Venerdì 10 Ottobre 2025

QUOTIDIANO DI INFORMAZIONE INDIPENDENTE

DIRETTORE
SERGIO CASAGRANDE

×
NEWSLETTER Iscriviti ora

L'intervista

Elezioni regionali, Alessandro Tomasi: "E' ora di cambiare la Toscana. La sanità non regge, 200 milioni di buco ogni anno"

Il candidato del centrodestra: "Basta con gli sprechi, i territori penalizzati e le lunghe liste d’attesa. Andrò a Roma e tornerò con i risultati per i cittadini toscani"

Giuseppe Silvestri

10 Ottobre 2025, 18:04

Alessandro Tomasi

Alessandro Tomasi, candidato presidente del centrodestra

Nella sfida per la presidenza della Regione Toscana, il centrodestra schiera Alessandro Tomasi. Classe 1979, sindaco di Pistoia, Tomasi ha iniziato l’attività politica in Alleanza Nazionale e dopo l’esperienza nel Popolo delle Libertà, ha aderito a Fratelli d’Italia. Ora prova a interrompere l’egemonia del centrosinistra che guida la Regione fin dall’anno della sua istituzione, il 1970.

- Lei ha detto che una delle sue priorità sarà eliminare il disavanzo strutturale della sanità, anche rimuovendo l’addizionale Irpef. Quali sono le misure concrete che intende mettere in campo per raggiungere questo obiettivo? Come pensa di bilanciare la necessità di risanare i conti e il mantenimento, o miglioramento, dei servizi?
Oggi mancano una gestione e un indirizzo chiaro sulla sanità, che ogni anno in Toscana accumula un buco di 200 milioni. La Regione continua a chiudere reparti e funzioni negli ospedali delle zone interne, privando i cittadini di servizi essenziali. Più del 51% dei toscani, dati dell’Ars, si rivolge al privato per le visite. L’8% rinuncia ai controlli per le liste d’attesa troppo lunghe e per l’impossibilità di pagare. In queste ore anche l’ultimo rapporto Gimbe certifica purtroppo questo dato preoccupante: nel 2024 l’8,2% dei toscani ha rinunciato alle visite. Con l’invecchiamento della popolazione, la fuga dei giovani toscani – 4mila solo nell’ultimo anno - e la denatalità, dobbiamo chiederci cosa sarà della sanità pubblica tra dieci anni se non si inverte la rotta adesso. Il sistema così non può reggere. Su oltre 8 miliardi di bilancio sanitario occorre per prima cosa tagliare i tanti sprechi che ci sono e che crescono nell’indifferenza della politica. La prima cosa da fare è questa: gestire la spesa e non mettere le mani nelle tasche dei cittadini come ha fatto la Regione con l’aumento dell’Irpef. Tagliare gli sprechi e investire sui servizi. Efficientare il sistema con l’abbattimento delle liste di attesa attraverso un sistema unico regionale di prenotazione, vietare ogni forma di chiusura delle liste, verificare costantemente i tempi di attesa per le prestazioni critiche con monitoraggi continui, ampliare l’offerta con sedute aggiuntive e fasce orarie potenziate, utilizzare il privato accreditato sotto il controllo e l’indirizzo del pubblico, lavorare con le farmacie dei servizi, potenziandole, e con il terzo settore, introdurre la gestione intelligente delle domande e delle cancellazioni. Sono alcune delle nostre idee per intervenire su un sistema sanitario che non risponde più, con il pubblico, ai cittadini. Come certificano anche gli ultimi dati.

