Arezzo
Sandro Mugnai e la ruspa usata dal vicino
Sarà processato il 15 marzo dalla Corte d'Assise di Arezzo l'artigiano Sandro Mugnai, che il 5 gennaio 2023 sparò al vicino di casa e lo uccise: Gezim Dodoli stava manovrando una ruspa con la quale colpiva l'abitazione della famiglia Mugnai. Accadde la sera dell'Epifania nella frazione di San Polo.
Omicidio volontario è l'imputazione, dopo che la legittima difesa, anche nella forma dell'eccesso, è stata rigettata dal gip Claudio Lara con rinvio degli atti alla procura. Stamani, 24 gennaio, è stato il giudice Stefano Cascone a rinviare a giudizio l'uomo. Sarà quindi il dibattimento dinanzi a giudici togati e popolari e qualificare l'accaduto.
L'assalto con la ruspa fu interpretato da Mugnai - sostiene l'uomo - come una minaccia improvvisa, inattesa, ingiusta, che metteva a rischio la sua incolumità e quella dei familiari radunati all'interno dell'abitazione per la cena. Reagì con una carabina da caccia al cinghiale ed esplose alcuni colpi. Dodoli morì nella cabina di guida del mezzo meccanico. Per l'accusa, gli spari iniziarono quando la vittima era ancora nella fase di danneggiamento delle auto, all'esterno, quindi non vi era un reale pericolo di vita. Sempre per l'accusa la condotta dell'artigiano sarebbe stata improntata ad una scelta consapevole, come se avesse ingaggiato un duello con l'altro.
Opposta la tesi della difesa che in quadra il tragico episodio nell'alveo della legittima difesa. Il processo si giocherà su ricostruzione e dinamica dei fatti, sequenza e direzione dei colpi e altro.
Dopo l'arresto scattato a seguito del fatto di sangue, un primo giudice, Giulia Soldini, scarcerò Mugnai qualificando l'episodio come legittima difesa. La pm Laura Taddei chiuse l'inchiesta chiedendo il giudizio per eccesso di legittima difesa. Poi il colpo di scena. Ora la fissazione del giudizio, con rito ordinario e non abbreviato.
Mugnai - provato da quanto accaduto, ma convinto di aver agito per tutelare sé e i familiari - ha ricevuto solidarietà da più parti, dalla gene e dal mondo politico. La famiglia di Dodoli è parte civile e fin dall'inizio ha parlato di omicidio e non di atto difensivo.
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