L'INTERVISTA
Il Penna
Dalla proposta su come trovare parcheggio alla Città del Natale, fino all’Aretino dell’anno. Santino Cherubini in arte il Penna una delle tre colonne del trio Avanzi di Balera, si racconta in questa intervista semi-seria.
- Allora, Santino, l’avete trovato un metodo per parcheggiare nella Città del Natale?
Bisognerebbe fare i parcheggi multi funzionali. Io la macchina la parcheggio al Baldaccio così faccio anche il prelievo per l’analisi del sangue. All’interporto di Indicatore, trasformato in parcheggio periferico, per esempio c’hanno fatto i tamponi per il Covid. Al parcheggio Mecenate, si sta pensando di fare le biopsie. Alla Cadorna ci puoi fare qualsiasi certificato. Abbiamo anche il parcheggio così detto scambiatore a media permanenza, praticamente il parcheggio per scambisti. Infatti ci parcheggiano quelli con le roulotte.
- Arezzo Città del Natale, presa sempre di mira in bene e in male. Lei che cosa cambierebbe?
Sfruttare di più il sovraffollamento fomentando un clima di eccitazione, di stress e di casino, chiasso confusione. E’ sempre la precarietà e il disagio che creano economia. Per esempio, i bagni pubblici non ci sono? Bene! I bar si arricchiranno, vuoi che un turista medio in un giorno non abbia bisogno del bagno almeno quattro volte? Entra quattro volte e obbligatoriamente, ordinerà altrettanti caffè. Prendi il caffè e non ti viene voglia del pasticcino? Giusto il conto della serva: 160.000 persone, 160 mila volte al giorno per quattro, uguale 640.000 caffè e altrettanti pasticcini. L’indicatore più evidente sta nel fatto che tutti gli anni la nostra città scende di qualche punto nella qualità della vita e proporzionalmente l’affluenza turistica cresce in maniera esponenziale. Ma non verranno mica a vedere come se sta male?
- A chi darebbe il premio Aretino dell’anno?
Bisognerebbe votare il personaggio non per quello che ha fatto per la città ma per come ne rappresenta il carattere. Io voterei il Lucertola. Rappresenta pienamente l’aretinità. Vive alla giornata, poco gli importa di piacere agli altri. Non se capisce mai bene quello che dice. Non ha mai un’idea precisa delle cose, è ondivago anche caratterialmente, un giorno dice una cosa, un giorno un’altra, un giorno lo trovi in un posto un giorno in un altro. Ti saluta amichevolmente anche se non ti conosce. Si finge tuo amico per chiederti un piccolo favore. Perché come lui, l’aretino non è bello, ma è sano e schietto. Quindi spero che l’aretino eletto sia biologico.
- Quando tornerete come Avanzi di Balera a fare una tournée?
Non sarà facile, la nostra comicità ha i tempi lunghi, oggi la risata la devi far scaturire attraverso la tastiera o il video di venti secondi. Il livello di attenzione è bassissimo, ci sono i reels, le storie, i podcast, i meme, TikTok. Il pubblico è frastornato da mille informazioni, in mille forme diverse. Non si cerca più il contatto diretto. Manca la lentezza di mettersi a sedere davanti al palco di una sagra, a stomaco pieno con la bafagna, in piena digestione e la bustina di ‘addormentasocere’ in mano. Oggi l’imperativo è, sintesi, velocità, efficacia. Poco importa creare l’atmosfera, il contesto, la caratterizzazione. Quindi non è che non vogliamo tornare, è che non ci sappiamo adattare. E comunque come gli anziani con il sesso, ogni tanto, con calma e anche senza drogarsi, può anche capitare di farlo.
- Perché Arezzo vi ama tanto?
Credo perché parliamo la loro stessa lingua. Siamo, il genius loci e per noi l’oci son sempre stati il simbolo del territorio e della cultura da cui proveniamo, una sorta di divinità, come il dio Anubi per gli egiziani. Capita spesso di essere in mezzo alla gente in giro per l’Italia e riconoscere tra tanti due aretini che parlano. Ecco, noi siamo quelli che: ‘Senti, quelli son d’Arezzo, l’arconosco al parlare’. E poi da buoni aretini non siamo compiacenti, non diciamo al pubblico ciò che il pubblico vuol sentirsi dire ma quello che ci va di dire, senza riverenze nei confronti di niente e di nessuno. Questa onestà piace ‘Aretini con fierezza non avezzi ala cavezza’.
