Arezzo
Leonia Rossi morì il 25 gennaio 1991
Venerdì 25 gennaio 1991. Leonia Rossi ha 27 anni e lavora alla Confar, l’azienda di moda di Rigutino che poi diventerà Cantarelli. L’operaia di Vitiano si trova al Principe, la discoteca di viale Michelangelo ad Arezzo, insieme al fidanzato con il quale in quel periodo sta preparando la casa per il matrimonio.
Nel locale ci sono 400 persone di tutte le età e Teletruria sta girando un programma sulle notti del divertimento. Musica, spettacolo.
Sono le 23.44 e il programma è terminato da appena un minuto. La gente si sposta verso i tavolini sotto il palco. C’è Alex Revelli, personaggio televisivo già popolare (ed oggi direttore dell’emittente), un boato fa vacillare lui e tutti gli altri. Qualcuno ha notato, un istante prima la porta dei bagni gonfiarsi.
Il tonfo sordo sovrasta la musica, una fiammata enorme si distende in tutta la discoteca. Polvere, odore acre. Volano detriti, schegge, la moquette ignifuga per fortuna non permette al fuoco di propagarsi. C’è chi urla. Come il cameraman di Teletruria Antonio Cherici che a quella serata ha portato anche la figlia piccola e grida il suo nome, preoccupato.
Fuori, in via Michelangelo, passa per caso il giudice Elio Amato che sente il tonfo, vede la gente uscire di corsa dalle porte di sicurezza. Gridano: una bomba, una bomba. Il magistrato chiama i soccorsi. Le ambulanze arrivano dalla vicina Croce Bianca e dalla Misericordia, una ventina.
Saranno una trentina le persona ferite, per fortuna non gravi, trasportate all’ospedale.
Ma lì al Principe, nella zona della toilette per signora, c’è un corpo a terra che non si muove: è quello di Leonia. Gli occhi sbarrati, nessun segno di vita. Uccisa dall’esplosione perché si trovava proprio nell’epicentro del disastro. La serata di festa si trasforma in tragedia. Il muro che separa la sala dai bagni è crollato, seppellendo l’operaia di Vitiano sotto i calcinacci. Panico, gente che fugge, l’urlo delle sirene. C’è da soccorrere ma anche da capire subito cosa è successo.
Pochi giorni prima, il 17 gennaio, è scoppiata la Guerra del Golfo. Gli Usa, sostenuti da una coalizione di Stati, attaccano l’Iraq di Saddam Hussein che ha invaso il Kuwait. La prime ipotesi è proprio quella di un attentato terroristico. Non di matrice interna all’Italia, ma appunto da ricondurre al clima di tensione internazionale. Due telefonate, di cui una al centralino di un quotidiano nazionale, rivendicano l'attacco a nome della Jihad islamica, e tirano in ballo la produzione di spade d'oro, interrotta, da parte di un'azienda orafa aretina per Saddam.
Proprio in quei giorni, i media internazionali riportavano minacce di attacchi terroristici in Occidente, alimentando sospetti su possibili cellule operative in Europa. Problema, questo, che due decenni dopo sarebbe emerso in tutta la sua terribile gravità e realtà a livello mondiale.
Arezzo balza al centro dell'attenzione nazionale per alcune ore. Ma la verità è un’altra e viene scoperta dai vigili del fuoco con i loro strumenti di rilevamento. L'esplosione è stata causata da una fuga di gas, propagatasi da un tubo incrinato dell'impianto. Pochi millimetri di apertura nella ghisa di una condotta del 1936 realizzata ai tempi dell’Italgas. Il metano fuoriuscito ha invaso il sottosuolo lungo viale Michelangelo per poi passare sotto il marciapiede fino ad addensarsi sotto ai servizi della discoteca. Da una fessura nel pavimento è entrato, invisibile, nel locale e l’innesco è stato una scintilla o una sigaretta.
La telefonata di rivendicazione si rivela opera di un mitomane, che ha sfruttato notizie pubblicate nei giorni precedenti. Il questore Carnimeo smentisce ufficialmente la pista terroristica, riportando la calma nella città e nel Paese. Non un fatto doloso, quindi, ma accidentale.
Con successive indagini e materia comunque destinata ad alimentare fascicoli con ipotesi colpose.
La paura rientra. Ma la tragedia di Leonia colpisce Arezzo e getta nel dolore la famiglia Rossi, a Vitiano, dove si celebreranno i funerali. Nelle ore successive all’esplosione, con il sindaco di allora, Vannucci, e il vice Polli, che accorrono alla discoteca, e il vescovo D’Ascenzi che benedice la povera salma, la cronaca per il Corriere di Arezzo, che in quel periodo si chiama Gazzetta di Arezzo, viene curata da un gruppo di giornalisti: Romano Salvi, Laura Pugliesi, Riccardo Regi, Carlo Gabellini e Francesco Fondelli.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy