Sabato 06 Settembre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

Arezzo

Impiegati morti per l'argon all'Archivio di Stato, arriva la sentenza. La difesa del direttore: "Più dubbi che certezze"

Luca Serafini

18 Aprile 2025, 07:36

Avvocato De Fraja

L'avvocato De Fraja e la tragedia all'Archivio

Impiegati morti all'Archivio di Stato di Arezzo, si è chiusa l'istruttoria dibattimentale del processo lungo 33 udienze e per il 15 maggio è prevista la sentenza del giudice Margheri. Undici gli imputati, a vario titolo, per omicidio colposo. Una serie di omissioni, imperizie, negligenze ipotizzate dal pm Laura Taddei e che avrebbero determinato il decesso dei due dipendenti statali, Piero Bruni e Filippo Bagni, asfissiati dal gas fuoriuscito dall'impianto in dotazione al palazzo del centro storico per spegnere eventuali incendi. Era il settembre 2018 e ancora siamo qui in attesa di un primo pronunciamento penale. Il pm ha chiesto 10 condanne, la pena massima 2 anni.

L'avvocato Simone De Fraja, difensore del direttore dell'epoca dell'Archivio di Stato, sintetizza così, dal suo punto di osservazione, il dibattimento: "Un processo iniziato cinque anni fa con audizioni testimoniali lunghe e complesse: personale dell’archivio di Stato, ingegneri, e funzionari dell’Amministratzione dei Beni Archvisitici di alto livello che hanno esposto le loro versioni durante l’esame incrociato condotto dalla Pm Laura Taddei e dai difensori delle numerose parti indagate. Due direttori che si sono susseguiti, manutentori degli impianti antincendio e della parte elettronica che gestiva le bombole, una Ditta imposta dallo Stato a cui era affidata la materia della sicurezza: leggi che si accavallano in un dedalo tra diritto penale e amministrativo."

De Fraja, dal suo punto di vista, commenta: "Più interrogativi che risposte certe alla fine dell’istruttoria."

Il legale prosegue: "Sembra che il nodo alla fine sia il progetto e la realizzazione dell’impianto di spegnimento di base, un lungo iter proseguito a piccoli balzi e scarsa attenzione alla salute del personale: il progettista, il Ministero Garante e Datore di Lavoro dei suoi sottoposti, non compaiono nella lista, lista più volte modificata dalla Procura. Alcuni indagati sono stati prosciolti poiché la loro opera risaliva nel tempo. Nelle arringhe conclusive ci si è posto il problema se i periti della Procura abbiano o meno diligentemente svolto il proprio compito isolando “la scena del crimine” visto che le operazioni peritali sono iniziate ben quattro mesi dopo la tragedia. E nel frattempo?"

Come finirà il processo per una vicenda terribile, assurda, senza precedenti e per la quale le famiglie degli impiegati morti chiedono verità e giustizia?

"La scrivania del Giudicante è colma di enormi faldoni, perizie e memorie per acclarare la verità, quella verità processuale che però risulta dalle carte e soprattutto a distanza di anni dalla morte dei due lavoratori", dice l'avvocato Simlone De Fraja. "La formazione della squadra degli addetti alla sicurezza dell’Archivio, così come il documento della valutazione del rischio, doveva essere redatta dalla ditta che aveva il compito di indicare esattamente le eventuali criticità: ma la ditta ha mai fatto i dovuti sopralluoghi e le eventuali prescrizioni come prescritto? E la valvola montata al contrario od il vetrino rotto, hanno o non hanno contributo al sinistro?"

"Alla base di tutto - è sempre il ragionamento dell'avvocato - c’era la convenzione Consip, che avocava a sé tutta la materia della sicurezza, tra il Ministero ed il Segretariato Generale, voluta dunque a livello ministeriale al fine di una migliore gestione delle strutture archivistiche: dunque tutta la materia della sicurezza era finita, per gara pubblica, in mano alla ditta incaricata e dei suoi operatori. Tutto ciò attende una valutazione del Giudice."

La domanda delle domande: "Come mai il gas argon, di cui alcuno aveva contezza della sua pericolosità, è uscito dove non doveva uscire e senza che ci fosse un incendio in atto?" Secondo il difensore del direttore dell'Archivio, dal lungo processo non sarebbero emerse risposte univoche e convincenti. "Forse, alla fine più domande che risposte a cui il Giudice Margheri dovrà trovare riscontri non facili per una sentenza equilibrata dinanzi alla morte di due validi operatori dell’Archivio di Stato in cui i dipendenti del Ministero, una manciata di persone, “erano come una famiglia”, come più volte hanno ricordato i direttori".

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie