Venerdì 24 Ottobre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

Arezzo

Così Squarcialupi salvò e rilanciò Unoaerre. Quel discorso ai lavoratori da nuovo proprietario dell'azienda orafa

Luca Serafini

23 Ottobre 2025, 11:02

Sergio Squarcialupi

Sergio Squarcialupi

Era l’estate 2010 e Unoaerre stava lentamente colando a picco. Un Titanic dorato. Difficoltà di mercato e scelte errate da parte del fondo di investimento che nel 1999 rilevò l’azienda, avevano infilato il colosso in un tunnel. Lo slancio della famiglia Zucchi, che riprese le redini, fu generoso, ma non bastava. Servivano decine di milioni per riparare lo sbilancio e una guida salda, sicura, illuminata, per farla riemergere. Nel silenzio generale fu il Corriere di Arezzo a intercettare e a pubblicare la notizia prima di Ferragosto. Era in corso un’operazione delicatissima e riservatissima per salvare la madre di tutte le ditte orafe di Arezzo conosciuta nel mondo intero. L’advisor aveva indicato l’interlocutore ideale per rigenerare l’azienda: Sergio Squarcialupi, il proprietario di Chimet.

Un figlio di Unoaerre. Legame di cuore, il suo, viscerale. In Unoaerre era entrato nel 1963 da giovane chimico, brillante e intraprendente aveva scalato la piramide aziendale fino ai vertici, per dedicarsi poi a Chimet, gigante del recupero di oro e di metalli preziosi dagli scarti di lavorazione e dai rifiuti. Un impero fondato nel 1974 come costola di Unoaerre, poi realtà a sé stante. Le origini non si dimenticano e Squarcialupi rispose presente: in quel momento drammatico serviva lui, solo lui, per il varo e la conduzione di una “newco” (Unoaerre Industries) società nuova e senza il fardello dei debiti accumulati da Unoaerre Italia spa, in liquidazione. Un’operazione economica e giuridica senza precedenti, per far risorgere la ditta conosciuta in tutto il mondo, detentrice del primo punzone, 1AR, nato dai laboriosi e geniali padri fondatori Leopoldo Gori e Carlo Zucchi, seguiti dai figli Vittorio e Antonio.

Non c’era tempo da perdere in quell’estate 2010 e Squarcialupi non si tirò indietro accettando il ruolo di amministratore delegato. Se dopo la pausa delle ferie l’azienda si fosse ripresentata senza una nuova compagine, senza risanamento, senza piano di rilancio, senza garanzie verso le banche, sarebbero stati guai seri per i dipendenti e per l’economia aretina. Il fallimento. I liquidatori nominati dal tribunale, Gino Faralli, Alessandro Benocci e Luciano Bertolini, coltivarono con competenza l’idea, caldeggiata dalle banche socie, di una staffetta tra Squarcialupi e la famiglia Zucchi, che deteneva il 51% delle azioni. Giornate convulse. In bilico c’erano 385 addetti diretti e tutto un indotto, oltre alla stessa immagine di Arezzo in gioco.

L’effetto Squarcialupi si sentì subito: entusiasmo e riorganizzazione. Perfino il trasferimento dalla sede di via Fiorentina a quella di San Zeno. Tutto seguendo i binari di un concordato innovativo finalizzato a liquidare i debiti e garantire continuità. Ci volle tempo, ma l’iter arrivò a compimento nel 2012 con Sergio Squarcialupi divenuto da manager a proprietario a tutti gli effetti attraverso l’aggiudicazione di Unoaerre.

Il Corriere di Arezzo c’era, quel pomeriggio nella mensa aziendale di Unoaerre, quando la lunga attesa si sciolse con un applauso infinito dei lavoratori. Un momento storico. I concorrenti americani di Warren Buffett avevano rinunciato: Unoaerre passata a Osea di Squarcialupi, che aveva scelto il nome biblico del successore di Mosè. Standing ovation in fabbrica. “Grazie a voi. E’ tutto merito vostro”, disse lui all’assemblea.

Tute blu con le maniche arrocciate, operai e operaie, impiegati, dirigenti. Tutti lì davanti, ben consapevoli che il peggio era passato, ma che adesso si doveva invertire la rotta: “Ora c’è da fare il più: dobbiamo guadagnare, vanno azzerati i debiti. Dobbiamo rimettere dentro i vostri colleghi che sono in cassa integrazione. E come rientrano? Se c’è il lavoro”. L’orgoglio di una appartenenza: “Noi siamo Unoaerre, ricordatevelo. E i nostri prodotti devono essere il meglio. Con tutte le ‘stimmate’, come Dio comanda”.

Schietto, diretto, ruvido quanto efficace. Fu un discorso da brivido: “Non è più come una volta, il mercato è difficile, lo sapete bene. E chi ordina vuole il prodotto subito. Dobbiamo accontentarli. Ma dalla nostra adesso abbiamo di nuovo un valore infinito: la credibilità”. Grande motivatore: “Sì, ora c’è Squarcialupi, ma Squarcialupi è pichìno, non è neanche un granché... Voi fate le differenza!”. La china veniva già risalita: “Quest’anno abbiamo chiuso con soli 2,6 milioni di perdita. Prima erano 20. Bene, il prossimo anno proviamo a farne 20 di guadagno...” La carica. “Metteteci tutto. Lo stomaco, i muscoli, il cuore. Dobbiamo aumentare l’efficienza e diminuire la burocrazia”. L’anno prossimo Unoaerre (110 milioni di fatturato) compie 100 anni. Una storia che sfida il tempo. La sorte non è stata tenera con Sergio Squarcialupi, poi frenato da motivi di salute, ma i figli Maria Cristina e Andrea, l’ad Luca Benvenuti, i manager, le maestranze di Unoaerre e Chimet, lavorano nella sua scia dorata.

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie