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L'intervista

La donna che vive tra i diecimila diari con le storie degli italiani. Natalia Cangi, Saverio Tutino e i segreti dell'Archivio di Pieve

Sara Polvani

07 Novembre 2024, 00:15

Natalia Cangi

Natalia Cangi

Natalia Cangi, direttrice organizzativa della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, una vita tra i diecimila diari e le storie che ci stanno dietro.

Quale è il percorso che l’ha portata a dirigere l’Archivio Diaristico?

“Ho conosciuto l’Archivio dei diari, benché abbia vissuto sempre a Pieve Santo Stefano, dopo alcuni anni dalla sua fondazione. Nel 1991, dopo aver assistitoalla premiazione della settima edizione del Premio Pieve, ho salito le scale di Palazzo Pretorio e sono entrata nelle stanze che oggi ospitano il Piccolo museo del diario per candidarmi a far parte della Commissione di lettura del Premio. L’incontro con l’Archivio è stato determinante per la mia vita e per le mie scelte professionali. Da trentatré anni faccio parte della Commissione di lettura del Premio Pieve, che presiedo dal 1994. Una parte consistente della mia esistenza passata a leggere le testimonianze di vita dei tanti senza storia, che hanno lasciato una traccia scritta, poi depositata nell’Archivio dei diari. Un’esperienza totalizzante, di quelle destinate a cambiare un’esistenza, a ridisegnarla nel segno dell’ascolto e del rispetto degli altri. Un’esperienza mai vissuta in solitaria, perché condivisa con il gruppo di persone che credono nei valori dell’Archivio. Nel 1995 entro a far parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale. Una nuova sfida che mi permette di ascoltare, da dentro, il respiro profondo di una Istituzione culturale singolare, unica nel suo genere. Nel 1998 un nuovo importante step mi proietta, non avrei mai pensato di poterlo fare fino a quel momento, alla co-conduzione del Premio Pieve. Arriva il 2005, un anno che mi vede ricoprire la carica di vicepresidente della Fondazione. Un ruolo che manterrò fino al 2009 e che mi permetterà di farmi letteralmente le “ossa” collaborando a progetti e attività che mi hanno consentito nel 2010 di misurarmi con una nuova, stimolante e complessa sfida, quella con direzione organizzativa della Fondazione Archivio Diaristico Nazionale”. 

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Qual è il suo ricordo del fondatore Saverio Tutino e cosa lascia in eredità?

“Saverio Tutino non passava inosservato. La sua folta chioma di capelli e il suo incedere festoso ne annunciavano la presenza e modellavano, con la sua figura, lo spazio. I suoi occhi penetranti e curiosi ti frugavano a lungo e a fondo. La prima volta che l’ho incontrato è stato in occasione della riunione della Commissione di lettura del Premio Pieve, quella d’insediamento. Il fondatore dell’Archivio ci accoglieva, ci diceva quello che avremmo dovuto cogliere nei molti diari che attendevano la nostra lettura. Ricordo alcune sue parole che mi sono rimaste impresse e che sono state un viatico per la mia esperienza in Archivio: “Non esistono criteri prestabiliti per valutare i testi”, è divenuto per me anche un invito ad abbandonare ogni pregiudizio nel momento in cui ci si pone all’ascolto dell’altro; “ascolto, non lettura: perché i diari, le memorie, le lettere degli altri, affermava Tutino, non si leggono. Si ascoltano”. Era un rapporto franco quello con Saverio Tutino, diretto, di grande e reciproco scambio. Saverio Tutino era così, ti metteva a proprio agio, ti dava autonomia, ti invitava a osare e a misurarti con nuove e sconosciute sfide. Tutino ha lasciato una grande eredità: un Archivio che è patrimonio dell’umanità, a disposizione di tutti. Una comunità viva e partecipe che continua il percorso tracciato dal Fondatore nel segno e a beneficio di un’idea di memoria da preservare e da coltivare come in un “vivaio”.”

Come nasce il Premio Pieve?

“Cercate nelle soffitte e nei cassetti i carteggi d’amore dei nonni, le lettere d’emigrazione, i taccuini dalle trincee di guerra, il diario di un vecchio antenato, inviateci le pagine personali che avete scritto durante la vostra vita, le memorie autobiografiche di eventi passati, ma anche i vostri diari intimi giovanili: raccoglieremo questo materiale in una sede pubblica e lo metteremo a disposizione delle generazioni future. 

È l’appello che l’Archivio rivolge fin dal 1984 a chiunque possegga uno scritto autobiografico, inedito, da inviare in originale o in copia, scegliendo di depositarlo o farlo concorrere al Premio Pieve.

Al momento della nascita, la forza di propulsione dell’Archivio è il Premio Pieve che viene istituito nel momento in cui si compie l’atto fondativo dell’Archivio. Il Premio si impone da subito come evento culturale a sé, unico nel suo genere, destinato a incidere in modo significativamente importante nella vita culturale di Pieve Santo Stefano, trasformando radicalmente la fisionomia del territorio che la circonda.

