L'intervista
Alessandro Ghinelli, per undici anni sindaco di Arezzo
“Nel centrodestra c’è chi sostiene che sulla scelta del nuovo candidato a sindaco occorra marcare la discontinuità. Se queste sono le premesse, vuol dire che il centrodestra, o chi ha fatto tale ragionamento, della politica non ha capito niente. Se c’è un’amministrazione che in questi anni ha fatto bene, chi parla di discontinuità non fa altro che darsi la zappa sui piedi”.
Alessandro Ghinelli, sindaco per undici anni della città di Arezzo, destinato a restare nella storia come il secondo che ha ricoperto più a lungo la carica (dopo Aldo Ducci), nelle interviste di fine anno ha la grande capacità di interpretare alla perfezione i ruoli di dottor Jekyll e mister Hyde. Nell’incontro tra gli assessori e i giornalisti, nei giorni precedenti le feste natalizie, nella sala giunta di Palazzo Cavallo, Ghinelli ha indossato gli abiti del perfetto ospitante. Ha fatto gli onori ai convenuti, dato le carte, lasciato spazio ai suoi collaboratori: alcuni si sono lodati e pavoneggiati spiegando il proprio lavoro, altri lo hanno fatto più timidamente. Certo, si è tolto qualche sassolino, ma non ha affondato volutamente. Anche per non oscurare alcuno della sua squadra. Ma è nel faccia a faccia con il Corriere, qualche giorno più tardi, che Ghinelli tira fuori l’anima del vero e proprio padrone di casa, incoronato per due volte consecutive dagli aretini. Del resto la santa legge elettorale del 1993 chiede ai cittadini proprio questo: sceglietevi direttamente chi decide. E il sindaco nel ruolo di mister Hyde è decisamente più incisivo, diretto, perentorio. Non lascia spazio a interpretazioni, non si tira indietro davanti alle domande più scomode. E lancia messaggi chiari. Chiarissimi.
Alessandro Ghinelli durante l'intervista al Corriere
- Fioccano nomi su nomi: ma è possibile che questa città non sia in grado di esprimere un candidato giovane e magari anche donna, visto che Arezzo non ha mai avuto una sindaca?
Le persone ci sono. Ce n'è una in particolare, Lucia (Tanti, ndr), che è il miglior amministratore che io possa augurare a questa città. Sarebbe un ottimo sindaco, ma forse non uno spettacolare candidato, a meno che da qui a giugno non faccia la cura del ferro… Il sindaco viene eletto al secondo turno. Al primo si definisce il consiglio comunale, ma al secondo si ritrovano due persone che si guardano negli occhi e cercano di demolirsi l'una con l'altra. Occorre un candidato con grande capacità empatica. Lucia è più amministratrice e “meno Meloni”. Ecco, in campagna elettorale ci vorrebbe una “piccola Meloni” e per come la conosco io, Lucia, ha un profilo un po' diverso.
- E come si fa a individuare una “piccola Meloni”?
Intanto diciamo che per interpretare bene il mestiere di sindaco, non si può fare altro. E’ un compito che ti assorbe totalmente. Gli uomini del mondo delle imprese, ad esempio, sarebbero chiamati a rinunciare a tutti i loro interessi per candidarsi. E non lo fanno. Quindi chi scende in campo lo fa per ambizione personale e spirito di servizio oppure perché indicato dai partiti. Il candidato ideale a mio avviso c’era.
Ghinelli con la sua vice Lucia Tanti: "Ha bisogno della cura del ferro"
- E cioè?
Domenico Giani sarebbe stato eccellente. La gente gli vuole bene, ha alle spalle una grande carriera, ha portato le stellette, e questo vuol dire tanto, è stato la guardia del corpo del Papa. Purtroppo per scelte personali ha deciso di non candidarsi.
- Nella sua squadra non vede una “piccola Meloni”?
Sinceramente no.
- A proposito, cosa pensa della premier?
