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Il caso della ruspa

Uccise il vicino di casa, il prete testimone in aula: "Fu costretto. Non sono né fascista né comunista"

Alessandro Cherubini

30 Settembre 2025, 14:30

Mugnai, a sin, e don Natale

Mugnai, a sinistra, e don Natale, a destra

"Non sono né fascista né comunista, ma per la verità e la giustizia. Sandro Mugnai è stato costretto a sparare, trovandosi di fronte ad una ingiusta aggressione. Uno mostro meccanico che lo attaccava".

Nuove dichiarazioni di don Natale Gabrielli a margine del processo in corte d'assise ad Arezzo. Il parroco di San Polo ribadisce la sua posizione sulla vicenda. Nei giorni scorsi ha partecipato alla fiaccolata organizzata per Mugnai.

Aula di tribunale di nuovo piena oggi, martedì 30 settembre, ad Arezzo per il processo a Sandro Mugnai, artigiano 54enne accusato di omicidio volontario per la morte di Gezim Dodoli, il vicino colpito a fucilate il 5 gennaio 2023 mentre, alla guida di una ruspa, stava distruggendo la sua casa a San Polo, lo stesso paese in cui Mugnai vive con la famiglia.

La legittima difesa, anche nella forma dell’eccesso colposo, è stata esclusa dal gip Claudio Lara, che ha rigettato l’istanza e rinviato gli atti in procura. A rappresentare l’imputato sono gli avvocati Marzia Lelli e Piero Melani Graverini. Tra i testimoni odierni c’era anche il parroco di San Polo, don Natale Luciana Gabrielli, ascoltato su richiesta della parte civile; le difese hanno rinunciato al suo controesame.

In aula il sacerdote ha riferito che la famiglia di Dodoli “non aveva un’assidua frequentazione della parrocchia”. Ha poi ricordato di aver visto, solo in occasioni sporadiche, in chiesa “Mattia, il figlio di Mugnai, con uno dei figli di Dodoli”. Le famiglie si frequentavano. Poi le ruggini, pare per futili motivi.

Nel paese, dove nel tempo si sono moltiplicate manifestazioni di solidarietà per l’artigiano con striscioni e iniziative alle quali ha preso parte anche il parroco, don Natale all’uscita dall’aula ha dichiarato: “Pietà umana per la vittima - ha detto Don Natale all’uscita dall’aula - ma qui si tratta di un’ingiusta aggressione. È una questione di verità e di giustizia. La politica non c'entra”.

Sulla dinamica dei fatti restano contrapposte le versioni. Secondo Mugnai, l’assalto con la ruspa fu una minaccia improvvisa, inattesa e ingiusta che mise in pericolo lui e i familiari riuniti per la cena: per questo avrebbe reagito impugnando la carabina da caccia al cinghiale, regolarmente detenuta, ed esplodendo alcuni colpi.

Dodoli morì nella cabina di guida del mezzo meccanico. Per l’accusa, invece, gli spari sarebbero iniziati quando la vittima era ancora impegnata a danneggiare le auto all’esterno, in un frangente in cui non sussisteva un reale pericolo di vita. Hanno deposto oggi anche i tre consulenti delle difese: l’ingegnere Emanuele Del Monte, autore di una relazione sui danni riportati dall’abitazione sotto i colpi della ruspa; il perito balistico Maurizio Boldrini; e la psichiatra Guendalina Rossi.

 

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