Arezzo
Ha inviato il carro funebre a casa di un uomo di 57 anni bersaglio di una serie di atti persecutori come l'invio di pacchi a domicilio e servizi non richiesti. Alla fine è stata denunciata dai carabinieri una donna di 36 anni, aretina residente in Casentino, presunta autrice delle molteplici azioni qualificate come stalking, procurato allarme presso l’autorità e interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità. Una storia di cui il Corriere di Arezzo si è occupato nei mesi scorsi ambientata tra la provincia di Arezzo e la Romagna.
I militari della stazione Carabinieri di Borello (Cesena) si sono occupati del singolare caso dopo che l'uomo, autotrasportatore residente nel territorio, è finito nel mirino della pressante attività persecutoria telefonica. La 36enne, spinta da motivazioni futili, riferisce l'Arma, ha posto in atto nei suoi confronti una sequela di chiamate.
A seguito del rifiuto della vittima di rispondere alle reiterate chiamate, la donna ha iniziato a segnalare false situazioni di pericolo ai numeri di emergenza nazionali, richiedendo più volte l'intervento dei militari dell’Arma, dei Vigili del Fuoco, del personale sanitario e persino di un'impresa di pompe funebri. Tali azioni - si parla di 711 spedizioni e 48 carri funebri movimentati - hanno comportato un dispendio di risorse e un distoglimento degli equipaggi di pronto intervento dai loro compiti istituzionali, a discapito di eventuali cittadini che avrebbero potuto necessitare di un intervento urgente.
Le indagini, condotte dai Carabinieri di Borello, hanno permesso di confermare quanto denunciato dalla vittima. Il Pubblico Ministero ha disposto l'attivazione del “codice rosso” e - a salvaguardia dell'incolumità della vittima - ha richiesto al Gip presso il Tribunale di Forlì "l'emissione di un'idonea misura di sicurezza nei confronti della donna, stante la gravità dei fatti contestati".
Il Gip, vagliata la richiesta, ha disposto a carico della 36enne la libertà vigilata, congiuntamente all'obbligo di sottoporsi a un percorso terapeutico presso il Servizio Psichiatrico della Asl.
In una intervista al Corriere, il camionista perseguitato aveva raccontato di aver vissuto per un periodo della sua vita in Casentino ma di non aver avuto alcun motivo per entrare in contatto e in attrito con la donna tanto da essere destinatario di tali iniziative a distanza di anni. Centinaia le situazioni riferite, con ordinativi a suo nome di oggetti e servizi non richiesti. Il culmine quando l'impresa funebre arrivò all'abitazione in seguito alla segnalazione della sua morte, inventata di sana pianta. Episodio poi replicato molte altre volte. Esasperato da questa persecuzione, adesso il camionista - che sospettava il coinvolgimento nella vicenda anche della madre della 36enne - ha ottenuto risposta all'appello che lanciò proprio attraverso il Corriere: "Fermatela".
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