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La storia

I sindaci Ducci, Vannucci, Ricci poi Arezzo svoltò a destra. Nei 40 anni del Corriere l'amministrazione della città è cambiata così

Il giornalista e scrittore Claudio Repek ripercorre i passaggi chiave in municipio negli ultimi quattro decenni

Claudio Repek

02 Marzo 2025, 23:11

Claudio Repek

Claudio Repek. Lucherini, Fanfani e Ghinelli

3 aprile 1985. Novità in edicola: c'è un altro quotidiano. Non è roba da poco. L'informazione di Arezzo viaggiava, fino ad allora, sotto il segno del numero 1. Un quotidiano cartaceo, La Nazione; una televisione, Teletruria. La pluralità era solo nel settore radiofonico. Il Corriere Aretino (poi Gazzetta e infine Corriere di Arezzo) apre una strada nuova. L'Unità e Paese Sera avevano o avevano avuto edizioni toscane con articoli di Arezzo. Il Tirreno non aveva mai lasciato la costa. La vera novità è quindi il Corriere Aretino. L'anno dopo si aggiungerà anche una seconda televisione, quella che adesso è Arezzo Tv.

Le novità editoriali viaggiano di pari passo a quelle politiche che sono di forte ma ancora inconsapevole spessore. Il 3 aprile gli aretini hanno un nuovo prodotto di carta tra le mani ma il 12 maggio ne avranno un altro: il certificato elettorale. Il primo cambia l'informazione e il secondo la politica e la storia aretina. In realtà in quel maggio di 40 anni fa nessuno è consapevole di quanto stia maturando. Il Pci, con Vasco Giannotti, ha deciso che il Regno di Aldo Ducci, iniziato nel 1963 con una pausa tra il 1966 e il 1970, avrebbe potuto legittimamente concludersi. E che per il Pci, partito di maggioranza, era giunto il momento di rivendicare il sindaco di Arezzo. Il Psi finge di non sentire: sa quanto Ducci abbia fatto per resistere alle sirene del centro sinistra di allora, è convinto che il suo radicamento elettorale sia più consistente del peso politico di Giannotti e del Pci. E poi il potere è potere. Perché regalarlo ai comunisti? Avranno ragione i socialisti: 1 seggio in meno al Pci e 1 in più al Psi. Ducci rimane nel suo ufficio e Giannotti passa a incarichi nazionali nel Pci.

Storie politiche e personali che il Corriere di Arezzo racconta con puntualità. I partiti aretini hanno la testa voltata indietro e continuano a usare le categorie politiche della seconda metà del Novecento. Tentano di mantenere la nave sulla solita rotta nonostante le tempeste si stiano addensando. Il quinquennio 1985-1990 rappresenta l'ultimo mandato di Ducci. E non per volontà del vecchio Pci-nascente Pds e nemmeno per quella dell'ormai anziano leader, restio sia ad abbandonare Arezzo che a tentare le strade per Firenze o Roma. La decisione è del Psi che candida e afferma il Segretario di federazione, Valdo Vannucci. Per lui 4 anni che rappresentano la fine dell'era segnata dai politici puri, con carriere interne ai partiti e con un cursus honorum che non ammetteva scorciatoie.

Anche la cronache del Corriere narrano un declino che appare misterioso e irrefrenabile. I partiti aretini sono chiusi nella loro bolla: continuano a fare quello che hanno sempre fatto, a comportarsi negli stessi modi ma la perdita di iscritti sta diventando un'emorragia e quella dei voti un continuo salasso. Hanno ragione a rimanere disorientati. Il problema è che nella fortezza del moderno deserto dei Tartari, si pensa che le novità non polverizzeranno un piccolo mondo antico creato con competenza, pazienza e coraggio.

Fuori della Fortezza tutto sta invece cambiando. 1989: fine del comunismo con il crollo del muro di Berlino. 1994: fine della politica fino ad allora conosciuta grazie a Silvio Berlusconi. Pci, Dc e Psi tentano di modificare nome e foto sulla carta d'identità ma nulla è in grado di cambiare cuore e testa di gruppi dirigenti che rimangono sostanzialmente gli stessi. Perfino l'immutabile Msi si prepara a trasformazioni radicali. I partiti minori si limitano a evaporare.

