Sabato 06 Settembre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

Il contributo

In quel lontano 1985 ad Arezzo la nascita del Corriere fu un segnale di libertà: una voce forte e chiara

Paola Vannelli

24 Marzo 2025, 23:10

Paola Vannelli

Paola Vannelli

La nascita di un giornale è un avvenimento. Un segnale di libertà. La possibilità di dare voce ad una città, ad un territorio. Quando si ha la fortuna di partecipare ad un evento del genere si può solo essere riconoscenti. Io lo sarò sempre. Il Corriere di Arezzo, in origine Corriere Aretino, è nato per riportare giorno dopo giorno la vita e rendere i lettori protagonisti dell'attualità, delle notizie, fossero di natura politica, di cronaca o di sport.

In quel lontano 1985 sono partita da Roma accompagnata dal mio babbo. Ero una studentessa universitaria di vent'anni ed avevo stretto un patto con lui: qualche mese di prova e poi di nuovo a casa, sui libri se non mi fossi dimostrata capace. Aveva ceduto al mio “capriccio” di diventare giornalista lontana dalla capitale, solo perché essendo lui nato in Valdarno parenti ed amici mi avrebbero tenuta sotto controllo. Era uno degli inverni più freddi: febbraio 1985, Firenze segnava -25 gradi. Una volta arrivata nella “mia” Laterina, mi sono trovata avvolta in una tardiva atmosfera natalizia. Neve, tantissima neve ovunque. Uno spettacolo fantastico! Il primo incontro di lavoro è avvenuto nella redazione di “Teletruria”. Al tempo era in Corso Italia N. 205.

Aspettavo timorosa con il cuore in gola su un divano insieme ad altre persone. Una di loro era Grazia Buscaglia, diventata un'amica speciale. Ricevuta da Gianfranco Duranti, indimenticato direttore dell'emittente televisiva locale, alla fine di un lungo colloquio mi venne comunicato che avrebbero deciso se confermarmi, o meno solo al termine di un periodo di prova. All'epoca il quotidiano ed il network erano collegati, e quindi ognuno di noi veniva impiegato su entrambi i fronti. Quel doppio impegno mi ha permesso di capire quanto il mondo dell'informazione facesse parte di me. Me lo spiegò benissimo lo stesso Gianfranco Duranti, quando una sera, mentre eravamo ancora impegnati nelle prove per l'uscita del giornale, mi chiese se avessi scritto un certo articolo e aggiunse: “Adesso conduci la videocronaca”. Fu un momento di puro terrore. Ero paralizzata. Mi portò negli studi e mi disse: “Sei capace di scrivere, sarai anche capace di leggere.”

Quel debutto, quella prova superata hanno fatto sì che il mio sogno di diventare giornalista si trasformasse in realtà. Intorno a me avevo persone che lavoravano da anni fra quotidiani, radio e tv. Ivo Brocchi, Romano Salvi, Laura Pugliesi, Carlo Casi, Mauro Bellachioma, Giovanni Melani, Fabio Polvani, professionisti noti sul territorio e mi perdonino coloro che ho dimenticato. Il responsabile della redazione del Corriere Aretino era Paolo Farneti. Abbiamo costruito un gruppo piccolo, ma compatto lavorando tantissimo, giorno e notte. Ci chiamavano il “Corrierino”, e non si trattava sempre di un appellativo affettuoso, del resto eravamo in competizione con un monumento storico come La Nazione, eppure il confronto con i colleghi dell'illustre testata è sempre stato leale e stimolante.

Pescando nella memoria non riesco a fare a meno di citare Aurelio Marcantoni, con lui abbiamo condiviso varie avventure. Una su tutte: il giorno in cui, una vita fa, sul cantiere della Due Mari la talpa meccanica buttò giù l'ultimo diaframma della prima galleria di collegamento. Da qualche parte ho ancora le foto di noi insieme metri e metri nel sottosuolo con l'elmetto di protezione e poi a pranzo nella mensa con gli operai. Ma non posso fare a meno di ricordare anche che, il primo giorno di convocazione in redazione, di nascosto chiamai il centralino del Corriere della sera a Milano, solo per sapere come rispondere alle telefonate… Una voce stentorea rispose: “Corriere…???” In quel momento decisi che noi non saremmo stati solo “Corriere”, ma il “Corriere di Arezzo”.

Grazie soprattutto al valore dei miei colleghi, il giornale è decollato. Con il tempo abbiamo conquistato sempre più lettori e il nostro modo di trattare le notizie, con imparzialità ed empatia sia stato un valore aggiunto. Persino il più piccolo e lontano dei paesi e dei comuni è stato abbracciato e reso protagonista dai preziosi collaboratori, che sono stati parte essenziale e cuore della nostra redazione. Ne citerò uno per tutti: il Maestro Giovanni Nocentini non solo perché ci ha lasciati da poco, ma anche perché essendo corrispondente di un paese a me caro, Laterina, mi concedo un pizzico di campanilismo. Ogni persona, o evento è sempre stato posto in primo piano.

