Arezzo
Sergio Squarcialupi e una foto dell'album di famiglia
E' babbo di Andrea e di Maria Cristina, ma da oggi Sergio Squarcialupi viene riconosciuto ufficialmente come uno dei padri della comunità di Arezzo, per sensibilità, intuizioni imprenditoriali, sviluppo e lavoro. Alle 11, nella sala del Consiglio comunale, a ricevere il prestigioso premio Civitas Aretii saranno proprio i figli, Andrea e Maria Cristina, prosecutori di un gigante produttivo che bastano due nomi per capirne la portata: Chimet e Unoaerre. La prima creata da zero, la seconda salvata dopo averne fatto parte come dipendente e dirigente. Non è un mistero, che la salute non ha assistito Squarcialupi, 87 anni a ottobre, in quel periodo della vita in cui si può rallentare la corsa per godere il meritato riposo. O forse no, sarebbe rimasto sul pezzo con la tenacia di sempre da imprenditore che va a mille all'ora.
- Maria Cristina, come sta Sergio?
Ha una malattia che non gli rende giustizia, che lo ha colpito e ha menomato la sua qualità principale, la mente, ed è veramente una malattia spietata nei suoi confronti.
- È il giorno del premio che vale di più, tributo della comunità ad un protagonista.
Vero. Un riconoscimento meritato. Siamo emozionati. Ne siamo orgogliosi.
- Che padre è stato quando eravate piccoli?
Un babbo che amava tanto il suo lavoro, così tanto che in famiglia, che pure ha sempre avuto nel cuore, era spesso assente. Recuperava però con la qualità della sua presenza e poi accanto ha sempre avuto una donna eccezionale, la mamma, che spesso ha fatto anche da babbo.
- Sergio ha inciso sulle vostre scelte nella crescita?
Il percorso scolastico lo ha indicato lui, con lucidità. Ci ha consigliato di fare il liceo classico e non lo scientifico, come aveva fatto lui prima di laurearsi in chimica. Diceva che tutti quelli che avevano fatto il classico avevano una formazione migliore, più ampia, completa. Erano più organizzati e preparati. Così abbiamo seguito il consiglio. Poi, chiaramente, il passo successivo è stata la laurea in chimica.
- Un flash di quando era bambina?
Nostro padre è sempre stato molto religioso, attaccato alla fede, e mi ricordo che la domenica pomeriggio ci portava alla messa nella basilica di San Francesco. A parte il freddo e un po' di umido e oltre, certo, all'aspetto religioso, di quelle domeniche mi è rimasta dentro la bellezza degli affreschi di Piero della Francesca. E l'arte, la cultura, erano un altro aspetto che ci ha fatto apprezzare.
- Poi?
Beh, ricordo che quando era in costruzione la Chimet e lui ci portava là, io e Andrea giocavamo nel cantiere, sul carro ponte… lasciandoci tirare su come dei pesi.
- L'insegnamento più grande?
Rispettare le persone. Il prossimo. Se vedeva gente chiedere la carità, non si girava dall'altra parte. E ho incontrato tante persone che mi hanno testimoniato dell'aiuto dato loro in occasione di momenti familiari difficili. Generoso. Riusciva a capire, al di là della semplice apparenza, le persone. Questo gli consentiva di creare un clima di squadra intorno a sé. Un aspetto vincente, autentico, non frutto di calcoli e opportunismi.
- Definito un re mida, quello che trasforma i rifiuti in oro. La sua marcia in più?
La visione a lungo termine. Gli imprenditori veri vedono oltre il presente. Un precursore, con scelte precise e nette. Scontrandosi anche con tutto ciò che gli stava intorno, pensiamo alle indagini, ai blitz alla Chimet, al processo. Ha affrontato tutto con la serenità che le sue scelte erano giuste. Sia sotto il profilo imprenditoriale che umano ne è uscito alla grande. Aveva chiaro l'obiettivo e forse per questo a soffrire siamo stati più noi che lui.
- Momenti difficili, quelli.
Sì, c'era la pressione forte dei comitati, degli inquirenti, di certa stampa. Possiamo pure dire che era stato messo alla gogna.
- È stato tentato dall'idea di gettare la spugna, vendere, lasciare ad altri?
Le proposte non sono mancate. Non ha mai, dico mai, pensato di mollare. L'indagine è del 2008, nel 2010 con il concordato preventivo ha salvato Unoaerre, poi nel 2012 l'ha presa nel bel mezzo del dramma del processo.
E oggi dunque arriva il premio conferito dal Comune in un contesto solenne, speciale. A riceverlo saranno Maria Cristina, presidente di Unoaerre e consigliere delegato di Chimet (fatturato oltre 6 miliardi) e Andrea, operativo in Chimet e consigliere nel cda di Unoaerre. Per loro e per la signora Anna Maria, un riconoscimento che suggella il valore dell'impegno e della passione di chi, Sergio, con ingegno, lavoro e dedizione, ha fatto e continua a fare del bene alla città e al territorio.
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