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Il caso

E' incinta, licenziata. Il sindacato: "Precaria sì, in attesa di un figlio no". Lavoratrice informa l'azienda, mezz'ora dopo lo stop al contratto

Filcams Cgil: intollerabile, atto impugnato, ingiusto cacciare chi diventa madre

Luca Serafini

09 Ottobre 2025, 08:03

Marco Pesci

Marco Pesci (Filcams Cgil)

Lavoratrice precaria licenziata in mezz'ora perché incinta. Il caso in un'area di sosta dell'Autostrada del Sole in provincia di Arezzo. A renderlo noto, con osservazioni critiche, è la Cgil. La donna avrebbe avuto questo percorso: assunzione per 1 mese, proroga di 3 mesi, successiva proroga di altri 4 mesi. Infine, annullamento della proroga. "Motivo? La dipendente è in stato di gravidanza."

“Questa che si è verificata in un punto di ristoro del tratto autostradale aretino – commenta Marco Pesci, segretario generale della Filcams Cgil di Arezzo – è una storia simbolo del precariato e di come possono ancora oggi essere trattate le donne e cioè buttate fuori dal posto di lavoro in mezz’ora perché stanno diventando madri”.

E stando al sindacato, mezz’ora non è un modo di dire, ma la realtà: “Nella ristorazione autostradale la maternità anticipata è obbligatoria e quindi la lavoratrice, appena venuta a conoscenza del suo stato di gravidanza, ha inviato un messaggio WhatsApp all’azienda comunicando il suo stato interessante. Mezz’ora dopo l’impresa ha formalizzato al Centro per l’impiego la decisione di annullare immediatamente la proroga del contratto che sarebbe scaduto nel gennaio del prossimo anno”.

In questo modo, fa presente il sindacato, la dipendente non potrà riscuotere né la maternità né mantenere il suo posto di lavoro. Fine immediata del lavoro e di ogni forma di salario.

“Come Filcams Cgil – annuncia Pesci – abbiamo impugnato il licenziamento e chiesto il ripristino del rapporto di lavoro. Il suo futuro occupazionale sarà materia di discussione davanti al giudice ma come Filcams Cgil non possiamo tollerare che una dipendente venga cacciata dal lavoro solo perché aspetta un figlio. È un grandissimo salto indietro nella storia dei diritti delle donne e dei lavoratori. Questa riflessione coinvolge anche la committenza, Autostrade per l’Italia, le cui concessioni delle aree di servizio sono di origine pubblica. Sarebbe fondamentale una verifica dei soggetti cui le affida, prevedendo già nelle concessioni la garanzia del rispetto dei diritti dei lavoratori che svolgono quotidianamente un servizio per tutta l’utenza che si affida al trasporto autostradale”.

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