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Arezzo

Scavi archeologici nel cantiere ex Enel: sono i resti in legno del molo sul Castro. La prima ipotesi degli esperti. Parla la Soprintendenza

Luca Serafini

06 Novembre 2025, 23:33

Scavi archeologici nel cantiere ex Enel: sono i resti in legno del molo sul Castro. La prima ipotesi degli esperti. Parla la Soprintendenza

Dopo secoli di oblio, dal sottosuolo riaffiora il paleo alveo del Castro. Strutture in legno forse appartenenti a un molo o ad altre attività fluviali sono tornate alla luce nel cantiere di via Petrarca di Arezzo.

Di là dalla recinzione si scorgono persone chine sul terreno con arnesi e secchi in mano. Sono archeologi. Scavano, parlano fra di loro, osservano. L’antichissima e ancora enigmatica costruzione deve essere ancora datata (“tra I secolo avanti Cristo e Medioevo” dicono gli esperti) e ha fatto capolino nel corso dei lavori per tirare su il moderno edificio che sorgerà là dove c’era il palazzo ex Enel: garage interrati, negozi al piano stradale e sopra alcuni piani con alloggi di lusso. Fine prevista dell’opera: metà 2028.

I reperti archeologici apparsi nel grande cratere di via Petrarca sono dei pali conficcati nel terreno e altro materiale organico: legno. I due manufatti rettangolari, a forma di cisterna, in pietra, sono invece di epoca moderna: niente di interessante. C’è pure del ferro dentro e sono cementati.

Ma il paleo alveo del Castro, il torrente che scorre qui vicino, affascina e pone interrogativi.

“Gli archeologi stanno lavorando sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio”, dice la dottoressa Ada Salvi, funzionario archeologo. “L’area è controllata e tutelata da professionisti, il nostro lavoro è in corso e al momento possiamo dire che la struttura è collegabile all’antico corso d’acqua del Castro, che scorre qui vicino, tombato, e in passato aveva anche un sistema di canali connessi”.

Le attenzioni sono incentrate sui materiali organici (legno), che sono stati coperti con teli. “Sembrano simili a quelli trovati intorno al 2000 in zona Baldaccio, caserma dei carabinieri, piccole strutture connesse all’uso fluviale” aggiunge il funzionario. “I reperti devono essere ripuliti. C’è anche un tronco di albero portato probabilmente dalla corrente. Potrebbe trattarsi di opere di contenimento o appunto di un molo, un approdo.”

Ma non si escludono altre attività umane in zona: fornaci, mulini. Viene esclusa un’attribuzione al periodo etrusco. In base alla ceramica, la datazione al momento va dal I secolo a.C. ai primi secoli dopo il Mille. Le risposte certe le darà il radiocarbonio.

“Tutta la città di Arezzo è tutelata da vincoli e norme” spiega la dottoressa Ada Salvi. “I ritrovamenti non sono casuali né inattesi: tutto adesso si svolge sotto l’alta sorveglianza e la direzione scientifica della Soprintendenza per le province di Siena, Grosseto e Arezzo”. Per avere le risposte ai tanti dubbi e interrogativi che sorgono, c’è da aspettare. Intanto rispunta e incuriosisce un pezzo della Arezzo che fu.

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