Anni Ottanta
Le protagoniste di Occhi di gatto
Occhi di gatto, la vera storia del manga che conquistò l’Italia. All’inizio degli anni Ottanta, sulle pagine della rivista giapponese Weekly Shōnen Jump, apparve un manga destinato a lasciare il segno. Si chiamava Cat’s Eye, ma in Italia tutti lo avrebbero conosciuto come Occhi di gatto. A crearlo fu Tsukasa Hōjō, lo stesso autore che qualche anno più tardi avrebbe firmato City Hunter, un altro classico senza tempo. La trama era semplice e irresistibile: tre sorelle, Hitomi, Rui e Ai Kisugi, di giorno gestivano un bar, ma di notte diventavano ladre gentildonne. Non rubavano per arricchirsi, bensì per recuperare le opere del padre scomparso, un artista perseguitato e disperso negli anni della guerra. Una doppia vita che univa mistero e sentimento, arricchita da un dettaglio narrativo che teneva incollati i lettori: l’ispettore incaricato di catturarle, Toshio, era ignaro che la sua fidanzata fosse proprio una delle tre ladre.
Le tre sorelline di Occhi di Gatto
Il successo del manga fu tale che nel 1983 arrivò il cartone, prodotto dalla Tokyo Movie Shinsha. La serie andò avanti fino al 1985, per un totale di settantatré episodi e seppe conquistare un pubblico vastissimo grazie a uno stile brillante, colpi ingegnosi e una miscela equilibrata di azione e commedia. Rispetto al fumetto originale, l’anime alleggerì i toni drammatici, privilegiando l’umorismo e l’intreccio romantico tra la ladra e l’investigatore. In Italia Occhi di gatto arrivò nel 1985, trasmesso prima dalle reti locali e poi da Italia 1. Il doppiaggio, con i nomi dei personaggi adattati in Sheila, Kelly e Tati per le sorelle e Matthew per l’ispettore, contribuì a renderlo familiare e vicino agli spettatori. Le sigle cantate da Cristina D’Avena diventarono parte della memoria collettiva di una generazione, trasformando la serie in un piccolo fenomeno di costume.
Negli anni Ottanta e Novanta non era raro che i cartoni animati giapponesi venissero modificati per il pubblico europeo, e Occhi di gatto non fece eccezione. La versione italiana accentuò i toni comici e romantici, smussando quelli più cupi. Il risultato fu una serie capace di parlare a bambini e ragazzi, senza perdere il fascino della sua storia originale. A distanza di oltre quarant’anni, Cat’s Eye resta uno dei simboli della cosiddetta Golden Age dei manga. Le sue protagoniste hanno anticipato di decenni figure femminili forti e indipendenti, capaci di prendersi la scena in un genere allora dominato dagli eroi maschili. L’opera di Hōjō continua a essere ristampata, mentre nel 2023 è stato annunciato un nuovo adattamento animato.
Ma per chi è cresciuto in Italia negli anni Ottanta, Occhi di gatto rimane soprattutto un ricordo fatto di pomeriggi davanti alla televisione, di inseguimenti rocamboleschi e di un amore segreto che non smetteva mai di far sorridere. Un pezzo di infanzia che, ancora oggi, brilla come le luci della città notturna in cui le sorelle Kisugi correvano leggere, lasciando dietro di sé soltanto un biglietto con scritto: Occhi di gatto.
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