Il caso
Banca Etruria, storia infinita
Banca Etruria novella dello stento davanti al tribunale delle imprese di Roma. Prossima udienza il 14 aprile 2027, tra 525 giorni. Sì, è quella la data lontanissima nel calendario fissata l'altro ieri, 4 novembre, dal giudice Gianluca Morabito per andare avanti, si fa per dire, nella causa intentata ormai quasi dieci anni fa dal liquidatore della vecchia banca di Arezzo colata a picco, Giuseppe Santoni, contro il management dell'istituto di credito. Si chiama azione di responsabilità ed è volta ad ottenere un risarcimento - indicato inizialmente in 300 milioni di euro, adesso raddoppiati - per pagare le conseguenze della cattiva gestione di Bpel.
Circa trenta le persone coinvolte tra amministratori, manager, consiglieri, professionisti che quando ricevettero la lettera con la richiesta risposero picche. Con l'avvio del braccio di ferro legale. Un processo che fin da subito ha infilato il binario lento, anzi lentissimo. Ma che non prevede la prescrizione e quindi pende come una spada di damocle sul plotoncino di convenuti, tra i quali figurano alcuni big. Anche il fatto che sul versante penale si siano liquefatte quasi tutte le accuse di bancarotta (l'8 gennaio sentenza di appello a Firenze) non mette al riparo dall'azione del liquidatore. La messa in risoluzione di Banca Etruria del 22 novembre 2015 (al di là del fatto che lo Stato, sostengono molti, avrebbe anche potuto evitarla) equivale ad un fallimento, e si sa cosa ha generato tra i risparmiatori, i creditori, il territorio, e colui che fu nominato liquidatore della sventurata Etruria, batte cassa tra i presunti responsabili del dissesto, citati a vario titolo.
Non a caso nei mesi scorsi si è tentato di raggiungere un accordo fuori dal processo, si dice transattivo, per chiudere la partita nel reciproco interesse. Per ridurre i tempi e contenere le cifre. Prima ipotesi su 5 milioni di euro, bocciata, seconda ipotesi su 8 milioni, idem.
L'altro ieri nella capitale, il nuovo giudice Morabito che ha ereditato il maxi fascicolo tutto da sviscerare, ha invitato le parti a riprovarci. Ha concesso tempo fino al 10 marzo 2026. Se non si trova un'intesa, allora il tribunale procede con la super consulenza affidata ad un pool di esperti. I quali dovranno valutare le responsabilità in ordine a tutti gli affidamenti contestati, ritenuti un impoverimento dell'istituto di credito (soldi usciti e mai rientrati) per conteggiare in base alle singole operazioni, l'effettivo quantum del danno da rifondere. I consulenti hanno 350 giorni di tempo per la bozza della relazione, più 60 per le osservazioni e altri 90 prima che le carte siano parte del processo. Va tenuto presente che il diluvio di eccezioni preliminari e di nullità presentate dagli avvocati degli ex di Etruria può mettere in crisi la pretesa del liquidatore. Assieme al quale si è aggiunto, come attore, Banca Intesa, dopo la fusione con Ubi che aveva ereditato l'attività di Etruria. Nella trentina di convenuti, ci sono tutti i protagonisti di via Calamandrei fino al commissariamento: gli ex presidenti Giuseppe Fornasari e Lorenzo Rosi, quattro ex vicepresidenti, Giovanni Inghirami, Giorgio Guerrini, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi, l'ex direttore generale Luca Bronchi e i componenti degli ultimi tre cda e i revisori dei conti. Tutti oppongono le proprie ragioni e argomentazioni. Impegnati nelle difese, tra gli altri, gli avvocati Gian Franco Ricci Albergotti, Corrado Brilli, Stefano Tenti e Osvaldo Fratini. Il tempo passa, ai posteri l'ardua sentenza.
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