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Televisione

Roberto Benigni, chi erano i genitori che ha citato nel monologo su San Pietro a proposito del "Ti amo"

Le origini della famiglia, dalle zolle della Valdichiana al cielo. Luigi e Isolina, radici e valori

Luca Serafini

12 Dicembre 2025, 09:03

Benigni con Isolina e Luigi

Roberto Benigni con Isolina e Luigi

Roberto Benigni nel suo monologo dedicato a San Pietro in tv su Raiuno ha fatto riferimento, ad un certo punto, ai suoi genitori. Chi erano il padre e la madre di Benigni? Si chiamavano Luigi e Isolina, entrambi nati nel 1919 da due famiglie di Castiglion Fiorentino. Luigi Benigni era nato a Frassineto da una famiglia di coloni e Isolina Papini era di Pergognano pure lei nata in un contesto rurale. Una storia d’amore vera, sincera, profonda che ha attraversato la povertà, la sofferenza del distacco (Luigi fu deportato in un campo di prigionia), lo strappo dell’emigrazione, dalla Misericordia (Manciano di Castiglion Fiorentino) verso Prato, poi dolori e gioie, fino al tramonto: tutti e due deceduti a pochi mesi di distanza nel 2004.

Dalle zolle della Valdichiana al cielo. Alla base del percorso di Roberto, che dalle irriverenze comiche e boccaccesche è salito su un piano elevato che attrae, tra ammirazione e anche critiche.

Commentando il passo del Vangelo in cui Gesù chiede tre volte a Pietro, ancora non pronto per essere definitivamente travolto dal “vento” di Cristo: “Simone, figlio di Giona, mi ami?” e il discepolo risponde “Signore, tu lo sai che ti voglio bene”, e Gesù: “Pasci le mie pecore”, Roberto Benigni ha ricordato un episodio di quando era ragazzo.

Un giorno pose una domanda simile a quella, al babbo, dopo aver osservato con le sorelle (Bruna, Anna, Albertina) che il padre non era solito dire “ti amo” alla moglie anche se si vedeva che le voleva bene. “Scusa babbo, ma tu la mamma la ami?”. E Luigi: “Eh, che vorrebbe dire?”. Roberto: “Perché non glielo dici mai?”. Il padre: “Lo sa da sé che le voglio bene”. E Benigni, nel monologo: “Come Pietro! I miei erano di quella generazione in cui dell’amore non se ne parlava, come se fosse qualcosa di non essenziale, di cui vergognarsi, una debolezza. Invece è la cosa più coraggiosa che ci sia”.

Un flash, con dolcezza e nostalgia, calato nella narrazione televisiva monumentale di San Pietro al quale Gesù, pur conoscendo le sue fragilità, affidò la missione di portare avanti la Chiesa.

Più volte in passato Benigni - nato il 27 ottobre 1952 a Misericordia - Manciano di Castiglion Fiorentino - ha ricordato i genitori.

Luigi Benigni tra il 1943 e il 1945 è stato prigioniero nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, esperienza che ha ispirato il film degli Oscar, La vita è bella.

Nel 1958 Luigi, come molti altri in quel periodo di miseria, prese la decisione, sofferta, dettata dalla ricerca di una vita migliore, di trasferire la famiglia a Prato, nelle frazioni di Galciana e poi a Vergaio. Stipati in un camion, con le cose che avevano, compresi gli animali da cortile, partirono in un giorno piovigginoso. All’inizio il piccolo Roberto nella nuova terra dove sarebbe cresciuto, si sentiva come uno straniero per la parlata molto diversa. In alcune occasioni Roberto ha definito la povertà familiare delle origini un “dono” che rendeva i genitori “principi nella miseria”.

Una vita, anche quella di mamma Isolina, segnata dalla povertà rurale e da un profondo attaccamento alla famiglia e alla fede. Roberto l’ha definita come figura centrale del suo universo familiare. In un'intervista ha narrato l'episodio miracoloso in cui Isolina offrì alla Madonna del Bagno nei pressi di Castiglion Fiorentino quattro anatroccoli (non aveva altro) per salvare il marito Luigi dal grave deperimento dopo la dura prigionia in Germania. Era tornato in condizioni pessime. “Mia madre non aveva soldi per le medicine, solo quattro anatroccoli. Allora, insieme con mia sorella Anna, si presentò davanti alla Madonna del Bagno”. Un ex voto con le penne.

