La testimonianza
Giuseppe Verdinelli
Quarant'anni di Corriere, 35 anni di storia insieme. Gazzetta di Arezzo, Corriere di Arezzo e infine Gruppo Corriere. Una storia lunga sette lustri, 35 anni, quasi 13 mila giorni: una vita. Anni in cui passione, tormenti, eccitazione, preoccupazioni si sono amalgamati per raggiungere un unico obiettivo: portare in edicola tutti i giorni, 360 giorni all'anno, un giornale che sarebbe poi finito nelle mani di tanti anonimi lettori. Persone ignare che dietro a quei fogli inchiostrati c'erano le mani anche di chi, come me, era ed è la parte tecnica di una redazione.
Quel mercoledì sera del 1989, quando feci il primo passo dentro le stanze della Gazzetta di Arezzo, ancora non sapevo che lì avrei trovato un incarico, responsabilità, affetti, amicizie.
Quel giorno scoprii un mondo allora sconosciuto, fatto di picchiettii, urla, risate, fruscii della carta. E cominciai a imparare termini che poi non mi hanno più lasciato: menabò, occhiello, taglio, timone, parole che fino ad allora avevano avuto tutto un altro significato.
Dalla prima sede in via Cavour, poi in corso Italia, Piazza Risorgimento e infine in via Petrarca: le ho viste e vissute tutte. Poi l'approdo a Perugia, nella sede centrale per una nuova vita, nuovi colleghi e nuovi incarichi.
Arrivai in redazione accompagnato da Gianni Alberti, che allora si occupava di pubblicità. L'editore infatti cercava qualcuno che sapesse scrivere a macchina in maniera veloce. Oggi la mansione del tastierista e quella del dimafonista non esistono più. Nell'era delle cassettine registrate e poi sbobinate con l'aiuto di una pedaliera che faceva andare avanti e indietro il nastro, nell'era del fax (quando solo parte del testo era comprensibile perché il resto era sbiadito), nell'era delle trasmissioni delle foto in maniera artigianale, tutto era una scoperta, un'avventura. Mi inorgogliva il fatto di far parte di un meccanismo che offriva informazione. E soprattutto poter sapere le notizie prima di tutti e in modo speciale riferire la domenica sera, di ritorno dal lavoro, i risultati delle partite dei campionati dilettanti e commentarli al bar.
In redazione tante facce nuove, alcune conosciute come il compaesano Luigi Alberti (che diventerà poi anche compagno di uscite in bicicletta con Luca Serafini), o altre che avevo visto in tv su Teletruria. Ma la prima con cui feci conoscenza fu Maria Grazia Barchi, allora a capo dei poligrafici della redazione e poi le colleghe Edda, Luciana, Cristina, Grazia.
Amai fin da subito questo lavoro, avevo trovato la mia strada. Se fino a una settimana prima l'equazione era giornale uguale giornalista, quel giorno avevo aperto le porte di un mondo nuovo, un spazio che ho occupato per tanti anni. Arrivarono poi i primi attestati di stima da parte dei colleghi, ma anche la prima ramanzina da parte di Riccardo Regi, che sarebbe poi diventato vice direttore del giornale, per un nome sbagliato di una località in un tabellino.
A quel primo passo ne seguirono altri: non mancarono gli alti e bassi, le uscite, i rientri, le collaborazioni e i contratti in pianta stabile. E poi le trasferte nelle varie redazioni: Rimini, Firenze, Siena, Cremona per instradare o sostituire colleghi.
Ma per me il giorno veramente indimenticabile resta il 19 marzo 1994: l'uscita del primo numero della rinascita del Corriere di Arezzo. Con la cooperativa formata da giornalisti e poligrafici, il Corriere si risvegliò senza mai più assopirsi, arrivando fino ad oggi.
La copia che tengo in una cornice in casa mi ricorda sempre tutto quello che ho passato, le nottate in trepidazione per l'arrivo in edicola, le domeniche a ricevere tutti i risultati dei campionati di calcio della provincia, i sacrifici fatti ma anche le tante soddisfazioni. Le giornate passate nell'allora sede di Corso Italia, sopra gli uffici di Teletruria: a farmi compagnia, attaccata al muro sopra di me, la foto della formazione dell'Arezzo del 1981/82 con i vari Mangoni, Butti, Neri che guidavano il nostro lavoro.
Tra i ricordi resta indelebile quello della prima volta che vidi il mio nome stampato sul giornale, in qualità di curatore della parte grafica di uno speciale. Il primo di una lunga serie: dallo sport al Saracino, fino alle elezioni; gli speciali che hanno messo alla prova capacità e creatività di noi poligrafici sono stati tantissimi. E che dire poi delle tante partite di calcetto con la partecipazione al campionato Uisp.
Nel settembre del 2002 un nuovo cambiamento: il distacco da Arezzo. Per una riorganizzazione del lavoro fui trasferito alla sede centrale di Perugia: se da un lato c'era l'amarezza di lasciare amicizie, colleghi e soprattutto il frutto di tanto lavoro, dall'altra c'era l'emozione di imboccare una nuova strada che dal punto di vista professionale mi ha offerto ulteriori opportunità, permettendomi di crescere fino a divenire responsabile del reparto da dove, 35 anni prima, avevo iniziato.
La vita professionale si è poi intrecciata con quella privata: l'incontro con quella che sarebbe divenuta mia moglie è avvenuto all'interno della redazione cittadina. La stessa redazione dove aveva iniziato la sua carriera da giornalista mia sorella AnnaMaria, che troppo presto ho dovuto salutare. Ma questo è un lavoro che non permette di pensare a ieri, abbandonandosi alla nostalgia. Perché oggi è già tempo di mandare in stampa un nuovo numero.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy