Toscana
La piaga della violenza sulle donne
Nelle stanze silenziose dei pronto soccorso, nei colloqui sospesi dei centri antiviolenza, nelle case dove la paura è diventata un’abitudine, è stata scattata nel 2024 una delle fotografie più dure della violenza di genere in Toscana. Una fotografia che non lascia margini di interpretazione: 5.670 donne hanno chiesto aiuto ai 25 centri antiviolenza della regione. Mille e cento in più rispetto all’anno precedente. Un aumento che non è un dettaglio statistico: è la misura esatta di un dolore che si allarga. Il 17° rapporto sulla Violenza di genere in Toscana, presentato nell’ambito del festival La Toscana delle donne 2025, restituisce una realtà spietata. Nove femminicidi, quattro minori rimasti orfani, 2.701 accessi al pronto soccorso con codice rosa, quattrocento in più di un anno prima. E soprattutto una tendenza nuova, preoccupante: la violenza dilaga tra i giovanissimi e gli anziani, fasce d’età che un tempo restavano ai margini del fenomeno, oggi invece sempre più presenti nelle cronache e nelle segnalazioni.
Accanto ai numeri, c’è il peso umano di chi ha trovato il coraggio di chiedere aiuto. 3.533 donne, dopo il primo contatto, hanno avviato un percorso di uscita dalla violenza. Il 32% di loro è di origine non italiana, il 66% ha figli. Donne che spesso arrivano al centro come ultima spiaggia, dopo una vita trascorsa a proteggere tutti tranne se stesse. E in un fenomeno che continua a crescere, colpisce anche il dato sugli uomini: 1.155 autori di violenza hanno iniziato un percorso di ravvedimento. Il doppio rispetto al 2023. Un segnale importante, seppure ancora insufficiente a bilanciare la vastità del problema. “La Toscana è all’avanguardia sul tema delle pari opportunità”, ha affermato il presidente della Regione, Eugenio Giani, rimarcando come la rete capillare dei centri antiviolenza sia oggi il primo rifugio per molte donne. Ma la realtà impone un’assunzione di responsabilità che va oltre i confini regionali. “La violenza di genere è un fenomeno diffuso e grave, che richiede un supplemento di impegno da parte delle istituzioni”, ha aggiunto Giani. Il nodo, come sempre, resta culturale: servono strumenti, servizi, ma serve soprattutto una società capace di riconoscere e disinnescare gli stereotipi che ancora intrappolano le donne.
Violenza sulle donne, dati in drammatica crescita
Ancora più dirette le parole dell’assessora alle pari opportunità Cristina Manetti: “Nel 2024 solo in Toscana nove donne uccise, quattro minori orfani: una vera e propria mattanza che deve essere fermata”. Manetti lega le radici della violenza anche a quelle “piccole rinunce” che molte donne compiono per necessità o abitudine: il lavoro part-time non scelto ma imposto dalla maternità, la mancanza di un conto corrente personale, la dipendenza economica che diventa dipendenza emotiva. “È in quei gesti quotidiani che si annida una cultura che dobbiamo cambiare”, avverte.
Una cultura che oggi mostra la sua fragilità anche nelle generazioni più giovani. La presidente della Commissione pari opportunità del Consiglio regionale, Francesca Basanieri, parla di un fenomeno “in evoluzione, con sempre più casi tra giovanissimi, ma anche tra anziani e addirittura nella quarta età”. Da un lato l’urgenza di una educazione affettiva e sessuale seria, capace di insegnare rispetto e confini; dall’altro la solitudine di tanti anziani, terreno fertile per dinamiche di controllo e abuso. Il ruolo dei territori, avverte Lia Burgalassi, delegata di Anci Toscana, è decisivo: “La violenza cresce e il monitoraggio è fondamentale. I Comuni devono costruire reti di sostegno e promuovere interventi educativi soprattutto tra i giovani”. Il quadro che emerge dal rapporto è quindi duplice: da una parte una rete che funziona, che accoglie, che cresce; dall’altra una richiesta di aiuto che non accenna a diminuire, e anzi coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione. È la prova che la violenza di genere non è un’emergenza ma una condizione strutturale del presente. Una realtà che interroga tutti. E allora forse la domanda non è più “che cosa sta accadendo”, ma “che cosa siamo disposti a fare”. Perché ogni numero contenuto in quel rapporto ha un volto, una storia, una paura. E in troppe case, anche stasera, quella paura non è ancora finita.
*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy