Il caso
Francesca Menabuoni, ad di Nuove Acque
L’acqua di Arezzo non è inquinata. Il gestore Nuove Acque l’ha detto, spiegato e ribadito in diverse circostanze dopo l’ormai stranoto dossier diramato da Greenpeace in cui veniva evidenziato un elevato valore di Pfas in base ad un prelievo. Così come l’ha sottolineato l’assessore all’ambiente del Comune, Marco Sacchetti, che il giorno stesso dell’ufficializzazione del documento dell’associazione ambientalista, ha diramato una nota in cui ribadiva a chiare lettere l’elevata qualità dell’acqua aretina. Ma non è finita qui. Per giovedì 30 gennaio è stata convocata una conferenza stampa nella Sala Rosa di Palazzo Comunale. Saranno presentati i risultati degli ultimi controlli sulla qualità. È annunciata la presenza dello stesso Sacchetti, di Francesca Menabuoni, amministratore delegato di Nuove Acque, e del direttore operativo della società, Omar Milighetti. È facile immaginare che mostreranno una lunga serie di prelievi e relative analisi con risultati ben diversi rispetto a quello del dossier Greenpeace che ha provocato una bruciante polemica e messo a dura prova la fiducia degli utenti.
Intanto sulla vicenda interviene anche Legambiente con un comunicato. Il Circolo di Arezzo assume una “posizione improntata alla cautela e si affida alle analisi e alle valutazioni provenienti da enti competenti, Usl e Arpat in primis”. “L’indagine di Greenpeace - si legge nella nota - risale a ottobre-novembre 2024. I risultati, comunicati a Regione Toscana, Comune di Arezzo e Asl, hanno portato a una campagna di monitoraggio straordinario da parte del gestore Nuove Acque i cui risultati sui campionamenti effettuati a novembre hanno rilevato concentrazioni di Pfas inferiori ai limiti di quantificazione. Pur essendo un dato rassicurante, riteniamo opportuno proseguire con approfondimenti costanti. La principale fonte di approvvigionamento, l’invaso di Montedoglio, garantisce inoltre elevata qualità, sebbene rimanga necessaria l’attenzione a eventuali contaminazioni lungo il percorso o nei depositi”.
“Va ricordato - aggiunge Legambiente - che il limite specifico per i Pfas (100 ng/L) entrerà in vigore nel gennaio 2026, per consentire ai laboratori di attrezzarsi con le strumentazioni necessarie. Nel frattempo la direttiva europea potrebbe introdurre limiti ancora più restrittivi, misura che Legambiente sostiene in nome del principio di precauzione e delle evidenze scientifiche più recenti. Non condividiamo la diffusione di notizie allarmistiche da parte di alcuni media, che rischiano di creare confusione tra i cittadini. È fondamentale preservare la fiducia nell’acqua potabile del rubinetto che è controllata costantemente”.
Posizione chiara e condivisibile, tranne l’aspetto sull’allarmismo: il dossier non è stato certo realizzato né diffuso dai media, ma da Greenpeace e su queste colonne fin dal primo giorno abbiamo sollevato dubbi e perplessità sul documento.
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