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Arezzo, in 24 pagine spiegato l'ergastolo per il femminicidio di compagna e suocera davanti ai figli

L'omicida di Sara e Brunetta L'omicida di Sara e Brunetta

Ergastolo a Jawad Hicham per il duplice femminicidio di compagna e suocera, in 24 pagine le motivazioni della sentenza della Corte d'Assise di Arezzo del dicembre 2023. "Non ha avuto pietà, non merita attenuanti" scrive il presidente Annamaria Loprete.
La notte di sangue in via Benedetto Varchi fu quella del 13 aprile 2023. L'uomo, 39 anni, che da 19 conviveva con Sara Ruschi, è in carcere a Prato. La difesa farà appello. Con il coltello da cucina sferrò 23 colpi alla madre dei suoi figli di 17 e 2 anni, ed eliminò la suocera Brunetta Ridolfi con tre fendenti: la donna in quel periodo stava con Sara per aiutarla con i figli e in una fase delicata: Sara aveva deciso di lasciare Jawad.
Quella "decisione irretrattabile" di Sara, scrive il giudice, fu alla base dell'iniziativa criminosa di Jawad.
La "gravitò" e "cattiveria" dell'omicida sta nell'aver soppresso la donna senza trattenersi anche se lei disperatamente cercava di difendersi. E per di più la accoltellò mentre era sul letto con accanto la figlioletta. Neppure questo lo trattenne. E ancora con spietatezza uccise Brunetta che era intervenuta a proteggere Sara. Aveva già picchiato la compagna in precedenza: andò oltre.
La "collera" e la "perdita del controllo dei freni inibitori" scattarono dopo un messaggio sul cellulare - i due si scrivevano da una stanza all'altra, lui in sala sul divano - nel quale Sara gli confermava che la loro relazione era finita. Prima lui manifestò l'idea di togliersi la vita e lei lo esortò ad andare avanti per il bene dei figli.
Poi i messaggi degenerano. Lui, geloso dell'amico conosciuto in chat da Sara, la offende pesantemente e riceve a sua volta offese, in particolare sulla sua virilità. Per il giudice non una provocazione, ma la reazione ad una precedente offesa.
Ma Jawad a quel punto si alza e prende la lama poi fa la strage. Il figlio chiama il 118 e l'omicida il 112. Si fa arrestare in strada dalla polizia. E' l'una di notte del 13 aprile, fuori da porta San Lorentino.
Il presidente della corte spiega perché giudici togati e popolari hanno rigettato la richiesta di perizia psichiatrica. Era consapevole, si sente anche dalla telefonata: "Ho commesso un reato enorme correte veloce veloce". Nelle motivazioni si dice: "nessun segno di psicopatologie e disturbo neurologico". L'atteggiamento definito nei verbali di arresto "delirante" sarebbe in realtà una reazione tipica post delitto: con la testa sbatteva nell'auto dei poliziotti e si fece un taglio.
Jawad e Sara erano al capolinea ma secondo la corte ancora esisteva un contesto di convivenza stabile, familiare, per contestare la forma di reato aggravata (che non ammette rito abbreviato e sconti). Per la difesa invece il rapporto si era esaurito. Il presidente Loprete spiega che Sara aveva concesso a Jawad di rimanere il tempo necessario a stabilizzarsi, trovare lavoro, mettersi in regola con il permesso di soggiorno. Le aveva offerto di nuovo di stare sotto lo stesso tetto, con i loro figli. Quella era ancora la sua casa. E lui fu agevolato da questo per commettere il duplice omicidio.
"Ha visto la madre sottoposta a feroce violenza", scrive il giudice in un passaggio riferendosi al figlio della coppia, che si prese cura della sorellina. Che teneva in braccio quando arrivarono i poliziotti.
Il 39enne dunque non accettava la nuova situazione, la prospettiva, era geloso, controllava Sara e quel messaggio sulla scarsa virilità contribuì a generare il mix alla base dell'azione criminosa d'impeto. Per i giudici aretini il 39enne marocchino merita l'ergastolo. La difesa punterà almeno ad ottenere le attenuanti generiche in un processo di appello.