Arezzo
Francesco Romizi
Per il centrosinistra di Arezzo proteso verso la riconquista di Palazzo Cavallo perso dieci anni fa, inizia una settimana forse cruciale. In agenda la riunione del campo largo sul profilo del candidato sindaco e in arrivo il sondaggio che misura l'appeal sugli aretini di quattro nomi: Vincenzo Ceccarelli, espressione del Pd, Stefano Tenti, protagonista della sanità privata che si è reso disponibile, ma anche Paolo Peruzzi, figura di spicco del mondo cooperativistico e Marco Donati, civico esterno, ma ex Pd col quale c'è una interlocuzione, benché su di lui anche il centrodestra faccia un pensierino.
Francesco Romizi, 39 anni, consigliere comunale di Arezzo 2020, interprete dei settori di sinistra dell'alleanza, siede al tavolo con un bagaglio di esperienza e una dote di consensi di un certo rilievo.
- Romizi, cantiere ancora alle fondamenta. Che fase è?
Una fase decisiva, entro fine anno troveremo la quadra. Passate le elezioni regionali, che hanno dato un segnale, stiamo lavorando per il programma e per l'individuazione della candidata o candidato sindaco. Una valutazione che si fa insieme, scegliendo la figura migliore.
- Quanto incide Avs (Alleanza Verdi Sinistra)?
Alle recenti elezioni, ad Arezzo, il risultato è intorno all'8 per cento, ma può essere anche più alto nelle amministrative, considerando il tema dell'alto astensionismo e del maggior coinvolgimento degli elettori quando si vota per il Comune. Per vincere, occorre comunque che la coalizione allarghi ancora il fronte. Questo è il mio obiettivo.
- In quale direzione? Verso l'area civica di Donati?
In ogni direzione. Sia nell'area moderata, le esperienze civiche non qualificabili solo come centro, ma direi anche in quella più radicale. A sinistra c'è da aprire un dialogo serio con quella parte che alle regionali ha votato per la candidata Bundu.
- Romizi non compare tra i potenziali candidati. Nonostante la lunga esperienza in consiglio comunale e anche in giunta ai tempi di Fanfani.
Ho svolto due legislature da consigliere di minoranza, all'opposizione dell'amministrazione del sindaco Ghinelli e legislatura come assessore, in precedenza. Io non mi sono auto proposto e questo non è il momento delle autocandidature. E' la coalizione che deve scegliere il candidato vincente. Una riflessione vera, in profondità, per prendere la guida del Comune e cambiare molte politiche fin qui realizzate dalla destra. Il mio impegno, il contributo che posso dare, rientra nelle determinazioni della coalizione. Sono a disposizione, come sempre, ma non mi autocandido.
- C'è un sondaggio in arrivo.
Più opportuno a mio parere sarebbe un sondaggio sul profilo di sindaco che gli aretini chiedono, anziché sui nomi. A stretto giro, comunque, saremo al tavolo della coalizione per discutere. Una fase da affrontare in modo lucido, ma anche rapido.
- In cosa deve cambiare Arezzo, secondo lei, come guida amministrativa?
Prima di tutto è necessario avere una amministrazione presente. La disaffezione parte anche dal fatto che i cittadini avvertono il palazzo come poco presente, distante. Un sindaco, chi amministra, deve essere fisicamente tra la gente, ad ascoltarla, dentro alle dinamiche della città.
- E questa è la premessa.
Poi è evidente che Arezzo va ripensata e pianificata come una città europea, di ampio respiro. Gli interventi spot, sconnessi tra loro, non incidono. Penso ad uno scatto in avanti, come identità, sui tema della green economy, sulla mobilità dolce, con meno traffico, penso ad una visione decennale della città rivolta verso il futuro. Abbiamo idee, progetti. E la gestione delle politiche sociali e culturali va tolta alle fondazioni, che si sono rivelate non in grado di dare ad Arezzo il livello che si merita, penso al sociale e quindi agli anziani, ai disabili, ai bambini. E agli eventi.
- Ma c'è una Città del Natale che pone Arezzo al centro delle mete nazionali?
Credo che serva una proposta culturale ben più ambiziosa che non si limiti al turismo commerciale.
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