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La gavetta, le edicole e la redazione sport: i miei anni al Corriere di Arezzo

Francesco Caremani

21 Febbraio 2025, 07:13

La gavetta, le edicole e la redazione sport: i miei anni al Corriere di Arezzo

Francesco Caremani

Il 19 è il mio numero, di settembre ho sposato Lucia e di marzo ho iniziato a lavorare come giornalista, era il 1994 e il Corriere di Arezzo ritornava nelle edicole. Ricordo ancora quando incrociai Mauro Bellachioma alla stazione, mentre stavo andando a Firenze, dove frequentavo Scienze politiche, aveva parlato con mio padre e mi disse: “Ti aspettiamo in redazione”.

La redazione era in Corso Italia, sopra Renato Tessuti, il caporedattore era Ivo Brocchi e la cooperativa, in quel momento, gestiva anche l'informazione di Teletruria. Allo sport c'era Luigi Alberti e con me iniziava il suo percorso Anna Maria Verdinelli, collega raffinata, nel comportamento e nell'intelligenza: siamo diventati pubblicisti insieme e la sua prematura scomparsa ha tatuato il ricordo di lei nella mia memoria.

Ed è proprio ad Anna Maria, Mauro e Grazia Barchi, un'altra cara persona e professionista che non c'è più, che è legato uno dei ricordi più belli della mia esperienza al Corriere di Arezzo… Un'esperienza che mi è servita molto dopo, sia nello stage al Guerin Sportivo con Italo Cucci che quando sono stato assunto a Calcio2000 da Marino Bartoletti: sapevo cosa fare, sapevo utilizzare un computer, sapevo impostare il lavoro e, soprattutto - dopo giornate intere nelle quali si lavorava senza guardare l'orologio - non mi faceva paura niente, né la quantità di impegni da affrontare né le responsabilità da prendere, errori compresi, perché si sbaglia e si sbaglia tutti, l'importante è ammetterlo, chiedere scusa, in particolare ai lettori, e ricominciare.

Ho iniziato intervistando gli edicolanti, perché ero l'ultimo arrivato e dovevo fare la gavetta. Tornare in edicola per un giornale non è mai facile, ancora di più quando la tua testata viene girata al contrario per non renderla visibile ai clienti. Poi ho fatto un po' di tutto prima di passare definitivamente allo sport, anche se una volta chiuse quelle pagine venivo dirottato sulle altre per dare una mano ai colleghi, nonostante non fossi ancora pubblicista.

Una volta si iniziava così, non solo scrivendo ma ‘frequentando' la redazione e ‘rubando' con gli occhi i segreti del mestiere, adesso mi pare tutto molto più complicato e difficile, ma chi mi conosce sa che ho sempre tempo per i giovani che vogliono capire e avere qualche dritta per resistere, oggi che la maggior parte di noi è freelance: categoria della quale mi onoro di fare parte da più di venticinque anni.

La persona che più di tutte mi ha insegnato a lavorare - insieme con Ivo Brocchi - è stato Luigi Alberti, lui si schermisce sempre ma è così. Mi ha insegnato che non esiste solo il calcio ma anche tutti gli altri sport, mi ha insegnato a fare le interviste, a controllare le fonti, a non avere mai timore di scrivere la realtà dei fatti e mi ha sempre lanciato oltre l'ostacolo. Ricordo una sera molto difficile, la morte di un calciatore in Valdarno qualche ora dopo la partita. A me toccava l'intervista a un medico per capire cosa poteva essere accaduto, un lavoro delicato nel quale Luigi mi ha guidato passo passo, fino a confrontare i paragrafi più difficili del pezzo con l'intervistato. Ricordo ancora la sua soddisfazione il giorno dopo, i complimenti li faceva con lo sguardo e il sorriso più che con le parole, ma avevano un grande valore. Luigi mi ha insegnato a relazionarmi con i colleghi che lavorano per altre testate, a condividere numeri di telefono, a scambiarsi favori e a non avere paura di farlo per crearsi una rete che nel momento del bisogno è lì a disposizione, pronta ad aiutarti.

Il Corriere di Arezzo è stato per me una scuola importante, difficile e fondamentale, dove sono cresciuto, non solo giornalisticamente, mi sono arrabbiato, ho provato frustrazione e a conoscere meglio la mia città, che mia fino in fondo non è mai stata e credo non sarà mai, mettendo alla prova carattere e personalità.

Un'esperienza che ho portato in giro sempre con orgoglio, non solo nel mio curriculum, e quando Luca Serafini mi ha chiesto di scrivere questi ricordi mi ha fatto enormemente piacere. So di ex colleghi che hanno rinnegato di essere passati da queste pagine, di avere addirittura lavorato insieme a qualche speciale, mi dispiace per loro ma io non rinnego mai le mie esperienze e quella al Corriere di Arezzo è la base di cemento armato sulla quale ho costruito tutto il resto.

Ed è ancora più piacevole ricordarla perché fatta di tante persone che non sto qui a mettere in fila ma che porto e porterò sempre con me, perché ricordatevi che spesso chi legge, chi fruisce di un media, vede la firma, un volto, sente una voce, ma il giornalismo è e sarà sempre un lavoro di squadra e mai di “un uomo solo al comando”, perché dietro un pezzo c'è chi scrive, chi sceglie la grafica, le foto, il titolo e spesso sono persone diverse. Ricordo, però, bene quella dello sport composta da: Fabio Appiano, Andrea Avato, Luca Caneschi - il quale si è maggiormente dedicato alla televisione - Francesco Francini e Francesca Muzzi, siamo cresciuti insieme e ce lo ricordiamo ogni volta che ci ritroviamo, sul lavoro o altrove; tutti sotto l'ala protettiva e incalzante, al tempo stesso, di Luigi Alberti. Ragazze e ragazzi con le quali sono cresciuto e che, ognuna e ognuno per il suo, mi hanno insegnato qualcosa, perché non importa l'età, l'esperienza o la competenza, chiunque in questo mestiere ha qualcosa da insegnarti, non perché si erge in cattedra ma semplicemente facendo ciò che sa fare meglio, basta saperlo vedere e saperlo cogliere, senza presunzione e con tanta umiltà; oggi ancora più di ieri.

Quindi caro Corriere di Arezzo buon compleanno e grazie di tutto, sperando di averti reso un centesimo di quello che mi hai dato, facendomi sentire giornalista prima di qualsiasi tessera professionale.

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