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Il contributo

Il Corriere di Arezzo fedele compagno di avventura: voce dei territori e sport

Alessandro Veltroni

21 Febbraio 2025, 09:09

Alessandro Veltroni

Alessandro Veltroni

Il nostro Corriere è ormai un signore di mezza età; nacque infatti 40 anni fa, il 3 di aprile, sotto il segno dell'Ariete. Per chi, come me, ha visto la luce dopo quella data, il Corriere c'è sempre stato, fedele compagno di avventura.

Il Corriere ha il dolce sapore che solo le tradizioni possono vantare, quelle che ti danno sicurezza, rifugio, che si ripetono immutate nel tempo. Per me il Corriere significa in primis dolci ricordi dell'infanzia e della prima adolescenza. Di un tempo che non c'è più, ma che porto ancora con me. Di quando insieme al nonno Severo si aspettava con ansiosa trepidazione il ritorno da lavoro del babbo, che portava la quotidiana copia del giornale. Le prime pagine che si sfogliavano erano quelle dello sport, certo, perché bisognava vedere “se c'era l'articolo della Sansovino”. La squadra di calcio del nostro paese, la nostra passione. In un tempo in cui i telefoni cellulari appena facevano capolino, e comunque servivano solo per telefonare ed al più mandare sms, il giornale era l'unica via per tenersi aggiornati sulle vicende del calcio dilettantistico locale. E che festa quando sulle pagine in bianco e nero appariva il trafiletto tanto sperato!

All'epoca si cresceva meno in fretta di adesso. I miei coetanei si appassionavano a Dragonball; le mie coetanee perdevano la testa per avvenenti ragazzotti protagonisti delle serie tv (come si chiamano adesso, allora erano ancora telefilm). Il mio mondo invece era popolato dai corrispondenti del calcio locale: i miei idoli si chiamavano Enrico Nottolini da Foiano, Angiolo Bianchi da Marciano, Alberto Cangeloni da Cortona, Piero Rossi da Castiglion Fiorentino, Osvaldo Tavarnesi da Lucignano, Giovanni Nocentini da Laterina e così via. E poi Claudio Zeni da Monte San Savino, ci mancherebbe. Figure leggendarie, me li immaginavo austeri come divinità greche nei gradoni dei rispettivi campi sportivi, a raccontare di partite “finite all'inglese”, oppure di attaccanti “con le polveri bagnate”, o di “arbitraggi discutibili”. La domenica li ascoltavi alla radio, il lunedì li leggevi sul Corriere. Tutti ovviamente avevano una vita propria, un altro lavoro - molti adesso purtroppo ci hanno lasciato - ma per me erano, e sono, sempre lì, sulle tribune dei nostri stadi, incaricati della prestigiosa mansione di raccontare l'epopea del nostro calcio.

Il Corriere è questo. Ha dato voce e dignità ai territori che nessuno prima aveva raccontato. D'altronde c'è scritto anche sulla testata: Corriere di Arezzo e della provincia. E dalla provincia mi affacciai alla città un giorno del 2008 come collaboratore in pianta stabile della redazione. Avevo avuto pluriennali collaborazioni con siti internet vari e con lo stesso giornale, ma quando entrai a contatto con la redazione - come spesso accade nella vita - mi accorsi, credendo di sapere tutto, che in realtà non sapevo nulla. La redazione di via Petrarca è stata per me scuola non tanto di giornalismo, che non è e non sarà mai il mio mestiere (dal 2012 svolgo felicemente un'altra professione), quanto di vita.

I posti di lavoro sono spesso un gran guazzabuglio, le redazioni dei giornali ancora di più perché i giornalisti sono gente strana che fa un lavoro strano. Una “passionaccia” che perlopiù loro intendono come una missione. Ho conosciuto e mi sono misurato con personalità tremendamente diverse e spesso ingombranti. Chiedendo preventivamente scusa a chi non citerò per pura dimenticanza, voglio cominciare da chi ho conosciuto per ultimo, ma per me è stato punto di riferimento: Marco Antonucci, lo stesso che mi ha contattato per scrivere queste righe; grazie! E poi - in ordine del tutto casuale - Luca Serafini, fuoriclasse a tutto tondo. Mattia Cialini, persona speciale nonché elegante difensore centrale. Francesca Muzzi, la “framu”, vulcano di idee e di voglia di fare. Federico Sciurpa, il direttorissimo. La Fede Guerri, preziosa confidente. Mauro Bellachioma, penna sublime. Romano “Mano” Salvi, colonna portante. Andrea Niccolini, che ama l'arte e la pallavolo, e solo per questo della vita ha capito tutto.

Ora che per me il giornalismo è un capitolo chiuso, che forse tornerà in futuro - chissà - come semplice hobby, voglio formulare i più sentiti auguri al Corriere di Arezzo, ai suoi uomini ed alle sue donne, per questi primi 40 anni.

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