Sì al suicidio medicalmente assistito di Libera, ha 55 anni
Una sentenza che apre una nuova strada
La decisione del tribunale fiorentino, arrivata dopo l’udienza del 15 ottobre, ha accolto integralmente le richieste presentate da Libera, già ammessa dalla sua Asl alla procedura di suicidio assistito. La donna, affetta da sclerosi multipla primaria progressiva, non è più in grado di muoversi autonomamente e vive da anni una condizione di dolore fisico e psicologico continuo. Il giudice ha ordinato all’Azienda Usl Toscana Nord Ovest di consegnare entro 15 giorni “la strumentazione necessaria all’autosomministrazione, verificandone funzionalità e compatibilità”, attraverso una pompa infusionale che potrà essere attivata con un puntatore oculare o un sensore di comando. L’Asl dovrà inoltre rendere disponibili farmaci e dispositivi al medico di fiducia di Libera, che la accompagnerà nel momento della procedura.
Il ruolo decisivo della tecnologia
Il nodo tecnico è stato uno degli ostacoli principali nelle ultime settimane. Dopo una serie di pareri negativi sulla disponibilità di un macchinario adatto, la Asl – in collaborazione con l’Estar (Ente di supporto tecnico-amministrativo regionale) – ha individuato una soluzione: una pompa infusionale attivabile tramite puntatore oculare, già utilizzata in contesti clinici complessi. Per Libera, ciò significa poter esercitare in modo pieno e autonomo la propria volontà, anche in condizioni di paralisi. “Oggi spero, finalmente, di poter scegliere davvero: di essere io, anche se paralizzata, ad azionare il dispositivo che porrà fine al mio dolore. È la mia libertà, fino alla fine”, ha dichiarato attraverso l’associazione Luca Coscioni, che la sta assistendo legalmente e tecnicamente nel percorso.
Il precedente di Dj Fabo e il vuoto normativo
La vicenda di Libera si inserisce in un quadro giuridico ancora incerto. Dal 2019, con la storica sentenza della Corte costituzionale che ha riconosciuto la non punibilità dell’aiuto al suicidio in specifiche condizioni — come nel caso di Fabiano Antoniani, noto come Dj Fabo — l’Italia ha aperto una possibilità legale ma priva di una legge organica.
Secondo la Consulta, il suicidio assistito è consentito quando la persona è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, affetta da patologia irreversibile, pienamente capace di autodeterminarsi e in condizioni di sofferenza intollerabile. Tuttavia, l’assenza di una normativa chiara ha lasciato alle Asl e ai tribunali il compito di valutare caso per caso. “Libera” è la quarta persona in Italia a ottenere il via libera, ma la prima a poterlo fare con un sistema tecnologico che le restituisce, paradossalmente, un frammento di autonomia.
Reazioni e prospettive
La decisione del tribunale di Firenze ha suscitato reazioni contrastanti. L’associazione Luca Coscioni parla di “una vittoria di civiltà e di libertà”, sottolineando come la tecnologia possa rappresentare “un ponte tra la condizione di totale immobilità e l’autodeterminazione della persona”. Sul fronte opposto, alcune associazioni cattoliche e movimenti pro-life hanno espresso preoccupazione per quella che definiscono “una deriva eutanasica mascherata da libertà di scelta”, chiedendo al Parlamento di intervenire con una legge che tuteli maggiormente la vita. Il governo, intanto, osserva in silenzio. Nonostante diversi tentativi di iniziativa legislativa, l’Italia resta priva di una normativa sul fine vita, mentre aumentano le richieste di chiarezza e le pressioni per un confronto politico.
Un confine tra diritto e compassione
Il caso di Libera tocca corde profonde, oltre il dibattito legale: il diritto di scegliere come e quando porre fine a una sofferenza estrema, la dignità nel morire, l’uso della tecnologia come strumento di libertà e non di alienazione. In una delle sue ultime dichiarazioni, Libera ha detto: “Non cerco la morte, cerco solo di non soffrire più. E voglio essere io a decidere quando è il momento”. Parole che risuonano come un testamento civile in un Paese ancora diviso tra compassione e timore, tra diritto e morale. La sua scelta, oggi, apre una porta che nessuna legge, per ora, ha avuto il coraggio di varcare del tutto.