano assurde indicazioni per le vacanze al mare dei bambini, bisognava andarci a giugno, a settembre, in posti isolati. Iniziai a contattare attraverso dei questionari e dei colloqui telefonici un gran numero di pediatri e chiesi loro quali fossero le località più adatte ai bambini. La prima indicazione fu che tutti scelsero il contrario delle località che si potevano scegliere secondo le vecchie indicazioni. Scelsero tutti località mondane con animazione, con grandi strutture. Vicino alla nostra città furono scelte Viareggio, Sabaudia sul Tirreno e Riccione, San Benedetto del Tronto sull'Adriatico. Vennero selezionate 10 località, in seguito furono interpellati tutti i pediatri che erano iscritti alla società italiana di pediatria e di neonatologia e si conferma questa scelta di preferire località affollate con grandi servizi. Da allora sono passati 18 anni le Bandiere Verdi sono, ormai, più di 150 e consultati tremila pediatri italiani e stranieri. Negli anni si è creato un gruppo di miei collaboratori sia in Italia sia all'estero e devo dire che in 18 anni non abbiamo dovuto togliere una Bandiera Verde, c'è stato un grande apprezzamento sia da parte del mondo scientifico sia degli amministratori. Sono sempre stati, anche oggi, i pediatri a decidere le località a cui assegnare le Bandiere Verdi. Abbiamo modificato il modo di vivere il mare.
- Quali studi sta portando avanti attualmente sulla pediatria?
In particolare mi sto impegnando in due settori della pediatria per poter applicare in modo operativo Le linee guida scientifiche. Il primo è la diagnosi precoce del diabete mellito tipo 1 quello che colpisce i giovani per scarsità o mancanza dell'insulina. Il secondo aspetto che sto studiando è di poter intervenire rapidamente nel luogo ove avvengono gli incidenti o le altre forme di emergenza, particolarmente utile considerando che gli attuali scenari di guerra richiederanno sempre maggiore impegno da parte dei pediatri anche nelle zone critiche.
- Di cosa tratta l'ultima opera?
L'ultimo libro si intitola: Mediterraneo un mare di salute da Ippocrate ai giorni nostri. Io ho sempre sostenuto che il Mediterraneo è stata una fonte di vita e di pace tanto che queste mie osservazioni sono state messe nella piazza centrale di Mazara del Vallo in una targa realizzata dall'amministrazione comunale e dal club Rotary della città. Nel libro dimostro che anche se molte malattie vengono avvicinate al sostantivo aggettivo Mediterraneo non è che questo mare faccia ammalare e sia veicolo di malattie. In particolare è stato interessante dimostrare come la Sicilia sia il cuore della medicina e della ricerca scientifica di tutto il Mediterraneo perciò di un livello internazionale già nell'Ottocento e nel Novecento grazie al contributo dei Florio. E queste mie osservazioni hanno coinciso con la fortuna del libro e del film I Leoni di Sicilia”.
- Quali altri interessi coltiva?
Ho sempre lavorato tanto e il poco tempo libero l'ho dedicato a mia moglie e ai miei figli. Fin dai tempi del liceo sono sempre stato un appassionato di storia che poi questo mio interesse e anche il bagaglio di conoscenze l'ho sfruttato e convogliato nello studio della storia della pediatria e della medicina aretina in cui ho condotto ricerche che hanno fatto scoprire storie, personaggi e in molti casi eccellenze dimenticate o sconosciute. Come la storia dell'Istituto Thevenin e della fondatrice suor Gabriella Thevenin. Oppure ho scritto La storia della pediatria di Messina che era sconosciuta perché tutto l'archivio era stato perso con il terremoto. Per il mio impegno a livello della cooperazione sanitaria internazionale devo interessarmi anche della situazione geopolitica, ma anche questo non è un hobby ma un lavoro. Comunque dato che ho fatto sempre con molto entusiasmo e passione la mia professione non ho mai sentito il peso. Anzi il contrario.
- Prossimi impegni?
In una nazione dell'Africa Occidentale sto preparando un progetto per attivare prima possibile la medicina di laboratorio installando un laboratorio di analisi che è fondamentale per poter diagnosticare precocemente le malattie. In seguito attivare ecografia, radiologia Tac e risonanza magnetica e un ambulatorio polispecialistico. Nel progetto prevedo anche di poter attuare un ponte fra Italia e Africa collegandosi attraverso la telemedicina con la robotica, cioè con i robot forniti all'ospedale africano, in modo da poter compiere interventi anche di alta chirurgia.
- Che consigli dà ai suoi studenti e ai giovani medici?
Cito una frase di Ippocrate: è preferibile conoscere il paziente che ha una malattia che sapere tutto della malattia e non conoscere il paziente.
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