IL PERSONAGGIO
Leonardo Semplici
Un immenso successo di pubblico e di entusiasmo ha arricchito l’evento “I protagonisti del calcio si raccontano” con l’allenatore Leonardo Semplici come ospite e grande protagonista. Nella cornice di pubblico dell’Auditorium AIA Stadio Città di Arezzo, Semplici si è concesso alle curiosità ed ai microfoni, svelando aneddoti, curiosità e aspetti cruciali della sua lunga carriera, legata a doppio filo con la Toscana.
L’evento è stato arricchito dalla presenza di Aniello Cutolo, direttore sportivo dell’Arezzo Calcio, e di Alberto Melis, delegato Coni Arezzo ed è stato presenziato da Donato Alfano, giornalista e project manager, ideatore del Festival del Calcio Italiano, quest’anno alla quattordicesima edizione: «Questa manifestazione è una festa dello sport che coinvolge anche il Coni in giorni intensi e bellissimi. Per raccontare non solo il calcio giocato, ma anche ogni suo risvolto, che è la soddisfazione più bella. Il ringraziamento va all’Arezzo Calcio e alla famiglia Manzo. Leonardo Semplici, che è uno dei fuoriclasse del calcio, ha giocato oltre che allenato ad Arezzo ed oggi ci onora della sua presenza».
A questo punto, parola all’ospite d’onore: «Come calciatore ho avuto la fortuna di conquistare qui una promozione dalla Serie C alla B con Serse Cosmi. Poi, da allenatore, sono stato in una piazza importante e ad Arezzo raggiungemmo i play-off. Ho avuto modo, come prima esperienza vera, di capire il funzionamento del calcio. Ritorno sempre con piacere ad Arezzo, dove ho tanti amici. Il mio ricordo migliore è la partita con la Spal in cui abbiamo ottenuto la promozione. Mio padre era tifosissimo della Fiorentina e innamorato di Antognoni: ho seguito la squadra viola da tifoso e l’ho successivamente allenata nella Primavera. Sono molto legato a loro per questi motivi. In campo, da giocatore già trasferivo i concetti di allenatore, anche se a una carriera del genere ho pensato parecchio dopo. Gli ingredienti sono l’incoscienza, la fortuna ma soprattutto una società che ti permetta di lavorare. Ho allenato ragazzi come Bernardeschi e Mancini nella Fiorentina, oltre a molti altri che hanno sviluppato una carriera di successo. Chi ha giocato a calcio in certi livelli si trova con un pedigree addosso. Ma io non invidio nulla a nessuno. L'allenatore ha sempre molte responsabilità, non solo quelle legate ai giocatori».
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