L'EVENTO
Serse Cosmi in piazza Grande
Serse Cosmi incanta Piazza Grande e commuove con il suo spettacolo "Solo Coppi temo". A conclusione del festival PensArti che è partito il 2 agosto e si è concluso il giorno di San Donato, la Fondazione Arezzo Intour ha invitato l'ex allenatore dell'Arezzo che nel cuore dei tifosi e degli aretini occupa sempre un posto speciale. E la dimostrazione è arrivata sulla terrazza di Palazzo di Fraternita, gremita per lo spettacolo "Solo Coppi Temo" che Serse Cosmi, insieme a Giovanni Guidi, sta portando in giro per tutta Italia. Nelle sue parole il racconto della sua vita, di quel nome che il padre gli dette per omaggiare Serse Coppi, il fratello di Fausto morto in bicicletta. Un crescendo di emozioni che è esploso quando Serse ha cominciato a parlare degli anni dell'Arezzo, mentre dietro scorrevano le immagini di quel quinquennio (1995-2000) fatto di un calcio buono, genuino e di tanti amici.
"Per uno come me calarsi nel ruolo di allenatore dell'Arezzo, nella mentalità aretina pensavo non fosse semplice - dice Serse - Invece è stato facile, facilissimo, istintivo. La Giostra del Saracino, la sciarpa amaranto, la trippa col sugo, in qualsiasi situazione, qualsiasi persona incontrassi in città, trovavo immediatamente un punto di contatto, una sensazione che chiamarla empatia è riduttivo. Mi avete fatto sentire aretino d'adozione, uno di voi, come si dice nel calcio. L'amore incondizionato che questa città mi ha offerto, ancora mi regala una felicità assolutamente maggiore dei risultati conquistati sul campo. Io avevo 37 anni quando sono venuto ad Arezzo. Un giovane allenatore con un grande sogno, costruire in questa città e nel tempo, qualcosa che andasse oltre i risultati calcistici".
Poi Serse comincia a ringraziare, dirigenti, direttori, tifosi, "non nomino nessuno, perché ho paura di dimenticarne qualcuno, ma uno sì: Lauro Minghelli". Il ricordo di Lauro è struggente, carico di emozione e in piazza Grande si fatica a trattenere le lacrime. Un grande applauso parte, quando sul maxi schermo appare la foto di Lauro. E Serse con la voce rotta dall'emozione comincia: "Lui devo nominarlo, perchè ha rappresentato e rappresenterà per sempre la mia avventura felice in questa città. Lauro era il mio tuttocampista, corridore instancabile, veloce, tatticamente intelligente e di un'altra categoria. Lauro non era un giocatore, ma un simbolo di grinta e di attaccamento alla maglia, Lauro era il mio capitano. Una sera eravamo tutti da Santino, come tante volte a scherzare, a parlare di calcio e di donne. Ricordo che i suoi occhi d'improvviso si fecero spaventati, invecchiati. Ci siamo fissati per un attimo e in quello sguardo lessi un grido d'aiuto. 'Mister, non ho più forza nelle mani, che sta succedendo?'. Lui faticava a stringere il bicchiere, parlava e tremava. Cominciai a tremare anche io per una risposta che non avevo e per quello che temevo. Da quella sera lentamente perse tutte le sue forze, ma non il suo sorriso. Noi non facciamo mai abbastanza per chi soffre, ma io, la mia famiglia e tanti amici gli siamo rimasti sempre accanto, fino all'ultimo. Se ne andò il 15 febbraio del 2004, il giorno della Madonna del Conforto e me la sono sempre raccontata così: la sua morte fu un terremoto che lasciò Arezzo in un buio improvviso, ma la sua testimonianza di forza, di grinta, ha lasciato una luce di memoria che brilla ancora oggi nei ricordi di tutti noi".
A Lauro Minghelli, è dedicata la Curva Sud, quella dei tifosi amaranto, dello stadio Comunale. Lauro vive sempre e per sempre.
Serse Cosmi poi racconta del suo addio all'Arezzo, quando dalla serie C salì in A, ma sulla panchina del Perugia, la sua città, la rivale storica dell'Arezzo. Ricorda quell'Arezzo, dice la formazione a memoria, che non salì in serie B per un soffio (finale play off ad Ancona): "Avevo paura di non essere capito quando me ne andai. Avevo paura che i tifosi potessero sentirsi traditi e invece me ne andai tra gli applausi, col magone dentro, come quando finisce un amore, che ora invece lo so: non è finito mai". Una straordinaria serata.
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