Frequento ambienti internazionali e mi chiedono sempre di lei. Sta facendo benissimo. E’ l’anima di Fratelli d’Italia, ha consentito al suo partito di compiere l’exploit elettorale. Ricordo quella volta che mi mangiò (sorride, ndr).
- In che senso?
Avevo rilasciato un’intervista e alla domanda su cosa pensavo di lei, dissi che era brava ma su alcuni argomenti doveva ancora studiare. Mi mandò un messaggio di fuoco che conservo gelosamente, in cui ironizzava: “Per fortuna ci siete voi professori”. La verità è che studia. E molto. Su qualsiasi tavolo si siede, conosce sempre l’argomento. Rispetto agli ultimi premier che abbiamo avuto, è un passo avanti.
Il sindaco di Arezzo con la premier Giorgia Meloni
- Fratelli d’Italia è diventato il primo partito di Arezzo.
Ha superato il Pd, ma vive della luce riflessa da Roma. La Lega è in forte difficoltà e Vannacci è un problema serio perché dice cose che gli italiani sentono, ma rischia di spostare l’asse troppo a destra. Forza Italia con Tajani sta recuperando ma difficilmente può andare oltre il 7-8%. Diciamoci la verità: le liste civiche sono fondamentali per la sfida elettorale di Arezzo. Hanno sempre fatto e faranno la differenza.
- Cambiamo argomento, parliamo di stadio?
Un risultato storico per la città. Sarebbe stata una follia non ragionare con un imprenditore che è pronto a spendere 39 milioni di euro. Lo stadio resterà di nostra proprietà, ma verrà concesso in gestione per 90 anni. I lavori, tra demolizioni e nuove realizzazioni, inizieranno a primavera. Sarà una costruzione modulare per permettere all'Arezzo di continuare a giocare lì. L'obiettivo è finire tutto entro il 2030. La cosa difficile sarà spostare il terreno di gioco, che sarà avvicinato agli spalti di undici metri. Avverrà tra giugno e settembre.
La presentazione del progetto del nuovo stadio dell'Arezzo
- Lei è stato recentemente protagonista a Riyad dell’11° Global Forum dell’Unoac, l’United Nation Alliance of Civilizations. Un evento internazionale di grande rilevanza dedicato al dialogo interculturale e alla pace nel mondo. Come è andata?
Si continua a lavorare sull'Alleanza delle Civiltà per ridurre la paura dell'Islam e cercare di tenere insieme le religioni di Abramo. Nel mio intervento ho sostenuto che l'integrazione passa attraverso il lavoro, principio dell’articolo 1 della nostra Costituzione. Gli stranieri arrivano e se non li facciamo lavorare non si integreranno mai. Bisogna uscire dalle cose fatte e pensare all'etica, che vale per tutti.
- Guardiamo a confini più vicini. Arezzo, Siena e Grosseto, la Toscana del Sud. Non giova nemmeno che il colore politico delle amministrazioni sia lo stesso per costruire una solida unità, fondamentale per lo sviluppo del territorio.
E’ vero. Purtroppo in questa parte della Toscana si fatica molto a fare sistema. Forse il limite in parte risiede nelle personalità dei sindaci. Non è facile mettersi al tavolo con umiltà. Voler marcare sempre la distinzione è perdente.
- Quali sono i tre obiettivi conclusivi del suo fine mandato?
Il primo mattone del nuovo stadio, chiudere la questione della caserma della Polizia Municipale, vedere in esercizio la nuova linea di Aisa Impianti a San Zeno per lo smaltimento dei rifiuti, processo iniziato e concluso nel corso del mio mandato: una grandissima soddisfazione.
Un altro momento dell'intervista al Corriere
- Sul suo futuro ha lanciato segnali, ma mai concreti. Cosa vuole fare davvero Alessandro Ghinelli quando lascerà Palazzo Cavallo?
Spazi e alternative non mancano. Ma per ora penso agli ultimi mesi di lavoro e magari, se serve, a dare una mano nell’individuare la “piccola Meloni” e far fare la cura del ferro a Lucia.
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