Ci siamo messi in gioco con le nostre capacità, una squadra coesa, spendendo energie per un progetto che abbiamo amato ed in cui abbiamo creduto fin dal primo giorno. La famiglia, perché mi piace considerarla tale, mano, a mano si è allargata, sono arrivati rinforzi: Luigi Alberti, Luca Serafini, Riccardo Regi, Federico Sciurpa, Sonia Fardelli assieme ad altri professionisti storici di Teletruria: il dottor Pier Luigi Rossi, Luca Tosi e, naturalmente tutti i collaboratori dei comprensori che rimarranno sempre nei cuori di tutti noi.

Abbiamo condiviso e vissuto davvero tante battaglie. Il progetto dell'inceneritore di Case al Cincio ad esempio che, anche grazie alla posizione presa dal nostro giornale non venne realizzato. Quante serate passate al telefono a fare il giro di nera: Croce Bianca, Misericordia, Carabinieri, San Donato. Sempre pronti a partire al minimo segnale. Quanti appuntamenti per annunciare mostre, spettacoli o qualunque manifestazione potesse dare lustro ad una città che allora non vedeva il flusso di turisti che oggi quasi la travolge e che comunque meritava da sempre. Venni incaricata di scrivere un articolo sul restauro del Ciclo della vera Croce di Piero della Francesca.

Un restauro che doveva ancora partire e che oggi, invece si mostra e ci mostra tutto il suo splendore nella cappella maggiore della basilica di San Francesco. Tempi lontani in cui esisteva ancora il “fuorisacco”: ogni giorno a fine lavoro si portavano le fotografie dei servizi realizzati alla stazione ferroviaria di Arezzo… come dimenticare Piero, il nostro prezioso fotografo, con l'ultimo treno verso Perugia dove si trovava la rotativa del Corriere dell'Umbria e poi del Corriere Aretino. Anni in cui dal numero “zero” in poi, si partiva da Arezzo alla volta di Perugia. Salivamo in macchina a tarda notte per portare un floppy disk da mandare in tipografia per stampare il giornale, e guardare con occhi sgranati e pieni di commozione il frutto del nostro lavoro diventare realtà.

Una voce forte e chiara, che avrebbe raccontato la storia di Arezzo e del suo comprensorio. All'epoca l'Arezzo giocava in serie B e la squadra, ovviamente, era seguita in casa e fuori. Essendo parte della redazione sportiva anche io ero costantemente in campo, in casa ed in trasferta. Purtroppo, però, essendo una giovane donna capitava che nelle tribune stampa spesso sentissi dire: “Ecco, abbiamo con noi la solita fidanzata del calciatore… ma chi le fa entrare?” Una volta vinsi la timidezza e tirai fuori il tesserino rosso, quello da giornalista professionista, calò il silenzio. Il paradosso è che poi un calciatore me lo sono sposato davvero, e dell'Arezzo, ma questa è un'altra storia… Cronaca ed interviste le dettavamo dal telefono al “dimafono” e le nostre meravigliose colleghe ed amiche, professioniste del settore, traducevano e riscrivevano tutto. Voglio ricordare con tutto il mio affetto e gratitudine Grazia Barchi e Cristina Buttafuoco e le altre speciali ragazze, perché rimarranno tali: Edda, Grazia, Luciana, Daniela, Cristina Dirindelli e tutte coloro che ci hanno supportato e sopportato in orari difficili e giornate strane. E come non menzionare il giorno della presentazione del giornale, il suo “Battesimo”. Quel lontano 3 aprile eravamo tutti insieme, stretti in un abbraccio che per me resta indissolubile.

Conservo una fotografia di quel momento che è sempre nei miei occhi e sarà sempre nel mio cuore. Sono storie antiche, che qualcuno potrebbe ricordare con affetto, oppure non capire, come potrebbe non comprendere le ore passate davanti ad un “Telecopier”: il nonno del fax , che impiegava ore per trasmettere un foglio disegnato: il ”menabo'” che rappresentava la futura pagina del giornale . Ma tutto questo era la nostra vita. La nostra passione, il nostro voler stare insieme anche nei momenti liberi. Eravamo parte di un progetto, ma anche persone, amici veri.

Il Corriere di Arezzo per me, è stata una scuola di vita e di professione: mi ha donato legami importanti, imprescindibili che nessuno potrà mai cancellare e di cui sarò sempre grata.

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie