Arezzo
Da presunto omicida a richiedente asilo
Da presunto assassino a rifugiato. Da ricercato per omicidio a cittadino libero, richiedente asilo. È fuori dal carcere il 42enne pakistano che l’11 febbraio scorso venne arrestato negli uffici della questura ad Arezzo dove si era presentato per chiedere protezione nel nostro Paese. Su di lui, si scoprì, pendeva un mandato di arresto internazionale ai finiextradizionali per omicidio, in quanto accusato di aver ucciso un altro uomo con un’arma da fuoco nell’ambito di una faida tra famiglie, in Pakistan.
Quel giorno di due mesi fa lo straniero si era recato allo sportello dell’ufficio immigrazione in via Filippo Lippi per depositare la richiesta finalizzata all’asilo, ma l’effetto era stato l’opposto: con i rilievi dattiloscopici scattò la “red notice” dell’Interpol. Risultava quella pesantissima accusa che porta la data di aprile 2021 e indicata nell’ordine di arresto.
Lui, il 42enne, aveva lasciato la sua terra, moglie e due figlie piccole, per sfuggire - dice - a delle minacce di morte e, ora, a quella che lui indica come una ingiusta persecuzione e una falsa accusa (sostiene che non era neppure più in Pakistan al tempo dell’omicidio): bloccato in questura, era finito dritto in carcere.
Nei giorni scorsi il colpo di scena quando la corte d’appello di Firenze lo ha rimesso in libertà. A parte che l’Italia non concederebbe mai l’estradizione verso un Paese nel quale vige la pena di morte, il presupposto per mantenere la custodia cautelare in carcere è venuto meno a causa di un difetto del Pakistan nell’esercitare il diritto internazionale. Le autorità dello Stato islamico dell’Asia meridionale, infatti, non hanno dato corso all’iter previsto in questi casi e che vuole, entro 40 giorni dal rintraccio della persona, di relazionarsi con il ministero degli affari esteri o a quello di giustizia italiani.
Decorsi quei termini, i giudici fiorentini non hanno fatto altro che applicare la legge. Scarcerato, quindi. Adesso il 42enne è fuori, ad Arezzo, dove ha un parente e sta cercando di organizzarsi con un lavoro e una sistemazione. Contestualmente alla liberazione, i legali del pakistano - avvocato Cinzia Giommoni e avvocato Maria Giulia Fattori Speranza - hanno anche avviato di nuovo la pratica che si era bruscamente interrotta in questura il giorno dell’arresto, quella della richiesta di protezione internazionale e, dopo un’ora dalla scarcerazione, il pakistano ha potuto formalizzare la richiesta presso la questura.
Come detto, l’Italia non metterà mai un cittadino straniero nelle mani del suo Stato di appartenenza, sapendo che lì viene applicata la pena capitale, come in Pakistan. L’istanza di “protezione” del 42enne adesso, alla luce dei fatti, si irrobustisce perché è prevista in modo specifico la “protezione sussidiaria” per chi rischia di essere sottoposto alla condanna/esecuzione alla pena di morte o esposto a “tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante”.
Il pakistano, da parte sua, respinge con forza l’addebito: “Non ho ucciso”. Si ritiene vittima di una vendetta, e ci potrebbe anche stare. In attesa di sistemare le beghe giudiziarie, se ne sta alla larga dalla sua Patria dove se riconosciuto colpevole rischierebbe l’esecuzione capitale. Ha scelto l’Italia.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy