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Arezzo

Uccise il vicino che gli sfondava casa con la ruspa, fissato il processo a Mugnai. Legittima difesa negata. Vannacci: "Vorrei andare a trovarlo"

Luca Serafini

22 Dicembre 2024, 08:17

Uccise il vicino che gli sfondava casa con la ruspa, fissato il processo a Mugnai. Legittima difesa negata. Vannacci: "Vorrei andare a trovarlo"

Sandro Mugnai e la ruspa usata dal vicino

Non sarà un Natale sereno per Sandro Mugnai, l’artigiano 54enne di Arezzo che la sera del 5 gennaio 2023 a San Polo sparò con la carabina da caccia al cinghiale al vicino Gezim Dodoli, 59 anni, che con una ruspa gli sfondava casa. Lo uccise. E’ stata fissata per martedì 14 gennaio l’udienza davanti al giudice Stefano Cascone alla quale Mugnai stavolta si presenta con l’accusa, pesante, di omicidio volontario dopo che l’altro giudice, Claudio Lara, ha respinto con decisione l’ipotesi della legittima difesa, anche nella forma dell’eccesso.

“Ho sparato per difendere me e la mia famiglia”, ha sempre ripetuto anche nelle interviste Mugnai, intorno al quale si è coagulata tutta la comunità, in primis il parroco, tanto da scendere in strada per l’Immacolata con fiaccole accese. La posizione giudiziaria del 54enne si è complicata esponendolo al rischio di una possibile condanna in termini piuttosto pesanti. Si parte infatti dalla pena base di 21 anni, che possono scendere con le attenuanti e con l’abbattimento di un terzo del rito abbreviato.

Gli avvocati Marzia Lelli e Piero Melani Graverini hanno ricevuto in questi giorni la comunicazione della fissazione del processo e stanno mettendo a punto le scelte processuali. Il bivio dinanzi al quale si trova Mugnai è questo: andare ad un processo ordinario con l’audizione di periti e testimoni per suffragare la tesi della difesa legittima, o scegliere la via breve, secca, del rito abbreviato nel quale il giudice decide sulla base delle carte disponibili ma, in caso di condanna, offre la riduzione di un terzo di pena. Più probabile questa seconda strada.

Intanto tra una manciata di giorni saremo al secondo giro di calendario da quella sera assurda e tragica nella campagna di San Polo. Quando Mugnai era in casa la sera dell’Epifania, insieme ai familiari, e Gezim Dodoli mise in atto un folle e inspiegabile atto offensivo di estrema gravità. Con la ruspa schiacciò le automobili in sosta sul piazzale dei Mugnai, spinto da un risentimento che non si è mai capito da cosa nascesse, banali incomprensioni di cattivo vicinato. A Sandro Mugnai imbracciò l’arma e fece fuoco varie volte.

Dodoli non si era fermato al danneggiamento delle macchine ma si era portato a ridosso dell’abitazione colpendo la struttura, lesionandola. Rimase ucciso nell’abitacolo del mezzo meccanico chiamato anche “canarino”. Sequenze della vicenda passate ai raggi x da inquirenti e magistrati, dopo accertamenti sofisticati e perizie. Prima decisione su Mugnai fu quella del giudice Giulia Soldini che, scarcerandolo, qualificò il fatto come legittima difesa. Per il pm Laura Taddei, invece, si trattò di eccesso. Poi a ottobre il colpo di scena con la decisione del giudice Lara di respingere la richiesta di condanna del pm (2 anni e 8 mesi) e formulare l’imputazione per omicidio volontario.

Per il giudice non c’era pericolo imminente di vita, Mugnai avrebbe potuto e dovuto agire diversamente, in modo più prudente e meno pericoloso, la sua condotta fu sproporzionata all’attacco. Il caso è complesso, delicato, controverso. Anche la politica si è subito interessata alla vicenda con prese di posizione soprattutto da parte delle forze di centro destra a sostegno di Mugnai, giustificato nella sua condotta perché la proprietà privata, la casa, non si tocca, tanto più se c’è un rischio per le persone.

L’ordinanza del giudice tratteggia una ricostruzione dei fatti dalla quale Mugnai ne esce in modo diverso, autore di un contrattacco andato oltre il perimetro della difesa di chi se non uccide viene ucciso. Avrebbe dovuto agire in modo diverso. Ma un conto sono le righe scritte su un foglio di carta e un conto sono gli istanti drammatici, concitati, al buio, di chi si trova davanti una ruspa che spacca tutto.

Il 14 gennaio non sarà il giorno della sentenza, andrà incardinato il percorso, serviranno altre udienze. La famiglia di Dodoli è parte civile e chiede giustizia con un punto di vista opposto a quello dei legali di Mugnai. Intanto intorno all’artigiano di San Polo, nell’incertezza del momento, c’è il punto fermo del calore di tante persone. In 120 hanno preso parte alla fiaccolata dell’8 dicembre, partita dalla chiesa di San Polo per raggiungere il Santuario della frazione. C’è un comitato, ci sono molte persone con Mugnai, c’è don Natale, il sacerdote che ha espresso pietà per l’autore dell’aggressione poi deceduto, ma che dice: “Siamo con Sandro, non poteva far altro che difendersi”. Il parroco lo ha assolto, la giustizia deciderà nel 2025.

***

“Gli sono molto vicino, esprimo tutta la mia solidarietà. Quando uno difende la propria casa e la propria famiglia la difesa è sempre legittima. Se ha piacere andrò a trovarlo”.
Anche Roberto Vannacci ha speso una parola di sostegno e vicinanza verso Sandro Mugnai. Lo ha fatto in occasione della cena degli auguri di venerdì sera con 350 aderenti e simpatizzanti al suo movimento.

A proposito di visite eccellenti a persone indagate per vicende analoghe, si ricorda quella di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, a Fredy Pacini, il gommista di Monte San Savino che dormiva nel capannone, esasperato dai furti, e la notte del 28 novembre 2018 sparò ai ladri che erano entrati dentro, uccidendone uno. Per lui è stata riconosciuta la scriminante della legittima difesa putativa e l’accusa penale si è dissolta.

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