Alessandro Tomasi durante un incontro con gli elettori al mercato

- Ad Arezzo i sindacati denunciano carenze significative di personale sanitario, specialmente Oss e operatori socio-sanitari, che compromettono servizi essenziali. Qual è il suo piano per garantire che ci sia un numero sufficiente di addetti e che il personale sia adeguatamente distribuito sul territorio, anche nelle aree rurali o interne?
Per le aree interne, occorre una gestione regionale che differenzi i piccoli ospedali dando missioni specifiche, in modo da non tagliare sui servizi essenziali come stanno facendo adesso. Quello che denunciano ad Arezzo, succede nell’ospedale di Volterra, in quello di Pescia, di San Marcello, dell’Isola d’Elba. Invece di utilizzare oltre 100 milioni di euro in cinque anni per il reddito di cittadinanza, come vuole l’accordo Pd-5Stelle, investiamo sul welfare per il personale sanitario e sui giovani, per esempio. La memoria corta di certa politica, che nel 2020 definiva eroi i sanitari, non mi sorprende. Le celebrazioni, i post sui social, non possono bastare a chi ogni giorno lavora negli ospedali. E’ un lavoro nobile, spina dorsale della sanità pubblica, dagli oss, ai medici, agli infermieri, a tecnici, logopedisti, fisioterapisti. Il problema del personale si affronta con una riorganizzazione del sistema. Basta guardare all’Emilia Romagna per capire che il problema più che nei numeri – e nel nostro programma c’è lo stop al blocco del turn over - sta nell’organizzazione e nelle migliori condizioni lavorative. Su questo, come detto, il welfare aziendale può incidere. Il problema è enorme se lo guardiamo in prospettiva. Tra qualche anno (già ora per la verità) faticheremo a trovare ricambi per alcuni reparti, nell’emergenza/urgenza. Il personale è allo stremo.

Secondo Tomasi le politiche sanitarie della Regione sono prive di un chiaro indirizzo

- I dati dell’Agenzia Regionale di Sanità segnalano che nella provincia di Siena la disponibilità di posti letto per abitante è piuttosto buona. Tuttavia, ci sono zone più interne, come l’Amiata, la Valdichiana, la Valdorcia, dove la distanza e la logistica rendono difficile l’accesso a certe cure. Come intende intervenire su queste differenze territoriali nella prestazione ospedaliera?
E’ esattamente questo il problema. Mancano una organizzazione regionale e una gestione toscana della sanità. Ci sono servizi buoni, ci sono eccellenze che vanno mantenute e poi c’è la desertificazione sanitaria. La Toscana anche in questo non è a due velocità, ma a tre, a quattro. Alcune strutture verranno sempre più penalizzate. Occorre invece, come detto prima, preservare proprio questi presidi delle aree interne, che devono essere considerati essenziali in virtù della distanza e della mancanza di collegamenti con i capoluoghi. Occorre differenziare con missioni specifiche per mantenere i servizi essenziali. Bisogna tornare a indirizzare l’organizzazione sanitaria e realizzare davvero una sanità territoriale. Gli slogan ci parlano di 70 case di comunità. Noi siamo d’accordo con le case di comunità, ma i cittadini sanno che nella maggior parte dei casi non ci sono ancora oppure sono senza personale. Con gli annunci non si curano le persone.

- La provincia di Arezzo soffre di collegamenti carenti, soprattutto ferroviari, rispetto al resto della Toscana. Quali investimenti, o pressioni a livello nazionale, intende fare per rafforzare la mobilità dell’Aretino?
Farò quello che ho fatto a Pistoia da sindaco: prendere il treno e andare a Roma per portare a casa risultati. Nella narrazione del centrosinistra è sempre colpa degli altri: dei Comuni o del Governo, che ricordo c’è da poco meno di tre anni. Io mi prendo la responsabilità di essere garante dei cittadini di fronte agli altri livelli di governo. Farò questo per le infrastrutture necessarie ad Arezzo e alla Toscana. Essenziale, per me, la stazione dell’Alta Velocità.

