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Il contributo

Il Corriere mia scuola e voce della Valtiberina: E45, E78, Buitoni, la diga di Montedoglio

Claudio Roselli

24 Febbraio 2025, 07:56

Il Corriere voce della Valtiberina e mia scuola

C'ero anch'io in quella grande squadra che nella primavera del 1985 iniziò l'avventura dell'allora Corriere Aretino. Ricordo bene anche le riunioni preparatorie del mese di marzo, quando da Sansepolcro venivo in auto assieme a due colleghi e amici di lunga data: Francesco Del Teglia, che è un fedelissimo dal primo giorno e che rimane uno fra i più validi giornalisti sulla piazza e Michele Casini, inarrivabile quando si parla di arte e cultura. Non avevo ancora compiuto 24 anni, scrivevo principalmente di sport ma su periodici e da poco avevo iniziato l'esperienza con TeleValtiberina.

Al Corriere sono rimasto fino al febbraio del 2015, quindi dieci anni fa si è conclusa una parentesi giunta a sfiorare i trent'anni di durata: 29 e dieci mesi, per l'esattezza, compresa la parentesi de “La Gazzetta di Arezzo” prima della ripartenza nel 1994 con il “Corriere di Arezzo”. Fin dalle riunioni preliminari ho avuto modo di stringere amicizia con persone che in parte già conoscevo e che sarebbero diventate colleghi giornalieri. Regnava un clima di forte entusiasmo, trasmesso in primis dal direttore Giulio Mastroianni.

La provincia di Arezzo avrebbe potuto contare da quel momento su un secondo quotidiano, in un periodo nel quale la carta stampata aveva ancora un peso enorme: anzi, era la fiduciaria numero uno dell'informazione locale, seppure nell'Aretino l'unico giornale presente fosse La Nazione. Per gli stessi comprensori della provincia la visibilità era aumentata: ognuno di essi disponeva (e tuttora dispone) di una pagina intera, se non due, per cui anche i Comuni più piccoli si sarebbero potuti ritagliare uno spazio maggiore. E noi in Valtiberina eravamo ben distribuiti sotto questo profilo, con Mario Aldinucci da Pieve Santo Stefano e tre care persone che da tempo non ci sono più: Valter Del Sere e Pierpaolo Tofanelli da Anghiari, Benito Bigiarini da Caprese Michelangelo e Mario Massi da Monterchi.

Trent'anni non si possono dimenticare, di qualunque cosa si tratti: figuriamoci quando si è in trincea tutti i giorni. È normale allora che riemerga un immenso piacere, con la consapevolezza del fatto che siano stati intanto una bella fetta di vita e che - per forza di cose - si siano rivelati fondamentali per il percorso di evoluzione senza fine che caratterizza il mestiere del giornalista. Un lavoro che perfezioni sul campo e che ha il vantaggio di essere una sorta di “esame” quotidiano.

Il Corriere è stato per me una scuola; qui ho appreso le basi: da quel giorno di aprile di quarant'anni fa avrei iniziato per la prima volta a raccontare in calce il quotidiano, quindi a stare sul pezzo - come si dice in gergo - e ad affrontare argomenti di ogni genere, dalla politica allo sport, dalla cronaca all'economia, dalla sanità allo spettacolo, perché questo è il compito del corrispondente locale. Da quel momento, sapevi che ogni giorno avresti dovuto trovare un argomento.

Vi sarebbe stato poi il confronto quotidiano con i capi servizio e i capi pagina e permettetemi allora di ringraziare, per le preziose “dritte” professionali ricevute, i vari Luigi Alberti, Ivo Brocchi, Carlo Gabellini, Romano Salvi, Federico Sciurpa, Luca Serafini, Francesca Muzzi, Mauro Bellachioma e gli ultimi capi servizio della serie che ho avuto: Angelo Preziotti e Antonella Lunetti, ma un ringraziamento particolare (ecco perché l'ho lasciato volutamente per ultimo) va a Federico Fioravanti; è stato un eccezionale motivatore nel periodo chiave, quando insomma decisi che sarei andato avanti come corrispondente, che avrei sposato il giornalismo, ma che stesso tempo avrei concluso gli studi universitari in un filone diverso, come poi ho fatto.

Con le persone sopra ricordate, la redazione della Valtiberina ha sempre condiviso gli argomenti e fissato le priorità giornalistiche (altro passo in avanti), ma soprattutto l'impegno giornaliero aveva iniziato a produrre la crescita nel momento in cui avevo assimilato quegli altri aspetti fondamentali che oggi sono divenuti normali: la ricerca della notizia, il fiuto della notizia, la gestione di essa anche nei suoi risvolti (in particolare per la cronaca) e il conseguente taglio da dare. E poi, il motore principale: la voglia di alzarsi ogni mattina con il “prurito” addosso per trovare le notizie del giorno.