Il Premio Pieve, che nel tempo ha assunto il carattere di un festival della memoria, è un crocevia di incontri che si svolgono nelle strade, nelle piazze di Pieve; luoghi che diventano speciali perché si animano di persone, diaristi, lettori, appassionati, che prendono parte alle diverse manifestazioni e che approdano a Pieve Santo Stefano da varie parti d’Italia. Di nuovo, ogni anno, c’è il confronto continuo tra storie di vita diverse; un confronto che si palesa nel reciproco conoscersi, nel ritrovare, nel dialogo con l’altro, il proprio vissuto. Giornate di libri, di incontri, di mostre, di spettacoli, di conferenze, preludio della manifestazione finale dedicata alla presa di parola dei diaristi, autori delle otto opere autobiografiche finaliste, tra le quali viene proclamata l’opera vincitrice”.

Quanti sono ad oggi i diari e quali storie l’hanno più colpita?

“Sono oltre diecimila gli autori che in questi quarant’anni hanno destinato all’Archivio diari, memorie, lettere, autobiografie, scritture di sé, tracce preziose che raccontano di infinite esistenze. Scritture che arrivano da ogni angolo d’Italia e da qualche anno, grazie al progetto DiMMi Diari Multimediali Migranti, da più di ottanta Paesi nel mondo. Mi colpiscono le storie che sono “belle” perché espressione di traiettorie di vita uniche, al pari di storie belle perché espressione di traiettorie di vita molto comuni e rappresentative di un’epoca. Mi colpiscono quelle testimonianze che sono espressione di percorsi di vita felici o, al contrario, drammatici; quelle che sono simbolo di un’intensa vita vissuta o, invece, di un’intensa vita interiore. Spesso penso di essere abitata da un condominio di “storie”, tutte, di sicuro, hanno lasciato una traccia profonda dentro di me”.

I giovani si avvicinano oggi alla scrittura diaristica?

“È una domanda complessa. I giovani certamente scrivono di sé oggi, così come lo hanno fatto nel secolo scorso. L’Archivio conserva circa 1.100 scritture di giovani, che va detto esulano dai generi sperimentati, non sono cioè forme letterarie consolidate. Gli scritti dei giovani sono densi di suoni trascritti, di molteplici linguaggi, di disegni, di foto. Nei loro diari c’è un mondo vitale che gli adulti spesso ignorano. Scritti che continuano a gettare uno squarcio di luce sulla soggettività esistenziale di ragazze e ragazzi e che spesso sono specchio, truccato, addobbato e “vestito” come molti giovani lo sono. I giovani che oggi condividono le loro esistenze con un Archivio come il nostro lo fanno in particolari momenti della loro esistenza che spesso collimano con particolari situazioni di disagio. Altri, penso alle giovani donne e ai giovani uomini che arrivano in Italia da altri contesti geografici, scrivono anche per rivendicare il diritto a un’esistenza migliore e attraverso il racconto di sé articolano la propria voce in un contesto pubblico.

Non mi sfugge che i giovani oggi scrivono soprattutto in contesti “digitali”. La tecnologia del resto rivela e registra quotidianamente (e ossessivamente) ogni attimo della nostra esistenza. La scrittura digitale è una scrittura “pubblica”, apparentemente molto diversa da quella intima e privatissima che caratterizza i diari dei giovani di ogni tempo”.

Anche lei tiene un diario?

“Ho tenuto, da adolescente, un diario chiuso con un lucchetto e poi ho scritto impressioni e pensieri su agende occasionali. Da tempo non scrivo più ma non escludo di ricominciare a farlo”.

Quali altri interessi coltiva?

“Sono un’appassionata di storia e di letteratura. Amo il cinema, il teatro, la musica e l’arte in generale. In passato sono stata un’assidua viaggiatrice”.

Quali sono i prossimi appuntamenti del Premio Pieve?

“Abbiamo appena concluso un’edizione del Premio Pieve, la numero quaranta, particolarmente articolata e impegnativa.

Il quarantunesimo appuntamento si terrà dal 18 al 21 settembre 2025. Il Premio Pieve continuerà a indagare i temi che hanno a che vedere con la sostanza della scrittura di sé. Così come continueremo a investire in progetti innovativi con l’obiettivo di stimolare costantemente il dibattito nazionale e internazionale sull’utilizzo di testimonianze autobiografiche come fonte di ricerca e indagine per molte discipline nonché come ispirazione per nuove forme culturali e artistiche. Negli ultimi anni l’apertura dell’Archivio verso l’esterno ha subito ulteriori e sempre più articolate evoluzioni grazie allo sviluppo e all’applicazione di tecnologie digitali e all’attivazione di collaborazioni stabili con ambiti differenti dei settori culturali, creativi e artistici, il Premio Pieve 2025 continuerà a dare spazio e a riflettere sugli esiti di queste esperienze. Particolare attenzione verrà data a DIMMI Diari Multimediali Migranti. Protagonisti di DiMMi sono tutte le persone di origine straniera che hanno deciso di scrivere o raccontare attraverso video e altri strumenti la propria storia. Una storia che racchiude un patrimonio di esperienze e conoscenze, ricco di quello che hanno lasciato a casa e portato con sé, di quello che hanno attraversato nel viaggio e trovato all’arrivo – patrimonio di ognuno da tutelare e da condividere che resta a disposizione di chiunque voglia conoscere e approfondire più da vicino il vissuto di chi migra lontano dal proprio paese”. 

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