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La tragedia

Gaza, la strage dei bambini. Dopo le bombe, la fame e la sete, l'ondata di caldo killer. Foto drammatiche

Giuseppe Silvestri

03 Luglio 2025, 16:44

Striscia di Gaza

Rida Abu Hadayed rinfresca con l'acqua la figlia di 2 anni Azhar in un campo per sfollati a Khan Younis, nella Striscia di Gaza (AP Photo/Abdel Kareem Hana - Associated Press/LaPresse)

Ci sono guerre che si combattono sui fronti. E poi ci sono guerre che si abbattono sulle culle. Senza alcuna pietà. A Gaza, nel silenzio sordo del mondo, va in scena da mesi una delle più grandi tragedie umanitarie del nostro tempo: la strage dei bambini. Una strage che non ha l’imprevedibilità di un terremoto, né la cieca furia di un uragano. Ha nomi e cognomi, calcoli politici, logiche militari, silenzi compiaciuti. Ma soprattutto ha vittime precise: piccole, fragili, affamate, assetate. Morti di bomba, morti di sete, morti di caldo. Morti di mondo.


Rida Abu Hadayed rinfresca la figlia Azhar (AP Photo/Abdel Kareem Hana - Associated Press/LaPresse)

Dall’inizio dell’offensiva israeliana su Gaza, il 7 ottobre 2023, più di 56.000 persone hanno perso la vita. Quasi la metà erano donne e bambini. Solo tra i bambini si contano oltre 15.000 morti: un’intera generazione fatta a pezzi. Ma sono numeri che non compaiono troppo spesso nei titoli dei telegiornali, perché sono scomodi, ripetitivi, quasi "fastidiosi" nella loro insistenza sulla sofferenza. Eppure dietro ogni numero c’è un volto, una storia, un disegno lasciato a metà. Come se le bombe non bastassero, è la fame a uccidere i piccoli. È la sete a spegnere i loro occhi. Ed ora è anche il caldo feroce a bruciare le loro notti. A maggio 2025, più di 5.000 bambini sono stati soccorsi per malnutrizione acuta. Il latte è un sogno, il pane un miraggio. Madri che danno ai neonati acqua zuccherata fatta con l’acqua del mare, o quella piovana raccolta in taniche sporche. L’accesso all’acqua potabile è sotto la soglia di sopravvivenza: meno di un litro al giorno per persona.


Issam Abu Hadayed, 28 anni, cerca di rinfrescare la sua bambina di 5 mesi, Amira, con un piatto di plastica (AP Photo/Abdel Kareem Hana Associated Press/LaPresse)

In aprile è arrivata la prima ondata di calore estremo che ha travolto la Striscia. In tende montate su asfalto, coperte da teli di plastica nera, la temperatura interna ha superato i 50 gradi. Bimbi sono morti per colpi di calore. Le madri cercavano di rinfrescarli bagnando le lenzuola, ma l’acqua evaporava in pochi minuti. La sabbia bolliva sotto i piedi nudi. “Mia figlia tremava, il suo corpo era rovente, non avevo dove portarla,” ha raccontato una madre. Ora la situazione è anche peggiorata. Le agenzie sono piene di foto di bambini che soffrono le condizioni climatiche e faticano a vivere. Non piccoli che corrono, giocano e sorridono, come si dovrebbe nei primi anni di età, ma che combattono per vivere contro bombe, fame, sete e un caldo folle. Questa è guerra?


Bambini palestinesi sfollati a causa dell'offensiva aerea e terrestre israeliana sulla Striscia di Gaza, in un'area di un campo tendato improvvisato a Khan Younis (AP Photo/Abdel Kareem Hana) Associated Press/LaPresse

Yaqeen Hammad aveva 11 anni. Una bimba solare, allegra, che faceva video per TikTok parlando di fiori e speranza. È stata uccisa mentre annaffiava piante nel campo profughi di Nuseirat. Un missile ha spazzato via lei, la nonna, il fratellino. Rimane una fotografia: lei che sorride, in piedi accanto a una rosa gialla. Adam era il figlio di Alaa al-Najjar. La dottoressa Alaa ha perso il marito e nove figli su dieci in un solo attacco. Una famiglia cancellata in un attimo, mentre cercava rifugio in una scuola Onu. “Pensavo che una scuola fosse un posto sicuro,” ha detto il medico. Adam è ora in Italia, per cure all'altezza e forse un futuro che sarà comunque pieno di dolore e di fantasmi. I bambini della scuola Fahmi al-Jarjawi dormivano nei corridoi, stipati tra banchi e materassini. Un solo razzo ha distrutto l’edificio. Sono morti in diciotto, nel sonno. Avevano trovato riparo lì perché le loro case erano già state distrutte. La scuola era il loro ultimo rifugio. Sono solo tre storie delle tante. Storie di distruzione, morte, infamia. 

Ciò che sta accadendo a Gaza non è un effetto collaterale. È una strategia deliberata che colpisce i più deboli: donne, vecchi, bambini. Non ci sono vie di fuga. Non ci sono più ospedali. Non ci sono più giochi, scuole, risate. E' una guerra contro la vita stessa. L’uso del caldo, della fame, dell’assedio totale non è un danno collaterale: è un crimine. Il Diritto Internazionale Umanitario proibisce gli attacchi indiscriminati. Proibisce l’uso della fame come arma. Eppure, il mondo tace. Le diplomazie balbettano. I grandi leader parlano di diritto all’autodifesa con la stessa freddezza con cui si archiviano pratiche burocratiche. A Gaza non si muore solo di guerra. Si muore di abbandono. I bambini che piangono al sole, le madri che non hanno latte, i padri che scavano tra le macerie con le mani nude: sono il volto che il mondo ha scelto di non guardare. Un genocidio in diretta, dove l’unico rumore forte è quello delle bombe, e non quello della coscienza.

(Fonti principali The Guardian, Al Jazeera, Financial Times, UNICEF, AP News, The New Arab, AA.com.tr)

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