Il caso
C’è una giuria a cui in questi ultimi anni abbiamo tutti concesso troppo potere. E’ una giuria che si sente competente su qualsiasi argomento, sia sull’invasione della Russia in Ucraina, che su una rara defaillance di Jannik Sinner. Si sente competente sulla cronaca nera, sulla politica, sullo sport e ovviamente sul calcio, argomento principe del popolo italiano, composto da 60 milioni di commissari tecnici e non da cittadini. La giuria di cui scriviamo è quella dei social. Pronta a emettere sentenze in un nanosecondo, ma anche ad andare oltre tra insulti, odio e cattiverie. Ebbene, sul caso dello sgambetto di mister Alessio Guidotti nei confronti dell’attaccante lanciato a rete, ovviamente non si è tirata indietro, attaccando il tecnico spesso in maniera indecorosa. Feroce. Cattiva. Sia chiaro: l’allenatore ha sbagliato e pagherà duramente sul piano sportivo, ma non è certo diventato all’improvviso l’ultimo dei mohicani. E’ un uomo di calcio, che dal calcio si lascia trasportare e che stavolta ha malamente superato i limiti. E’ stato protagonista di un errore, a tratti persino comico, ma non di un gesto violento, né di alcuna violazione del codice penale. Occorre misura. Anche nei commenti e lo scriviamo noi che per primi non gli abbiamo concesso nemmeno una attenuante. Ma un conto sono i giudizi e i commenti, un altro la gogna mediatica: inutile, insopportabile e dannosa. Quanto è accaduto in campo a Pontassieve è stato raccontato. Ora la parola passa al giudice sportivo. Ma no all’odio social. Mai.
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