In fondo siamo prodotti tipici del territorio, come lo zolfino, la chianina, la patata di Cetica e l’aglione, ormai facciamo parte del menù.
- Quale è il personaggio da lei interpretato che ama di più.
Più che amare posso dire il personaggio a cui sono più legato, che poi è anche quello con cui è iniziato, quasi fosse il padre di tutti gli altri, un anziano muratore che ormai, di fatto, si è estinto. Lo rappresentavo 35 anni fa già oltre gli ottant’anni, quindi un personaggio e un carattere ormai estinto. E’ anche il mio secondo nome ormai diventato il primo, sono in pochi a chiamarmi per nome, per tutti sono il Penna. Per molti è anche sinonimo di Avanzi di Balera ‘Se va a vedere el Penna’. Amo le cose vere, non mi piacciono le caricature, non mi piace il surreale, la metafora. I miei non sono personaggi ma persone reali che trovi dappertutto. Ognuno conosce l’orafo vero, il falegname, la vecchietta o il presidente del centro sociale. Non aggiungo niente ai miei personaggi, cerco di replicarli esattamente per quelli che sono nella realtà, nel linguaggio nel carattere e nella mimica. Per usare un’espressione moderna, posso essere l’avatar di ognuno di loro.
- Come li ‘sceglie’ i personaggi?
Quando mi entra in testa un personaggio che decido di rappresentare, prima di pensare se fa ridere mi chiedo se è vero. Quando replichi un personaggio reale non ha bisogno di battute, fa ridere da solo se ci aggiungi una battuta o una parola in più perde di forza.
- Che sta facendo adesso. L’orto, come va?
Si lo ammetto, l’orto e la terra sono la mia comfort zone. Aiutare la terra a darti il frutto anche attraverso la tua fatica, osservando il ciclo naturale di crescita delle piante è dispensatore di energia e antidepressivo naturale. Non a caso certi psicologi, ai propri pazienti stressati: manager, politici e uomini di potere, imponevano la pratica di toccare la terra con le mani. Osservando l’evolversi del ciclo vegetativo comprendi che in fondo la natura, con le sue mille variabili è lei e non te a decidere se devi o no mangiare. Spero di non esagerare al dire che c’è qualcosa di spirituale nella terra, ne sapevano qualcosa i vecchi che accompagnavano i cicli delle coltivazione attraverso i riti e simbolismi religiosi o pagani. E la presunzione dell’uomo che pretende di controllare e manipolare i cicli naturali sta portando a dei danni disastrosi e probabilmente irreversibili.
- Cosa augura ad Arezzo per il 2025?
Che gli aretini, ma tutti in generale, possano ritrovare quella lentezza e tranquillità che hanno sempre avuto, senza dover dimostrare nulla a nessuno, senza dover competere con niente e con nessuno. In pratica auguro agli aretini di tornare a essere quello che sono sempre stati e che non sono più, perché qualcuno li ha convinti che non dobbiamo essere provinciali e diventare cittadini del mondo. Torniamo ad essere noi stessi, ribelliamoci. Per citare il Nerone di Petrolini: ‘aretini ritiratevi, dimostratevi uomini, e domani Arezzo rinascerà più bella e più superba che pria …bravo, grazie’.
- Se dovesse scegliere il futuro candidato a sindaco di Arezzo chi sceglieresti?
Mauro Frosini, deus ex macchina della comunità della civiltà contadina di Ruscello. Uno che fa funzionare alla perfezione una macchina complessa come quella della sagra, dirigendo tanta gente ognuno nel proprio ruolo, senza vincolo contrattuale ed economico, chiedendo di sacrificare il proprio tempo personale per il raggiungimento dell’obiettivo comune importante. Capace di creare uno spirito di gruppo forte e coeso con una forte motivazione etica e culturale. Tutto senza autoritarismo alcuno, solo con l’autorevolezza di figura esemplare e carismatica. E’ un manager di lusso senza saperlo, fortemente appassionato al territorio, alla propria cultura e alla propria storia. Dovremmo prendere esempio da tutto ciò che è volontariato e passione.
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