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Il Corriere di Arezzo portatore di notizie, ruolo di annuncio e di prossimità

Gualtiero Bassetti

19 Marzo 2025, 13:07

Il Corriere di Arezzo portatore di notizie, ruolo di annuncio e di prossimità

“Pronto, eccellenza. Come sta? La chiamiamo dal Corriere di Arezzo”. Ricordo ancora con piacere le telefonate che ricevevo dalla redazione di via Petrarca. Da vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro avevo lasciato volentieri il mio numero del cellulare ai giornalisti. “Per qualsiasi evenienza”, avevo detto loro. E nei quasi undici anni che sono stato ad Arezzo il rapporto con la stampa locale si è fatto sempre più intenso e, direi, proficuo. “Quello che ascoltate all'orecchio voi annunciatelo dai tetti”, spiega Gesù nel Vangelo di Matteo (Mt 10,27).

Da pastore ho ritenuto che uno dei “tetti” che la comunità ecclesiale è chiamata ad accompagnare e, aggiungerei, abitare, fossero i mezzi di comunicazione sociale del territorio. Spazi e strumenti in cui è possibile camminare insieme a chi prende sul serio e si lascia contagiare dalla passione per l'umano e per il bene comune. Prima di tutto perché sono a contatto con la gente. Come indica già dalla sua testata il Corriere di Arezzo. La parola “corriere” mi fa venire in mente colui che porta, un “annunciatore”, si direbbe con un vocabolo di matrice ecclesiale. Un annunciatore di notizie: buone o più problematiche e complesse. Come, del resto, è la vita: segnata da “gioie e speranze, tristezze e angosce degli uomini d'oggi” che “sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo”, quindi dell'intera Chiesa, come ricorda l'inizio della Costituzione conciliare Gaudium et spes (Gs, 1), uno dei documenti fondanti scaturiti dal Vaticano II di cui nel 2025 celebriamo i 60 anni dalla promulgazione.

E' una missione che ci unisce quella di essere annunciatori. Noi cristiani siamo invitati a essere annunciatori del Vangelo, la Buona Novella. E siamo tenuti a essere testimoni della nostra fede. Anche un quotidiano come il Corriere è annunciatore e testimone di quanto accade nel comprensorio. Ma il testimone deve essere autentico, attento, fedele. Tutte qualità di cui ha bisogno il buon giornalismo.

“Quella del giornalista è più che una professione. E' una vocazione e una missione - ha scritto Papa Francesco nell'intervento per il Giubileo della comunicazione dello scorso 25 gennaio - Voi comunicatori avete un ruolo fondamentale per la società oggi, nel raccontare i fatti e nel modo in cui li raccontate. Lo sappiamo: il linguaggio, l'atteggiamento, i toni, possono essere determinanti e fare la differenza tra una comunicazione che riaccende la speranza, crea ponti, apre porte, e una comunicazione che invece accresce le divisioni, le polarizzazioni, le semplificazioni della realtà”.

Mi piace pensare ai cronisti della redazione di una testata locale come a quelli legati a uno stile di raccontare imperniato sulla prossimità. “Consumate le suole delle scarpe”, era una delle raccomandazioni che i veterani della professione giornalistica facevano ai nuovi arrivati. Vale tanto più oggi quando si ritiene che sia sufficiente l'immenso flusso di informazioni prodotte su Internet per narrare e spiegare la società e la famiglia umana.

Il rischio è, da una parte, il distacco dalle persone, da quanto realmente vivono, sentono e pensano; e, dall'altro, l'appiattimento in “giornali fotocopia” o in notiziari sostanzialmente omologati. Invece il giornalismo locale resta una scuola di vicinanza alla gente, che necessita di incontrare le persone per cercare storie o verificare certe situazioni. “Se non ci apriamo all'incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi”, avverte Papa Francesco (Messaggio per la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali 2021).

Vieni e vedi”, dice il Signore chiamando i discepoli a seguirlo (Gv 1,46). “Venire e vedere” sono le coordinate di ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. I media locali hanno nel loro Dna la peculiare possibilità e la fondamentale necessità di poter conservare questa spinta: possono, e talvolta devono, andare nei luoghi dove qualcosa accade; e possono e devono vedere quanto succede.

Riflettendo sui 40 anni del Corriere di Arezzo, ritengo che questo significativo anniversario mostri come la carta stampata possa resistere in un mondo che fa i conti con un cambiamento d'epoca. E avrà futuro se saprà valorizzare le caratteristiche distintive che gli altri mezzi, per loro natura, non hanno e non potranno avere, a cominciare dalla capacità di indagare, scavare e suscitare riflessione. Cari auguri, Corriere.

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Gualtiero Bassetti, cardinale, arcivescovo
emerito di Perugia-Città della Pieve

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