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Anche la sorella dell'uomo della ruspa ucciso sarà parte civile contro Mugnai. Verso sfida in Assise tra le parti sui colpi di carabina

Omicidio volontario o legittima difesa, il caso San Polo in udienza preliminare

Luca Serafini

15 Gennaio 2025, 05:49

San Polo, gennaio 2023

San Polo, gennaio 2023

Dopo la moglie e i figli, anche la sorella di Gezim Dodoli chiede di costituirsi parte civile. I familiari dell’uomo che attaccava con la ruspa il vicino di casa e fu ucciso a colpi di carabina, si dispongono per il processo in Corte d’Assise che ormai sembra profilarsi. Anche se ieri il giudice Stefano Cascone ha rinviato al 24 gennaio la decisione su Sandro Mugnai, l’artigiano 55enne al quale viene negata, almeno per ora, la legittima difesa.

Accusato dal pm Laura Taddei per omicidio volontario, Mugnai non era presente ieri in aula ad una udienza in effetti solo tecnica. “Sono settecento giorni che non dorme e purtroppo ce ne saranno ancora molti” dice l’avvocato Marzia Lelli, sintetizzando lo stato d’animo dell’uomo che, pur tra i rimorsi, sostiene di aver sparato per difendere se stesso, la vita dei familiari e le sue cose, da un attacco ingiusto, violento, folle. Era la sera del 5 gennaio 2023 a San Polo. Un escavatore giallo, in gergo “merlo”, fu manovrato da Dodoli per schiacciare prima le auto dei vicini, poi per abbattere il muro della casa dove la famiglia era riunita per cena. Seguirono 5 colpi con l’arma per il cinghiale. Fatale per l’albanese il proiettile che lo prese al cuore.

Nel processo tutto si giocherà su quella sequenza di colpi verso la cabina che secondo il gup Claudio Lara non furono difensivi ma di attacco, fin da quando Dodoli rovinava le auto e quindi, afferma il giudice, Mugnai non era in pericolo la vita come invece serve per dichiarare la legittima difesa. “Nel dibattimento argomenteremo, con la nostra perizia balistica, che non ci fu da parte di Mugnai la volontà di eliminare l’altro ma solo la reazione legittima di chi si difende, e non fu neanche un’azione eccessiva”, afferma Piero Melani Graverini, l’altro avvocato difensore.

Traiettorie, rilievi, punti d’impatto saranno sviscerati a fondo, e Graverini anticipa: “Non è vero che Mugnai sparò alla schiena di Dodoli nella fase iniziale della vicenda, si è trattato piuttosto di una scheggia”. Per la difesa ci fu un primo colpo a terra, di avvertimento, poi gli altri quattro dopo che il vicino aveva preso a demolire casa. Terrore, oscurità, paura di non riuscire a mettersi in salvo prima dell’arrivo degli aiuti lassù in quella località buia e isolata. L’impressione è che la difesa di Mugnai preferisca, se deve essere, affidarsi all’Assise, con i giudici popolari estratti tra la popolazione, cittadini sensibili a certi temi. E portando testimoni vari a sostegno di Mugnai, magari anche il prete don Natale.

No quindi al rito abbreviato, per quanto offra la sicurezza, in caso di condanna, dello sconto di un terzo della pena. La difesa punta al proscioglimento. La situazione di Mugnai viene definita dall’avvocato Lelli “inconcepibile”. Di altro tenore la posizione della parte civile, con gli avvocati Francesca Cotani e Daniel Sussman. “La famiglia chiede giustizia” dicono “I fatti non sono quelli relativi all’attacco alla casa, ma quelli della fase prima, finora sempre omessa”. Una narrazione ben diversa, sostengono, rispetto a quella passata anche in ambienti politici e in certe ricostruzioni. Per sapere se a San Polo fu un sanguinoso far west e non difesa legittima servirà parecchio tempo.

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