Il delitto di Foiano
L'omicida della psicoterapeuta ha fatto marcia indietro: nell'udienza di convalida del fermo, nel carcere di Arezzo, alla fine non ha parlato. Dopo aver manifestato l'intenzione di rispondere alle domande del gip Stefano Cascone sull'assassinio di Letizia Girolami, presente anche l'interprete, il pakistano 37enne ci ha ripensato. Si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non ha aggiunto altro rispetto alla confessione di domenica 6 ottobre quando davanti ai carabinieri e al pm Angela Masiello ha ammesso di essere lui l'omicida della 72enne, madre della giovane donna con cui è stato fidanzato e che al momento del delitto era in Spagna. Una lite degenerata e un bastone come arma. Di questo ha parlato Irfan Rana Muhammad, che inizialmente dopo l'aggressione mortale avvenuta sabato 5 ottobre nei campi della tenuta di Foiano della Chiana, a Poggi Grassi, si era allontanato recandosi a Prato. Molti sono ancora gli aspetti da chiarire: la dinamica esatta del fatto, l'oggetto contundente utilizzato (si ipotizza anche un arnese agricolo con manico), le ragioni del forte contrasto tra il 37enne e la donna che stava progettando lavori nella fattoria, una specie di eden con animali, fiori e predisposta per esperienze spirituali. E il telefono cellulare di Letizia non è stato mai ritrovato. L'omicida resta in carcere dopo la convalida del fermo, data per scontata (il giudice si è riservato per l'ordinanza) e prevista in giornata. Il difensore, avvocato Maria Fiorella Bennati, non ha chiesto al momento misure alternative. Troppo agitato, frastornato e confuso, il 37enne, incensurato, accolto nel casolare come "genero" e quasi come un figlio, rimanda a più avanti il momento in cui riferire cosa è successo quel giorno in cui è diventato l'assassino di Letizia.
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