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Il caso Etruria

Crac Bpel, no di Banca d'Italia all'offerta degli ex amministratori di chiudere la causa per i danni con 5 milioni. "Pochi"

Luca Serafini

07 Novembre 2024, 07:37

Caso Banca Etruria

Caso Banca Etruria

Caso Bpel, Banca d'Italia ha detto no alla proposta degli ex amministratori dell'istituto di credito fallito di chiudere la causa per danni intentata dal liquidatore con 5 milioni di euro. Ora l'azione di responsabilità in corso al tribunale di Roma subisce un brusco stop con esito tutto da verificare.

La banca centrale ha ritenuto dunque non congrua la proposta che pure era frutto di una lunghissima trattativa e di una laboriosa raccolta tra i circa trenta personaggi coinvolti a vario titolo tra membri degli ultimi cda di Banca Etruria, vertici, dirigenti, revisori. Verso di loro il liquidatore Santoni, alla luce del default di Etruria aveva individuato responsabilità nella conduzione, sotto il profilo della gestione, che avrebbero concorso al tracollo della banca con sede ad Arezzo alla quale venne staccata la spina nel 2015 con la risoluzione e i conseguenti problemi per migliaia di risparmiatori.

Il conto da pagare era stato valutato in centinaia di milioni, fino a toccare il mezzo miliardo complessivo con gli interessi. Ma pur di chiudere la causa in tempi brevi era stata percorsa la strada dell'accordo, con i soldi già depositati presso un notaio di Roma.

Da parte della liquidazione di Bpel c'era un assenso alla transazione sulla cifra dei 5 milioni ma il no di Banca d'Italia ha fatto saltare tutto. Sembra che la richiesta sia di raddoppiare la cifra. Coinvolti nella causa - che segue dinamiche diverse da quelle penali - sono tutti i big di Etruria e tra i difensori aretini figurano gli avvocati professor Gianfranco Ricci Albergotti, Corrado Brilli, Stefano Tenti, Osvaldo Fratini.

Intanto in questo mese di novembre a Firenze riprenderà il processo di appello sul reato di bancarotta dopo la raffica di assoluzioni in primo grado, quando il tribunale sentenziò che "il fatto non sussiste". Le stesse azioni alla base dell'azione di responsabilità - affidamenti senza possibilità di rientro, anche in conflitto di interessi, mancata aggregazione della banca con un partner di elevato standing e altro - sono state ritenute non punibili ma condotte che rientrano nelle normali dinamiche del rischio di mercato.

Unici condannati nel filone bancarotta, sono stati il finanziere Rigotti, in primo grado, e in via definitiva l'ex presidente Fornasari e l'ex direttore Bronchi. Nell'appello prescritte le bancarotte semplici e alcuni filoni depennati.

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