Il caso
Contestata anche la Costituzione Italiana
A prima vista potrebbe sembrare solo l’ennesima teoria marginale in un mare di teorie alternative. Eppure Noi è Io sono, che si ripropone come erede italiana di One People I Am, non è una comunità spiritual-esoterica fatta di meditazioni e mantra: si qualifica come un organismo che rifiuta in blocco ogni autorità statale. I suoi seguaci dichiarano di voler rivendicare una sovranità individuale totale: secondo la loro visione, ogni persona è, letteralmente, sovrana di sé, non soggetta a Stati, carte di identità, patente, bollette o imposte. Le cronache recenti, come ha riportato anche il Corriere della Sera, mostrano come queste idee non restino confinate al regno delle parole. Alcuni adepti hanno dichiarato di firmare documenti (patenti, passaporti, carte d’identità) con il sangue. In Lombardia, in provincia di Brescia, si è verificato più di un caso tra cui una donna fermata con patente artigianale, non riconosciuta dall’autorità, che si rifiutava di riconoscere lo Stato.
Chi aderisce a Noi è, Io sono non riconosce la validità di atti pubblici, auto, mutui, tasse, multe. Per loro anche le bollette diventano una scelta, non un obbligo. E le conseguenze anche materiali non mancano: persone che rischiano sanzioni, problemi legali, pignoramenti, ma anche crisi personali. Quel che sorprende non è solo la radicalità delle posizioni (a cui purtroppo ci stiamo via via abituando, di qualsiasi tema si parli), ma il modo in cui la dottrina di Noi è, Io sono si presenta: un mix di giuridicismo con moduli, diffide, pec, diffide ad adempiere, notifiche e suggestioni new age, spirituali, quasi esistenziali. Così, la convinzione che basta sventolare il cartaceo giusto o che certi obblighi non valga la pena di rispettarli, viene confezionata come atto di libertà, di risveglio dell’individuo: una promessa di emancipazione da uno Stato o da un sistema, percepito come coercitivo, ingiusto, oppressivo.
Dietro la scelta di fuoriuscire dalla norma legale e sociale, non sempre c’è rabbia ideologica o spirito anarchico. Talvolta c’è fragilità. In periodi turbolenti, come quelli recenti, seguiti alla pandemia, queste narrative di discredito verso lo Stato e le istituzioni guadagnano terreno. Diverse inchieste che studiano i movimenti di sovranisti individuali segnalano che Noi è, Io sono è tra quelli che in Italia hanno registrato una importante crescita. Spesso per persone già in difficoltà (precari, indebitati, isolati socialmente) l’apparente semplicità di liberarsi dalle tasse, dai mutui, da obblighi legali può assumere l’aspetto di una scappatoia, di una promessa di rinascita. Ma per lo Stato, per la giustizia, per chi si affida a questi falsi documenti o rifiuta per convinzione ogni obbligo, le conseguenze sono reali. Come hanno spiegato esperti in materia fiscale e legale, quelle diffide, moduli o attestati che circolano come prova di sovranità sono formalmente nulli, ininfluenti, inutili: non cancellano il debito, non valgono come esonero, non dispongono di validità giuridica reale. Sovranità e libertà individuale sono parole che suonano forti — e attrattive — in un’epoca di crisi, disincanto verso le istituzioni, disuguaglianze. Ma quando la rivendicazione diventa rifiuto sistematico delle regole, quando gli strumenti offerti sono privi di validità, quando la promessa di emancipazione si traduce in esclusione e vulnerabilità, l’illusione resta tale e mai si concretizza.
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