Per me è felicemente così da 40 anni. Di questo, debbo essere profondamente grato al Corriere: l'insegnamento dei colleghi e dei responsabili di pagina (con i quali ogni tanto c'è stata anche qualche accesa ma civile discussione) mi ha sempre più fatto calare nei panni del corrispondente e con quanto avevo professionalmente acquisito è stato automatico proseguire l'incarico di referente della Valtiberina anche a La Nazione, lo storico quotidiano per il quale scrivo ora da dieci anni. Ogni mattina, quando vai a sfogliare il giornale per vedere pubblicato quanto hai scritto, è sempre un momento di gratifica, anche se spesso - umanamente - avrei rinunciato a vedere il mio nome in prima pagina perché legato a un tragico fatto. Ma d'altronde questo è il nostro mestiere.

E il rituale di avvio della giornata dall'edicolante è la classica deformazione professionale: in questo, rientra anche l'inevitabile occhiata al Corriere, che continuo a vedere non certo con spirito concorrenziale (ancora oggi, le sue pagine mi rimangono familiari), apprezzando articoli e inchieste di qualità su temi di primario interesse. Vi confesso, poi che continuo a ritagliare tutti i pezzi da me scritti, nonostante la carta di quelli più vecchi sia oramai ingiallita e anche il vano nei quali li ripongo schedati comincia a farsi stretto. Spesso, spulciando fra questi vecchi articoli, trovo le curiosità e le informazioni che cercavo.

Tanti sono gli avvenimenti che ho avuto l'onore di riportare per iscritto sul Corriere, così come purtroppo anche i tanti fatti di cronaca che però sono il “pane” del giornale. Fra quelli importanti in positivo evidenzio, nel dicembre del 1986, il mio viaggio a Roma, quando al Ministero dell'Industria resero nota la decisione di mantenere in vita lo stabilimento Buitoni di Sansepolcro e di chiudere quello di Foggia, che non era per nulla scontata (e ricordo l'amarezza sul volto dei sindacalisti pugliesi), poi nel luglio del 1996 l'inaugurazione anche dell'ultimo tratto mancante di E45 alla presenza dell'allora ministro Antonio Di Pietro, ma in particolare la visita a Sansepolcro di papa Benedetto XVI nel maggio del 2012 per festeggiare il millenario della fondazione della città.

Quella sì che è stata una prima pagina da incorniciare per la portata di un evento che al Borgo era atteso da quasi 500 anni. Tornando alla viabilità, pur avendo trattato tanto di E45, credo di aver perso il conto relativo ai tanti pezzi scritti sulla E78 e su tutte le vicende che ancora la accompagnano. Se poi vogliamo citare un'altra circostanza passata non certo in secondo piano, mi soffermo sulla fine d'anno del 2010 e sulla notte di grande apprensione per la rottura dei tre conci del muro di sfioro della diga di Montedoglio.

Ma il motivo vero di soddisfazione è dato dall'ottimo rapporto che continuo ad avere con i colleghi del Corriere, frutto di un comportamento improntato sulla correttezza: quando Luca Serafini mi ha chiamato per dirmi che avrebbero gradito un contributo anche da parte mia in occasione di questo compleanno del Corriere di Arezzo, è stato come ricevere una bella sorpresa. Significa tante cose: amicizia, stima e riconoscimento di quello che hai fatto, cercando di essere sempre professionale e credibile senza mai peccare di protagonismo, perché la vera protagonista deve essere sempre la notizia e il giornalista è colui che ha il compito e il dovere di informare i lettori con chiarezza e completezza.

Quando nel 2015 si sono divise le nostre strade e sono passato a La Nazione, avevo comunque un motivo di tranquillità: assieme a Francesco Del Teglia, c'era (e c'è sempre) Davide Gambacci, che già da tempo era entrato al giornale. Lavoravo fianco a fianco con lui nell'agenzia di comunicazione e mi sono ritrovato a essere il suo “tutor” anche se per poco, in quanto fin dalle prime battute mi ero accorto che Davide aveva le capacità e il piglio giusto.

Credo che i tanti articoli recanti la sua firma stiano a dimostrarlo in pieno, per cui posso dire di aver lasciato la pagina della Valtiberina in buone mani; anzi, in ottime mani. Nel porgere gli auguri di cuore al Corriere di Arezzo e a tutto il suo staff per il 40esimo compleanno, una preoccupazione di fondo mi assale da tempo e riguarda il futuro dei quotidiani cartacei, che soffrono di un calo sempre più progressivo delle vendite. Il mio auspicio, oggi più sentito che mai, è pertanto scontato: lunga vita al Corriere di Arezzo e alla carta stampata in generale.

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