Arezzo
Raffaele, il primo da destra, genero dell'eroe
Tanti anni fa, Gianni Mineo, l’Eroe della Chiassa che nel giugno 1944, insieme a Giuseppe Rosadi, salvò oltre 200 persone dalla fucilazione, doveva recarsi dal Piemonte in Toscana con il suo camion per caricare alcune merci. Ad accompagnarlo c’era suo genero, Raffaele Arezzi, marito di sua figlia Caterina.
Arrivato al casello autostradale di Arezzo, senza dare spiegazioni al genero, uscì e si diresse verso un paesino a nord della città. Fermò il camion davanti alla Chiesa della Chiassa e iniziò ad accennare una vecchia storia lì accaduta. Disse a Raffaele:
«Vedi, in tempo di guerra, in questa chiesa c’erano tante persone che stavano per essere fucilate dai nazisti. Io riuscii a salvarle…».
Gianni non proseguì nel suo racconto: la faccia incredula del genero gli fece capire che, se fosse andato avanti, sarebbe passato per millantatore, e questo lui non lo era né voleva apparire tale. Rimise in moto il camion e ripartì per la destinazione prefissata.

Raffaele ha ripensato moltissime volte a quell’inconsueta fermata alla Chiassa da parte di suo suocero Gianni. Lo ha fatto soprattutto dopo il 2010, quando, a seguito di un’indagine complicata, riuscii a rintracciare a Novara la figlia di Gianni Mineo, Caterina, e così i familiari scoprirono quanto il loro congiunto avesse fatto alla Chiassa nel lontano giugno 1944.
È la storia che è valsa a Gianni e a Beppe Del Barba (Giuseppe Rosadi) l’apposizione di una lapide nella piazza della Chiesa della Chiassa nel 2014, l’intitolazione del parco del paese nel 2014 a Gianni e nel 2024 a entrambi, la Medaglia al Valor Militare nel 2019 e la sceneggiatura per un film TV nel 2020, che dovrebbe essere diretto dal regista Alberto Negrin. Ai due Eroi gli abitanti della Chiassa hanno dedicato negli ultimi anni numerose iniziative, tra le quali ricordo l’avvincente spettacolo teatrale “Chiasso alla Chiassa”, andato in scena nel giugno 2024.

Tutto si svolse tra il 26 e il 29 giugno 1944: la banda del “Russo” rapì il colonnello Maximilian von Gablenz lungo la via della Libbia e lo portò sulle montagne di Anghiari; i tedeschi rastrellarono centinaia di civili e li rinchiusero nella Chiesa della Chiassa; fu poi divulgato un ultimatum del comando germanico che concedeva 48 ore per la restituzione del colonnello, pena la fucilazione degli ostaggi e la distruzione di Anghiari, Montauto, La Chiassa e Borgo a Giovi; la disperazione degli ostaggi, l’impotenza del Comando della XXIII Brigata partigiana “Pio Borri”; l’arrivo del partigiano Gianni Mineo alla Chiassa, che chiese e ottenne una dilazione di 24 ore della scadenza; la ricerca del “Russo” da parte di Gianni e le laboriose trattative fino a ottenere il prezioso colonnello e il ritorno verso la Chiassa; la lenta marcia di von Gablenz scortato da Giuseppe Rosadi e Bruno Zanchi; il bigliettino scritto da von Gablenz, Mineo che parte di corsa e il suo arrivo proprio quando i primi ostaggi stavano per essere fucilati. L’arrivo di Rosadi con von Gablenz portò infine alla liberazione di tutti gli ostaggi e al suono liberatorio delle campane della Chiesa della Chiassa.

Raffaele Arezzi è sempre stato presente alle varie iniziative per ricordare Mineo e Rosadi, promosse dal Comune di Arezzo e dagli abitanti della Chiassa, e in più occasioni ha raccontato, commuovendosi, di quel viaggio in camion con il suocero Gianni, rammaricandosi di non averlo creduto. Lo ha fatto anche nel bel documentario realizzato da Simone Grazzi (“Io sono qui”), uscito pochi mesi fa.
È grazie a Raffaele Arezzi se ho conosciuto il Gianni Mineo del dopoguerra: una vita normale, con lavori di taglialegna e in ristorante, poi in fabbrica a Novara, quindi autista di camion. La sua passione per i cavalli, che lo aveva portato a correre in vari ippodromi. La sua bontà, la sua sensibilità.

Anche Raffaele era una gran bella persona, simpatica, gentile, ironica, tranquilla; studi all’Università di Siena, impegnato nel sindacato a Novara, attento alle problematiche del suo territorio, Presidente del Comitato regionale INPS Piemonte. Era un piacere parlarci: aveva sempre una risposta saggia per ogni domanda.
Alla moglie Caterina, ai figli Alessio e Barbara, ai nipoti e a tutti i parenti giungano, assieme alle mie, le condoglianze del regista Alberto Negrin, del regista Simone Grazzi e del Nuovo Circolo 92 della Chiassa e del sindaco di Arezzo, Alessandro Ghinelli.
Santino Gallorini - scrittore e storico
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