ECONOMIA
Giovanni e Aurelio Ghiandai
Settanta anni tra profumo di fiori. Da circa un mese i fioristi Ghiandai hanno chiuso la loro attività. Un duro colpo per chi, passando da piazza San Jacopo, quasi all'angolo con piazza Risorgimento e sotto il loggiato, si fermava ad ammirare la distesa di piante e di fiori che in ogni orario del giorno abbellivano il posto. Dagli inizi di maggio, niente più fiori. Aurelio Ghiandai e il cugino Giovanni, entrambi ex giocatori e Gianni anche allenatore, hanno deciso di tirare giù la saracinesca. Il motivo della chiusura lo hanno spiegato in un post e ce lo hanno detto: “Purtroppo l'età - dice Aurelio - Siamo vicini alla pensione e abbiamo deciso di anticipare un po' i tempi e non avendo eredi che volevano intraprendere questo mestiere, abbiamo preso la decisione di chiudere".
Anche perché il mestiere di fiorista o di fioraio non si improvvisa. Oltre a scegliere fiori e piante, bisogna anche sapere fare mazzi, addobbare le chiese o le sale per i ricevimenti e anche conoscere il significato dei fiori. Insomma come tutti i lavori, un po' di studio, lo richiede. “Occorre frequentare una scuola, come ho fatto io, e frequentare un negozio di fiori, prima di considerarsi dei fioristi veri”. L'attività venne creata dal babbo, Oliviero Ghiandai, insieme al fratello Pietro, nel 1955. All'inizio si trovava vicino alla chiesina di piazza San Jacopo, quella che venne poi buttata giù. Poi, successivamente, il negozio si spostò in via San Giovanni Decollato e infine, negli anni Sessanta, dove è stato fino ad un mese fa. "Se mi chiedete un anedotto - racconta Aurelio - mi viene in mente quando mio babbo e mio zio facevano a gara per chi faceva la composizione più bella, poi le mettevano fuori dal negozio e chiedevano alla gente quale fosse la migliore”. Un'usanza, alla fine, che è rimasta. Perché passando da piazza San Jacopo i fiori che i fratelli Ghiandai esponevano erano davvero delle composizioni e non semplici piante.
Da loro anche un semplice ciclamino sembrava avere un'altra luce. "Ricordo che il mazzo più bello che abbiamo confezionato sono state 365 rose rosse per un anniversario di matrimonio e un mazzo che venne regalato a Katia Ricciarelli che si esibiva al Petrarca”. Ma ci sono stati anche i matrimoni annullati. Due per il Covid e uno “perché si lasciarono a due mesi dal sì. Era, tra l'altro, un'unione civile". E poi ci sono i momenti anche personali legati alla famiglia Ghiandai: “Il mazzo più triste? Quello per il funerale del mio babbo, mentre quello più gioioso per la nascita di mia figlia”. Una cosa comunque è certa: "I fiori ancora oggi si regalano sempre. Dal battesimo alla laurea, fino, purtroppo alla morte". E adesso in quell'angolo di piazza San Jacopo qualcosa arriverà "non sarà un altro fioraio" a prendere il posto di quello che non è stato solo un negozio, ma una storia di famiglia che profuma di gardenie e che ogni aretino ne può raccontare.
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