Il Corriere racconta quindi i quotidiani aggiornamenti di un sistema che tenta disperatamente di tenersi in piedi. Dopo Vannucci, e siamo arrivati al 1990, è la volta del primo sindaco di quella che una volta si chiamava “società civile”. E' Paolo Ricci, un presente da Popolare, un passato da democristiano, una vita da commercialista. Uomo scarsamente propenso alla mediazione e decisamente orientato al fare: prima possibile. Potrebbe essere l'uomo del futuro ma non per i partiti del passato che non lo ringraziano e lo salutano agli inizi del 1999. Il capitolo 1 del manuale della politica è non far fuori un sindaco uscente che ha lavorato bene. Il capitolo 2 invita a non candidare persone, pur culturalmente autorevoli, ma non radicate nella comunità che lo dovrà eleggere. Il centro sinistra viola entrambi i capitoli e così il Corriere di Arezzo come gran parte dei quotidiani nazionali può salutare l'affermazione del centro destra. Per la prima volta. Arezzo e Bologna: due capisaldi della sinistra in Italia.

Le novità non sono soltanto dentro la sempre più piccola e grigia bolla della politica. Le tempeste stanno investendo anche l'economia locale. Le cronache raccontano la fine del modello economico che aveva sostenuto Arezzo fino agli anni Ottanta. Le grandi industrie chiudono o si ridimensionano o cambiano identità. L'uomo in Lebole, protagonista dei Caroselli degli anni sessanta, agli inizi del Duemila è ormai un emarginato. Nessuno ha più un debole per lui: non l'aveva avuto la Lanerossi, tantomeno Marzotto. L'addio è doloroso e senza appello: la fabbrica, dopo mezzo secolo, chiude nel 2002. La Unoaerre aveva fatto la storia dell'oreficeria mondiale ma alla fine del Novecento il mercato è radicalmente cambiato. Le famiglie Gori e Zucchi che avevano fondato la fabbrica nel 1926 sono in affanno. La fabbrica e il marchio, con la produzione trasferita a San Zeno, verranno salvati da un ex dirigente che aveva già creato la Chimet: Sergio Squarcialupi.

Sulle prime pagine del Corriere vanno anche Buitoni, Del Tongo, Cantarelli, Stimet, Sca. Il disperato canto del cigno della vecchia economia aretina è di Banca Etruria: simbolo e realtà di una città che non c'è più. Oggetto di contese politiche e giudiziarie, esce di scena nel 2015, dopo 133 anni di storia, in gran parte gloriosi, in piccola parte, ma decisivi, da dimenticare.

Nascono comunque nuove imprese in settori avanzati e innovativi. Si consolida la cooperazione sociale che è uno dei maggiori soggetti ad elevata occupazione. Arezzo punta sul turismo: i numeri sulle presenze le danno ragione, i risultati stabili su economia e occupazione sono ancora tutti da verificare.

La politica aretina del nuovo millennio porta il marchio della destra con i sindaci Lucherini e Ghinelli, separati da un doppio mandato Fanfani. Luigi Lucherini che nel 1999 pensava di essere in marcia irreversibile e trionfale alla conquista della storia, inciampa sullo scandalo Variantopoli nel dicembre 2005. Il centro sinistra ringrazia ma non si organizza. I filoni Pci-Pds-Ds e Dc- Popolari-Margherita confluiscono in un Pd che sogna di tornare a essere un partito di massa. Due mandati tra il 2006 e il 2015 con Giuseppe Fanfani e poi il centro destra riprende il governo non solo del Comune ma della quasi totalità della provincia aretina. Un vasto territorio che in pochi anni passa dalla sinistra alla destra con il radicamento prima di Forza Italia e An-FdI e poi della Lega. Si sviluppano ma non si affermano M5S e civismo. Sullo sfondo crisi economica, povertà sociale, classi dirigenti che non si rinnovano. Imprenditori e sindacalisti che vedono sparire politici e istituzioni dai loro radar. Giornalisti che raccontano di una politica sempre più attenta al virtuale e meno al reale. I votanti si dimezzano, i partiti si contraggono, la partecipazione si volatilizza. Il tramonto è lontano perché i cicli politici sono ormai brevissimi ma l'alba non è ancora in agenda. Per il Corriere di Arezzo ci sarà ancora tanto lavoro da fare e infinite storie da raccontare.

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