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Il contributo

La Rovesciata di Menchino Neri, il mio articolo sul Corriere Aretino e quel cartellino giallo non dato

Mauro Messeri racconta la sua collaborazione con il giornale e una pagina di storia del calcio amaranto

Mauro Messeri

28 Febbraio 2025, 06:56

Mauro Messeri

Mauro Messeri oggi e con Vialli

La passione per il giornalismo è nata in me sin da piccolo, alimentata dall'iniziativa del mio maestro delle elementari, il quale, avanti molti anni rispetto all'epoca che stavamo vivendo (inizio anni settanta), decise di creare il “giornalino di classe”. Assieme ad altri due studenti fui incaricato di curare la pagina dello sport che uscì con uno scoop inaspettato per la scuola: intervista a Francesco Graziani e a Federico Righi, calciatori dell'Arezzo versione 1973.

Appena uscito dall'adolescenza ho avuto la fortuna di vivere prima il periodo delle radio e delle tv private (collaborando con Telesandomenico, Radio Gamma ed in parte anche con Teletruria) e poi quello della carta stampata. Quest'ultimo per me è iniziato con la nascita del Corriere Aretino (1985) ed è terminato nel 1992 con la Gazzetta di Arezzo.

L'esperienza vissuta con il Corriere Aretino mi ha innanzitutto insegnato che il rispetto del prossimo di cui ti occupi, passa soprattutto dall'uso corretto delle parole, la cui forza viene elevata all'ennesima potenza quando l'inchiostro, trasferendole sul foglio di carta, le fa durare, a volte anche impietosamente, nel tempo.

Inoltre, un giornale con focus puntato esclusivamente su di un territorio ristretto, ti insegna ad affrontare il peso e la responsabilità della vicinanza tra la notizia, il suo protagonista ed il lettore. E' molto più facile scrivere del capo del governo che del sindaco del tuo paese, oppure dell'allenatore della nazionale piuttosto che di quello dell'Arezzo, per non parlare poi dell'uomo comune i cui comportamenti, anche quelli banali, nell'ottica di un giornale che osserva il territorio di sua competenza con la lente d'ingrandimento, possono diventare, per svariati motivi, notizie di pubblico interesse.

Passeggiando per le vie del centro cittadino, ti capita, infatti, quello che al giornalista di fama nazionale accade raramente, e cioè di incontrare i personaggi sui quali, i giorni precedenti, hai scritto articoli. Per questo penso che scrivere per un quotidiano “locale” sia una palestra di vita, un'esperienza che tutti coloro che aspirano al giornalismo, dovrebbero avere la fortuna di vivere.

Da oltre 35 anni svolgo con passione ed amore altra professione, ma l'esperienza vissuta con il Corriere Aretino, complice sicuramente un'età che non ritorna, mi fa compagnia tutti i giorni, con un velo di dolce nostalgia. Sfogliando i miei vecchi articoli che ancora gelosamente conservo e che ogni volta che ho occasione di rileggere scriverei in modo differente, ne ho ritrovato uno pubblicato il 10 giugno 1985, relativo alla partita di calcio Arezzo-Campobasso (terminata 2-1) disputatasi il giorno precedente allo stadio Comunale della nostra città.

Credo che per la storia calcistica amaranto, quella resti “la Partita” a causa di forti emozioni che si susseguirono a distanza di pochi secondi l'una dall'altra. Dal rigore sbagliato da Menchino Neri, che significava momentaneamente la retrocessione in serie C, alla rovesciata dei miracoli, con cui lo stesso capitano, assicurò, invece, la permanenza in serie B dell'Arezzo. Dover scrivere di quella rovesciata è stata l'esperienza giornalistica più difficile che io abbia vissuto, perché ancora oggi non riesco a trovare le parole giuste per raccontarla in tutta la sua ampiezza. A chi non l'ha ammirata in diretta, quarant'anni dopo direi semplicemente che nella storia del calcio ci sono state molte rovesciate belle, alcune rovesciate straordinarie e poi c'è stata la Rovesciata di Menchino Neri...

Oggi, però, vorrei parlare di quell'episodio visto da un'altra prospettiva: quella degli avversari. Tra di loro ci fu chi, su tutti il portiere Ciappi, nonostante quel gol per i molisani significasse la retrocessione, non soltanto andò a congratularsi con Domenico Neri stringendogli la mano, ma lo fece togliendosi addirittura i guantoni, con un gesto che, per quanto fu bello e significativo, dovrebbe essere mostrato nelle scuole calcio come spot del fair play.

Tuttavia, tra gli stessi rossoblù, ci fu anche chi polemizzò con Claudio Pieri di Genova, arbitro di fama internazionale e direttore di quella partita, per gli strascichi... della rovesciata. Menchino Neri, infatti, in preda ad una gioia sfrenata, si era recato sotto la curva San Cornelio dove rimase per qualche minuto soffocato dall'abbraccio di tutti, compresi alcuni che avevano addirittura scavalcato la rete di recinzione, ritardando notevolmente il rientro in campo. Il regolamento, nel caso di specie, parlava chiaro: a questo comportamento doveva seguire automaticamente l'ammonizione del nostro capitano, che, peraltro, essendo stato già ammonito in precedenza, nel corso del primo tempo, avrebbe dovuto essere espulso.

L'arbitro, invece, non lo ammonì neppure e parlottando con i calciatori avversari placò le loro proteste. L'articolo scritto da me all'epoca per il Corriere Aretino riporta, le rimostranze che seguirono nel dopo partita da parte dell'allora direttore sportivo del Campobasso il quale ebbe a dichiarare che “il risultato della gara era stato falsato dall'errore del direttore di gara”. E qui potrebbe finire la storia.

Invece, per me c'è stato un seguito, che oggi per la prima volta ho l'occasione di narrare. Il destino ha voluto che una quindicina di anni fa conoscessi Tiziano Pieri, anch'esso noto ex arbitro internazionale ed ex moviolista Rai, figlio di Claudio Pieri. L'amicizia instaurata con Tiziano mi ha permesso di chiedergli se, in casa, avesse mai sentito parlare di un Arezzo-Campobasso ormai lontano nei tempi e partita di secondo piano rispetto alle gare più importanti che aveva arbitrato Claudio Pieri.

Questa la sua risposta: “Me ne ha più volte parlato mio padre, dicendomi che dopo il gol di Neri alcuni giocatori del Campobasso lo inseguirono chiedendogli perché non mostrasse il cartellino giallo al capitano dell'Arezzo. Tali proteste furono da lui placate rispondendo loro: ma ditemi voi, dopo il gol che ha segnato, come faccio ad ammonirlo?”

Anche Claudio Pieri, arbitro internazionale di Genova, per un attimo aveva, quindi, con grande umanità, dismesso la giacchetta nera, al pari di Ciappi che si era tolto i guanti, mettendo, per sempre il sigillo definitivo sul fatto che, per tutti quelli che avevano avuto la fortuna di vederla, quella era... la Rovesciata di Menchino Neri.

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