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L'incidente

Assolto l'automobilista che centrò Helenia morta nello schianto. Il colpo di sonno, l'Osas, la velocità. Famiglia della vittima delusa

Alessandro Cherubini

22 Settembre 2025, 19:18

Helenia Rapini

Helenia Rapini e l'incidente

Assolto anche in appello a Firenze l’automobilista aretino che il 6 novembre 2019 a Ristradella (Arezzo) si addormentò al volante dell'auto che stava guidando e che, sfuggita al controllo, centrò frontalmente la macchina condotta da Helenia Rapini, morta sul colpo. La ragazza aveva 29 anni e non poté evitare la collisione. Era volontaria Enpa. Nello schianto perse la vita anche il cane che era a bordo.

La corte fiorentina ha escluso la responsabilità di M.C. (oggi 52enne) ed ha pronunciato la sentenza sulla base della perizia che ha escluso l'omicidio stradale, in linea con quanto stabilito dal giudice di Arezzo. L'automobilista in quel preciso momento era incapace di intendere e di volere, quindi non punibile, a causa della sindrome Osas, disturbo delle vie aeree, di cui non sapeva di soffrire e che provocò in lui il torpore imprevedibile e impossibile da evitare. Non avrebbe dunque avuto la percezione di ciò che stava avvenendo.

Decisiva la relazione depositata nei giorni scorsi (eseguita dal professor Guido Monnaioni, direttore Uoc Tossicologia Università di Firenze, e dal dottor Brunero Begliomini, specialista in medicina legale e in anatomia patologixa) e anticipata dal Corriere di Arezzo nei giorni scorsi, che ha escluso una causa, o concausa, del colpo di sonno legata al farmaco (delorazepam) che in quel periodo assumeva M.C., un ansiolitico. Secondo gli esperti incaricati dalla corte, era stato assunto almeno tre giorni prima e in una dose tale da non poter generare quel tipo di effetto, riconducibile invece all’Osas. Tracce di delorazepam erano state riscontrate nel sangue dell'uomo e su spinta della famiglia la procura aveva chiesto di rivalutare il giudizio di primo grado. La sentenza lascia l'amaro in bocca ai familiari di Helenia.

"Anche il pubblico ministero - afferma l'avvocato dei Rapini, Francesco Valli - ha contestato ai periti di non avere competenze in pneumologia per cui il loro elaborato non poteva affermare con certezza che il colpo di sonno fosse stato causato dall’Osas, malattia che l’imputato avrebbe scoperto solo a distanza di 10 mesi dall’incidente mortale."
Nonostante la posizione della procura generale, la Corte ha confermato la sentenza del Gip di Arezzo che aveva assolto l’imputato - difeso dagli avvocati David Scarabicchi e Giulia Brogi - perché il fatto non costituisce reato. In quanto, appunto, commesso da persona incapace di intendere e volere al momento dell'incidente.

La famiglia di Helenia Rapini esprime profonda delusione per l’esito dell’appello ed in particolare per le conclusioni della nuova perizia. Tramite il proprio avvocato Francesco Valli aveva infatti depositato delle memorie e una perizia redatta dal Prof. Todisco, pneumologo di fama internazionale, secondo cui l’incidente non fu causato da un improvviso ed imprevedibile colpo di sonno patologico, ma dalla consapevole e volontaria assunzione di un farmaco ad azione sedativa. "Tale perizia - riporta una nota della famiglia - non è stata purtroppo presa in considerazione nonostante che i periti nominati dalla Corte, come evidenziato anche dal Procuratore Generale, non avessero competenze specifiche in pneumologia, circostanza che avrebbe potuto incidere in maniera determinante sull’analisi del caso."

La famiglia e il legale rilevano inoltre che "la nuova perizia si limita a riprodurre la cartella clinica del ricovero del M.C. senza tuttavia dare rilievo alla lettera di dimissione, nella quale non compare alcun riferimento a una diagnosi di Osas, che sarebbe stata guarda caso scoperta dall’imputato 10 mesi più tardi".

La famiglia contesta anche l’affermazione dei periti secondo cui il Delorazepam sarebbe solo un ansiolitico e non un sonnifero, quando invece la stessa scheda tecnica del farmaco ne indicherebbe chiaramente l’uso anche per il trattamento dei disturbi del sonno, compresa l’insonnia.

"Se davvero l’imputato soffre di Osas, come ribadito anche dal Procuratore Generale, non avrebbe dovuto mettersi alla guidaassumere farmaci che hanno un effetto sedativo. L'uomo pertanto non dovrebbe essere considerato idoneo a condurre un veicolo e dovrebbe essergli ritirata definitivamente la patente così da non mettere in pericolo la vita altrui".

La nota diffusa dai Rapini dice ancora: "A causa della tardiva nomina difensiva nel corso del primo grado la famiglia Rapini non ha potuto purtroppo costituirsi parte civile, così da poter partecipare direttamente alle operazioni peritali con un proprio consulente; ciò ha ulteriormente limitato la possibilità di far valere le proprie argomentazioni e la perizia depositata".

Ma non è tutto. "La Corte di Appello non ha preso in considerazione la velocità tenuta dall'automobilista al momento dell’impatto che superava di almeno 20 km/h il limite imposto dalla segnaletica verticale (50 ndr) e non era affatto commisurata alle condizioni della strada che all’epoca presentava diverse buche e avvallamenti".

La famiglia di Helenia, pur profondamente amareggiata dall’esito del giudizio fa sapere di attendere adesso il deposito delle motivazioni della sentenza della Corte di Appello, riservandosi di presentare un’istanza al Procuratore Generale affinché impugni la decisione in Cassazione "nella speranza che venga finalmente riconosciuta la verità e sia resa giustizia a Helenia".

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