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Arezzo

Il corpo è di Samuele Landi, caso chiuso: autopsia e dna confermano la morte a quasi un anno dal naufragio

L'imprenditore di Eutelia che viveva d Dubai per sfuggire alla cattura vittima di un'onda anomala nel Golfo Persico

Luca Serafini

10 Gennaio 2025, 07:57

Samuele Landi

Samuele Landi

Samuele Landi è morto. Ora c’è la conferma del dna. Definitiva. Autopsia ed esami genetici sgombrano ogni dubbio sul naufragio del 2 febbraio 2024 nel Golfo Persico. Il corpo è suo. Il fondatore di Eutelia è deceduto. A dare la risposta al quesito è la procura della repubblica di Firenze che ha disposto gli accertamenti di medicina legale sul cadavere che fu ritrovato in una riva degli Emirati Arabi. Quella salma appartiene realmente al fondatore di Eutelia, come i familiari del resto avevano sempre sostenuto.
Svaniscono così le ombre che circondavano la vicenda con al centro l’aretino, classe 1965, personaggio di talento imprenditoriale poi finito nel vortice di un crac devastante. Fu dunque una vera tragedia, non c’è stata alcuna messinscena da film. Cala la parola fine sul giallo. A chiedere il test sono state le autorità italiane, in particolare l'ufficio esecuzione, cui spettava il rintraccio di Landi e la sua cattura, per la condanna definitiva a 14 anni legata alla vicenda Eutelia.
L’estradizione da Dubai non era mai riuscita. Per sottrarsi all’esecuzione Landi si era trasferito negli Emirati con la famiglia fin dal 2010, contrastando la verità giudiziaria, attaccando magistrati e funzionari statali, ricostruendosi una vita come console della Liberia ed esperto di telecomunicazioni. Un’esistenza comunque dorata, sempre tenendosi in contatto con Arezzo, poi via via più difficile fino a ritirarsi in mare.
La salma venne ritrovata in condizioni non buone e questo aspetto, unito alla distanza tra Italia ed Emirati, non aveva agevolato la definizione del caso rimasto insoluto a lungo. Il Corriere di Arezzo aveva raccolto la testimonianza di un parente che, visto il corpo in obitorio negli Emirati, aveva dichiarato: “E’ lui”.
La certezza però non era stata mai codificata nero su bianco. Ora sì. Anche se, a quanto filtra, non è stato depositato l’esito della perizia sulle cause del decesso. Si sa che Landi tentò di ripararsi in un container della chiatta Aisland a bordo della quale viveva da circa un anno con tre marinai, un cuoco e cinque gatti. Sapeva nuotare bene ma fatale sarebbe stato l’urto contro oggetti metallici. L’ultimo suo progetto era quello di una città galleggiante libera da ogni vincolo, in acque internazionali.
Un’onda anomala spezzò in due l’imbarcazione. Due membri dell’equipaggio riuscirono a salvarsi, recuperati dai soccorritori: si erano aggrappati a delle tavole di legno.
Sempre in base a quanto ci risulta, la salma è stata restituita ai familiari. L’esito dell’autopsia e della comparazione del patrimonio genetico con quello di un discendente, è stato comunicato anche all’avvocato Amedeo Di Segni, legale storico di Landi nelle sue vicende processuali. Terminano così i residui procedimenti in corso nei tribunali.
Dunque, alla luce di quanto emerso, adesso si può affermare con certezza che l’imprenditore latitante dal 2010, protagonista di una vita avventurosa, tra glorie e nebbie, intuizioni ed evasioni fiscali, è deceduto. Classe 1965, estroverso ed eclettico, paracadutista e motocrossista in gioventù, Samuele Landi aveva abbracciato con successo il business delle tlc prima creando Plug It e poi con Eutelia. Una scalata strepitosa, a suon di milioni, fino alla Borsa, con linee telefoniche e connessioni fino a diventare quinto operatore nazionale. Un’impresa condivisa con altri membri della famiglia Landi. Poi il tracollo, le divisioni, l’insolvenza, i commissari. Il processo. La fuga. Le recriminazioni di Landi.
L’avvocato Amedeo Di Segni di Roma, ha condiviso lunghi anni a fianco di Landi, seppure a distanza, essendo Samuele a Dubai. Nell’apprendere la notizia dell’identificazione della salma, che chiude la vicenda, gli abbiamo chiesto un ricordo del personaggio e la risposta è la seguente: “Geniale, fuori da ogni schema”. E alla domanda se, nonostante le condanne definitive per la bancarotta, fosse stato effettivamente “perseguitato” dalla giustizia, come lui si lamentava, il legale risponde: “Sicuramente dagli atti e dalle mie indagini c’è stato fumus persecutionis
Un affresco sulla vita di Samuele Landi è stato realizzato il 7 gennaio scorso dal New York Times: un reportage che ripercorre la sua vita. Mancava solo la parola fine. Ora il the end c’è. 
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