Splendido, in Daunbailò è il monologo in inglese di Roberto quando parla della mamma e del consiglio, di come lo accoppa (“tah!”) e poi lo cucina. “… very very good rabbit! I know very well why to Cook it. My mother teaches to me, my mother Isolina, with rosmarino, olio d’oliva, aglio and other secrets of Isolina…”

Qualche anno fa, concedendosi una licenza poetica, Roberto accostò la figura della madre alla Madonna del Parto generando un equivoco sulle origini di Isolina come fosse di Monterchi dove si trova l’affresco di Piero della Francesca. Apriti cielo, ne nacque un caso con tanto di invio del certificato di nascita all’attore da parte del sindaco di Castiglioni, Mario Agnelli. Si trattava, appunto, di una licenza poetica. “Caso” chiuso con affetto e l’auspicio di un incontro.

Occhiali spessi, baffetti, simpatichissimo, Luigi Benigni ha inciso molto sulla crescita umana ed artistica di Roberto: i suoi racconti del periodo della guerra hanno in parte ispirato il canovaccio de La vita è bella, dal padre Roberto ha anche acquisito la passione per la poesia e in particolare per Dante, che per tradizione veniva recitato a memoria nelle campagne toscane.

I genitori di Benigni riposano al cimitero di Tobbiana. Spesso tornavano a Castiglion Fiorentino. Anche quando nel 1999 fu inaugurata la statua di Andrea Roggi dedicata al “piccolo diavolo” della Misericordia, erano lì tra la gente di Manciano e i castiglionesi. E c’erano anche quando a Castiglion Fiorentino nel 1997 venne organizzata una mostra, pubblicato un libro (Benigni Roberto di Luigi fu Remigio - di Massimo Martinelli, Carla Nassini, Fulvio Wetzl, da cui sono tratte alcune foto che pubblichiamo qui) e una cerimonia per Roberto, prima de La Vita è Bella dove oltre ad Arezzo, appare anche, in apertura, Castiglioni.

“Cari parenti... - disse in quel lontano Benigni day ai castiglionesi - non so come chiamare le persone viventi che hanno calpestato le stesse zolle, visto le stesse facce, sono andati negli stessi portoni, hanno sputato negli stessi vicoli, hanno guardato le stesse donne … mi si sdipana dal corpo tutto in mezzo alle costole un vento d'amore che mi ingrandisce il cuore”.

Rivendicò la sua castiglionesità / aretinità tramite i genitori: “Mi hanno parlato tanto vicino al focolare... Mi hanno trasmesso cose, ogni parola, ogni aneddoto, vocaboli che ho ritrovato nella Divina Commedia, da loro ho ricevuto uno scrigno, un temporale, una grandinata addosso che mi ha bagnato pur restando asciutto”. Espresse la gioia di appartenere a questa terra, figlio di contadini da generazioni. Poveri ma ricchi dentro. Quella volta che le sue sorelle schiacciarono una ad una le otto “nane” (anatre) unico patrimonio di mamma Isolina. “Si dormiva in sei su un letto e qualche volta entrava la civetta”. Momenti difficili, senza niente: “non avevamo neanche i fiammiferi, la mamma mi disse: vammi a prendere un fulminante dal Domini”.

Tra gli aneddoti legati ai genitori di Roberto Benigni, quello secondo cui nell’ottobre del ’53, la signora Benigni, le figlie e alcune vicine di casa alla Misericordia, si misero d'accordo per riferire al padre Luigi, in quel momento fuori casa, che era nata la quarta figlia femmina. “Pazienza - rispose il babbo - Però mi dispiace per l'Isolina: aveva tanto pregato la Madonna perché le nascesse un maschio”. Poi, con sorpresa, la scoperta del maschietto. Doveva chiamarsi Remigio, come il nonno, invece fu Roberto.

I Benigni furono uniti in matrimonio il 26 marzo 1942 dal parroco di Vitiano. Povertà, lavoro, grande dignità. A Prato una nuova esistenza. Stabilità. Il figlio Roberto che cresce, l’istituto Datini e dopo la maturità Roma e le prime sperimentali esperienze nello spettacolo. Poi la storia del grande comico e regista che arriverà sotto i riflettori di Hollywood.

Il suo percorso artistico e culturale, ma anche spirituale - senza rinunciare alla battuta arguta - lo espone a varie interpretazioni. Divulgatore efficace e appassionato di materie spesso incomprensibili ai più, che siano temi civili come la Costituzione, letterari come la Divina Commedia, o sacri come San Pietro e la fede cristiana. Oggetto anche di forti attacchi da parte di chi vorrebbe fosse rimasto il dissacratore degli inizi, al limite della bestemmia, o lo identifica con un colore politico.

Di certo le sue radici hanno fruttificato. Radici che affondano nelle zolle della Valdichiana - a Castiglion Fiorentino - dove ripetutamente è stato invitato a tornare per un saluto, una visita, un abbraccio. Che forse sarebbe il momento, da parte sua, figlio di questa terra, di considerare.

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