CALCIO SERIE C
Gabriele Terziani
L’Arezzo torna al lavoro con il mirino puntato su domenica, quando al “Del Duca” andrà in scena la sfida contro l’Ascoli, big match della quindicesima giornata. Oggi, in merito alla trasferta, sono attese comunicazioni ufficiali subito dopo la riunione del Gos (Gruppo Operativo di Sicurezza). Ma ci sono ottime probabilità che sia aperta a tutti, perché l’Osservatorio Nazionale che non ha inserito Ascoli-Arezzo tra le partite a rischio. Ma un problema non è di certo per Gabriele Terziani che lui, non essendo residente nell’Aretino, può andare ovunque. Come è successo a Terni e a Perugia. Gabriele infatti, è aretino ma vive in Lussemburgo per lavoro ed è stato l’unico tifoso amaranto presente nella gradinata del Liberati, mentre al Curi è stato fatto accomodare in tribuna laterale. “A Terni è stata un’esperienza surreale - racconta Gabriele - Tanto che quando sono arrivato a Perugia, già sapevano chi ero”.

“Al Liberati ero completamente solo in un settore chiuso, con sei poliziotti, alcuni steward e dei volontari della Croce Rossa. I vigili del fuoco, dal campo, mi hanno persino passato una bottiglietta d’acqua”. “All’inizio c’è stata un po’ di confusione - spiega - Gli steward mi avevano detto che il settore era chiuso, poi è arrivata la polizia: controllato il biglietto, passaporto e certificato di residenza all’estero, mi hanno fatto entrare. Alla fine della partita mi hanno perfino scortato fino alla stazione. Peccato che a Terni i giocatori non sono potuti venire a salutarmi per la conformità del settore. A Perugia, invece, lo hanno fatto”. Gabriele porta sempre dietro una vecchia bandiera amaranto fatta in casa: “Mia mamma mi ha prestato un manico di scopa. Lì ho legato la bandiera ed è diventata il mio vessillo, che ho portato anche al Curi”. Una scena che ha fatto il giro del web. E adesso Gabriele è pronto per Ascoli con un occhio ancora più in là: “Aspetto solo di capire le modalità della trasferta al De Duca. Nel frattempo, ho già prenotato i voli per Sassari”, il match contro la Torres che chiuderà il 2025. La sua passione per i colori amaranto nasce presto in famiglia: “Il primo ricordo nitido è Arezzo–Varese, la partita della promozione in B con Mario Somma. Avevo sette anni, ero allo stadio con mio fratello, mio cugino e i nostri genitori”.

Il primo abbonamento arriva a 15 anni, “l’anno di Martinez e Raso”, poi gli studi universitari e il trasferimento all’estero rendono più difficili le presenze allo stadio. “Sono circa dieci anni che non vivo più ad Arezzo, tra lavoro e Università, e quattro che sono in Lussemburgo. Di solito riesco a venire 2-3 volte l’anno, vicino alle feste e a seguire le partite di quel periodo”. Sul calciatore preferito, non ha dubbi: “Shaka Mawuli. Sempre disponibile con i tifosi. Ha una mentalità importante e un ruolo complicatissimo, che passa quasi inosservato ma fa la differenza. Peccato per il brutto infortunio: speriamo di non soffrire troppo la sua assenza in mezzo al campo”. E la domanda: l’Arezzo può davvero sognare la Serie B? “Sì, ci credo. Insieme ai ragazzi in Curva Sud siamo ottimisti e ci stiamo divertendo tantissimo. Vincere la C è un po’ come costruire lo stadio nuovo: due cose ugualmente complicate, ma entrambe sarebbero imprese grandiose”.
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