Tomasi critica le politiche regionali anche sul fronte lavoro

- Arezzo è una provincia con forte vocazione manifatturiera e artigiana (oro, moda, agrifood). Come pensa di sostenere questi distretti nel contesto della transizione digitale ed ecologica e alla luce della vicenda dazi?
Il manifatturiero è la linfa vitale di questa terra. Ma la Regione interviene solo di fronte a una crisi aziendale. Serve una mentalità alleata dello sviluppo, e non antagonista. Una riforma della legge 65/2014 sulla pianificazione territoriale, perché si superino le difficoltà, la lentezza, la burocrazia e l’incertezza che questa normativa dà, sia a chi vuole investire sia ai Comuni. Il ciclo dei rifiuti: portiamo la spazzatura fuori pagando un prezzo carissimo perché non siamo autosufficienti e non abbiamo impianti ultramoderni che trasformano i rifiuti in risorsa. La transizione digitale: in Toscana oltre 40 aree sono digitalmente isolate. Sono zone, anche produttive, in forte difficoltà per questa mancanza. Occorre investire sulle infrastrutture digitali concentrando le risorse senza parcellizzarle, come fatto finora, in piccoli progetti che non collegano i territori e non sono la base per lo sviluppo. I dazi sono una misura penalizzante su cui penso che il Governo si sia mosso bene. La Regione deve incidere, invece, sulle condizioni di partenza delle aziende manifatturiere. Essere attrattiva, puntare sulla formazione, come l’Its, e connettere la ricerca e l’ingegno con la produzione. Questa è la chiave anche per cercare di trattenere i 4mila giovani che lasciano la Toscana ogni anno.

- Il territorio senese vive di un turismo di qualità, legato al Palio e al patrimonio culturale e paesaggistico. Come intende valorizzarlo, garantendo allo stesso tempo la tutela delle comunità locali e contrastando lo spopolamento dei borghi?
Lo spopolamento dei borghi si contrasta solo con i servizi. Un borgo senza servizi, isolato perché non ha strade di collegamento o trasporti pubblici adeguati, è destinato a morire. Si può agire solo riportando servizi e collegamenti, alleggerendo alcune tariffe che incidono – penso alla bolletta della spazzatura che da sindaco ho diminuito nella montagna pistoiese per cittadini e attività – e cercando anche in questi borghi opportunità legate alle tradizioni del territorio e all’identità dei luoghi. Qui la promozione e il turismo giocano un ruolo fondamentale. La Regione impedisce agli Ambiti territoriali di fare la propria promozione accentrando tutto sulla governance toscana (Toscana Promozione). Bisogna invece dare più autonomia agli Ambiti proprio su questa funzione, perché i territori sono i primi a dover essere ascoltati. Ai Comuni restano i progetti di comunicazione e informazione su cui la Regione dà una prospettiva di 18 mesi, mentre occorrerebbe una prospettiva ben più ampia. Siena e i suoi borghi hanno potenzialità incredibili. Vanno valorizzate ed esaltate perché questi territori hanno tutto per farcela.

Pronto a fare pressioni sul governo per le infrastrutture e non solo

- Il Senese negli ultimi anni ha accusato diverse crisi aziendali, Beko su tutte. Quali iniziative per rafforzare un territorio che da questo punto di vista sembra sempre più debole?
La vicenda Beko nasce da molto lontano. Non è una crisi che spunta negli ultimi due anni. I lavoratori hanno vissuto per oltre dieci anni in uno stato di mancate sicurezze, di crisi, di precarietà. L’intervento del Governo, con il Ministro Urso, è stato fondamentale con la chiusura del contratto per il passaggio di proprietà a Invitalia. Ora servono soluzioni condivise con i lavoratori e i sindacati e il rilancio di un parco industriale produttivo e di un’occupazione stabile. Anche in questo caso, occorrono investimenti sulle infrastrutture e riforme della legge di pianificazione territoriale per rendere il territorio attrattivo.

- In una regione come la Toscana, spesso percepita divisa tra città e province, come garantirebbe che territori come Arezzo e Siena abbiano lo stesso peso politico e le stesse opportunità di Firenze o Pisa?
Non esiste una Toscana diffusa come vorrebbero farci credere. Esiste una parcellizzazione delle risorse che non incide sulle questioni prioritarie. La differenza tra Firenze e Arezzo, tra Firenze e Siena, è la stessa che c’è per molti altri territori regionali.
Non è un problema locale, è un problema diffuso appunto. Lo garantirei in due modi: investendo nelle opere infrastrutturali fondamentali o facendomi portavoce delle priorità nelle sedi opportune. E non facendo alcuna differenza politica tra Comuni.

giuseppe.silvestri@gruppocorriere.it

Newsletter Iscriviti ora
Riceverai gratuitamente via email le nostre ultime notizie per rimanere sempre aggiornato

*Iscrivendoti alla newsletter dichiari di aver letto e accettato le nostre Privacy Policy

Aggiorna le preferenze sui cookie