Arezzo
Roberto Meocci
Perplessi. Anzi sconcertati. Allibiti. Le vittime del “re delle truffe”, Roberto Meocci, hanno appreso ieri dal Corriere di Arezzo della sua liberazione per motivi di salute. Ci sono rimasti di sale. La scarcerazione di Meocci (che ha un cumulo di pene fino al 2035) è stata decisa venerdì dal tribunale di sorveglianza in base a perizie mediche e documentazione sanitaria. “Certo, il diritto alla salute di ogni cittadino anche se detenuto va tutelato”, premette Rita Cantarelli, imprenditrice, “vogliamo credere che le condizioni di salute di Meocci siano davvero assolutamente gravi e tali da giustificare questo tipo di provvedimento, dato che il diritto alle cure potrebbe essere garantito anche rimanendo in carcere”. Quando Rita Cantarelli fu truffata dal 58enne di Sinalunga residente ad Arezzo “doveva essere in carcere e invece godeva di benefici”, ricorda l'imprenditrice, che ora sobbalza all'idea di poterselo trovare davanti per strada.
“L'avvocato di Meocci è stato bravo” prosegue “ma siamo anche certi che la giustizia avrà il suo corso, vogliamo continuare a crederci”. E ricorda: “Oltre alle condanne passate in giudicato, per Meocci ci sono in corso processi per truffa, sostituzione di persona, evasione fiscale, falso processuale, associazione a delinquere, alcuni ancora senza neppure la sentenza di primo grado, altri in attesa dell'appello. Per non dire dei soldi da anni spariti nel nulla perché il blocco dei conti scattò tardi”. Rita Cantarelli, che attende come gli altri il risarcimento, ricorda la sua vicenda: “Meocci veniva al mio negozio e per due anni ha fatto acquisti pagando sempre regolarmente; persona elegante, con auto di lusso, capace di creare una certa apparenza e di conquistare la fiducia anche con il modo di parlare”. Poi la fregatura, pesante, per decine di migliaia di euro: la prospettiva di interessanti affari nel settore delle griffe grazie a buone entrature al Monte dei pegni. Occorreva una contropartita in denaro per definire le operazioni. Soldi intascati da Meocci e dai suoi sodali in cambio però di un pugno di mosche.
“E ci tengo a dire” sottolinea Rita Cantarelli “che per me si trattava di lavoro, non di attività speculative. Essermi affidata a Meocci, credendogli, mi ha fatto finire nella trappola, e lo stesso vale per mio fratello Alessandro, anche lui raggirato con prospettive attinenti all'ambito imprenditoriale, commesse per realizzare abiti”. Un bluff. Una truffa certificata dalla sentenza. Un danno riconosciuto dal tribunale, con condanna e relativo risarcimento, ad oggi mai avuto. Mastica amaro, Rita Cantarelli, giorni fa testimone al processo a Meocci sui certificati medici ritenuti falsi, con cui avrebbe preso per il naso i giudici. Ieri giro di telefonate tra i truffati, uomini e donne accomunati da destini simili. “No, non trovo giusto che sia stato liberato, considerando che noi truffati non abbiamo mai ricevuto un euro di risarcimento”, dice Claudia Gasperin, un'altra vittima. “Per anni Meocci è rimasto fuori dal carcere grazie a documentazione dubbia, ora al centro di uno specifico processo. Spero che il tribunale di sorveglianza abbia verificato attentamente la documentazione medica. Meocci ha numerosi processi in corso, tra cui il mio, per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, sostituzione di persona e altri reati ancora irrisolti”. Era coinvolta in certe vicende anche la moglie.
Un senso di impotenza, di ingiustizia serpeggia tra chi è caduto nella rete del “re delle truffe” la cui vita potrebbe diventare un film o una fiction, per la creatività degli imbrogli confezionati in mezza Italia, i vip coinvolti, i super orologi, le amicizie stellari millantate. “Noi vittime siamo state devastate e rovinate moralmente” aggiunge Claudia. “È un truffatore seriale e nella condizione di libertà potrebbe ripetersi, non credo però spacciandosi per Riccardo Menarini della casa farmaceutica, come fece con me, dato che il gruppo ha fatto i suoi passi”.
Il prossimo 10 aprile il tribunale di sorveglianza di Firenze che ha concesso a Meocci la libertà (da venerdì è ad Arezzo) per consentirgli cure e interventi in base all'articolo 147 del codice penale, dovrà esprimersi sul tema della compatibilità tra la patologia che ha e il regime carcerario. Altro procedimento. Vedremo se la linea degli avvocati Fabio Andreucci e Francesco Cherubini, che ha portato Meocci fuori dal carcere di Pisa, prevarrà di nuovo. Intanto il fine pena per il “re delle truffe” è più vicino, dal 2035 al 2030 in virtù del riconteggio che considera la “continuazione” dei reati. La data del 10 può essere anche uno spartiacque per la produzione del film su Meocci di cui si parla.
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