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Arezzo

Cala il lavoro nelle ditte orafe, i Ponti hanno attutito il problema: ricorso alla cassa integrazione

Luca Serafini

04 Maggio 2025, 00:10

Settore orafo

Settore orafo, segnali di difficoltà

I Ponti festivi tra Pasqua e inizio maggio hanno mascherato l’affanno del distretto orafo di Arezzo, che invece c’è e nel corso di questo mese potrebbe manifestarsi in modo più pronunciato. Secca frenata degli ordini, rallentamento produttivo, cassa integrazione. Sono questi gli effetti dello scombussolamento causato dallo spauracchio dazi, da un lato, e delle vertiginose oscillazioni dell’oro, dall’altro.

Luca Parrini, presidente della Consulta dei produttori orafi di Arezzo e della provincia, ci spiega nel concreto la fase attuale.

- Parrini, che succede?
Chi acquista dai produttori per poi rivendere non sa a quale prezzo potrà farlo e in queste condizioni non riesce a fare una adeguata programmazione. L’incertezza è il tratto distintivo di questo periodo, con effetti diretti per le aziende, che vanno in sofferenza per la riduzione di lavoro. C’è un diffuso calo di ordinativi.

- E’ per questo che molte ditte sono dovute ricorrere alla cassa integrazione nell’ultimo mese?
Certo. La contrazione produttiva in questi giorni non è risultata evidente, mimetizzata dalle feste, per il particolare momento caratterizzato dai ponti. Ma il timore è che si sentirà nelle prossime settimane. Speriamo sia solo una situazione passeggera. Intanto la cassa è il valido strumento che protegge i collaboratori delle imprese.

- Il quadro internazionale pesa molto sull’andamento economico del distretto.
La nostra forza, l’export, che ci consentì di riprendere rapidamente dopo il Covid, ora è la nostra debolezza. Siamo esposti direttamente alle conseguenze sul piano internazionale di grandi temi geopolitici.

- Ma di fatto i dazi sono rimasti quelli di prima, al 5% verso gli Usa, dopo il ripensamento di Trump e i 90 giorni di riflessione.
Sì, ma è proprio questo che genera instabilità e mancanza di certezze. L’assenza di un parametro, di un riferimento. Paradossalmente, se ci fossero stati i dazi il sistema si sarebbe rapportato su quelli: conoscendo la malattia, si cerca di individuare la cura. Invece il perdurare di una lunga fase indefinita, mette gli intermediari in forte difficoltà, dato che dovrebbero comprare i prodotti senza sapere a quanto rivenderli. Si crea un effetto ‘’sasso nello stagno’’, che non riguarda gli Usa e basta, ma va a ripercuotersi sui mercati di tutti i Paesi. Il prezzo dell’oro oltre i 90 euro e con variazioni sensibili anche nel giro di poche ore è un altro aspetto che crea turbativa.

- Sono colpiti da questo rallentamento tutti i settori orafi?
La gioielleria, il non prezioso, la moda si trovano tutti di fronte allo stesso problema. Non siamo al livello di una vera emergenza, ma inutile nascondersi: la difficoltà è generale e causata da elementi fuori dal nostro controllo. Non si tratta cioè di strategie aziendali, di posizionamenti, di organizzazione, sono questioni globali. Una tempesta perfetta.

- E pensare che a gennaio da Vicenza erano venuti ottimi segnali.
Nel breve volgere di qualche mese lo scenario è mutato. La recente fiera di Istanbul non ha dato risultati confortanti. Ma restiamo fiduciosi.

- Il 10 maggio apre Oroarezzo.
Ci auguriamo che ci siano segnali e risultati diversi. L’evento di Ieg ad Arezzo Fiere e Congressi è una grande e prestigiosa vetrina. Il meglio delle produzioni e di tutto ciò che offre il distretto, davanti agli occhi e a disposizione dei buyer, che speriamo siano numerosi e ben disposti.

Questo il punto della situazione con Luca Parrini. Con circa 1.200 aziende attive, pari al 15% del totale nazionale del settore orafo, il distretto aretino dei preziosi conta 8.411 addetti, il 26% del totale nazionale, e se si considera l’indotto (laboratori artigiani, terzisti, logistica, packaging e servizi), coinvolge oltre 12.000 persone, arrivando a superare i 20.000 occupati considerando tutte le ricadute economiche e sociali. L’export rappresenta circa il 75% del fatturato totale del distretto. Prima la Turchia, seguono Emirati Arabi, Stati Uniti, Francia e Hong Kong.

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