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Arezzo

Orafo rapinato con lo spray urticante: inchiesta chiusa, verso il processo in 12 accusati per il colpo da 600 mila euro e altro

Luca Serafini

24 Luglio 2025, 06:50

operazione gold strike

La conferenza stampa di febbraio dopo gli arresti

Sono in 12, più di una squadra di calcio. Tutti convocati davanti al giudice delle indagini preliminari di Arezzo, Claudio Lara, per rispondere di rapina aggravata e di altri reati satellite.

E' il gruppo accusato per l'assalto con lo spray al peperoncino alla Italiana Horo di Badia al Pino il 28 giugno 2024: una verga d'oro sottratta all'imprenditore Ugo Gronchi, affrontato dai malviventi nel piazzale della ditta. Valore 600 mila euro. Dietro a quell'episodio, è emerso, c'era un dipendente infedele e una banda di aretini e campani.

Il prossimo 11 settembre è in programma in tribunale l'udienza preliminare dal Gup per tutti gli indagati, che sono stati scoperti dai carabinieri di Arezzo (operazione Gold Strike) e ai quali viene anche attribuito il tentato assalto alla gioielleria di Mauro Grotti in via Spinello ad Arezzo. In quel caso il ricco colpo sfumò.

Tra i 12 accusati figura il dipendente della Italiana Horo, 32 anni, origini rumene, residente ad Arezzo, che collaborò con la banda per organizzare la rapina al suo titolare. Fornì ai malviventi informazioni e supporto logistico. E' difeso dagli avvocati Tiberio Baroni ed Eugenio Baroni. Il giovane ha formulato le sue scuse all'ex datore di lavoro. Secondo le indagini, sempre lui avrebbe sottratto dall'azienda alcuni grammi di oro, mentre della verga della rapina non ha ricevuto neanche una parte dai complici.

Il vizio del gioco lo avrebbe portato a delinquere. Si trova agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, come altri imputati, e chiede al giudice Claudio Lara che sia annullata la misura perché ha una nuova opportunità di lavoro per ricominciare.

Il giorno della rapina Gronchi e il dipendente erano usciti sul piazzale della Italiana Horo con la verga dalla ditta, che venne posata nell'auto, una Mercedes, dell'imprenditore. All'improvviso piombò nel piazzale un motorino Piaggio Beverly con due persone in sella col volto coperto dal casco. Uno prese il borsone con la verga, l'altro spruzzò la sostanza urticante sul viso dell'orafo.

I carabinieri a fronte di una brillante indagine hanno ricostruito tutto ciò che c'era a monte del blitz: individuati gli ideatore e organizzatori del colpo, gli esecutori, la filiera della ricettazione, basista e talpa, fiancheggiatori che avevano messo a disposizione magazzini e mezzi.

Il 23 settembre lo stesso nucleo fu intercettato in via Spinello con tutto l'occorrente per la rapina al gioielliere. E dalle indagini sono pure venuti fuori altri due bersagli: un negozio a Firenze in zona Ponte Vecchio, un'attività in via Bologna ad Arezzo e un'altra a Monte San Savino.

Un ulteriore personaggio, il tredicesimo, è coinvolto nella stessa inchiesta, ma per motivi tecnici giuridici si procede per lui separatamente. Un altro ancora, invece, non si è mai individuato né rintracciato.

Oltre all'operaio fedifrago, gli altri undici accusati sono un campano del 1974, residente ad Arezzo e difeso dagli avvocati Andrea Santini e Carmina Pacale; un uomo del 1972, di Napoli, difeso dagli avvocati Antonio Cesarano e Andrea Santini; un napoletano del 1973, difeso dall'avvocato Antonio Cesarano; un napoletano del 1997 difeso dall'avvocato Alfonso Piscino; un aretino di classe 1970 difeso dagli avvocati Marco Bufalini e Alessandro Betti; un aretino del 1959 difeso dall'avvocato Alessandro Betti; un napoletano classe 1968 difeso dall'avvocato Gennaro Toscano; un uomo classe 1957 di San Casciano, difeso dall'avvocato Gianluca Felciai; una giovane del 2003 difesa dall'avvocato Alfonso Piscino, un uomo del 1983 di origini albanesi difeso dall'avvocato Alessandro Mori e un altro napoletano del 1981 difeso dall'avvocato Alessandro Cassandra. Posizioni diversificate, reati ipotizzati che variano di caso in caso.

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