Il personaggio
Giovanni Raspini
Giovanni Raspini, architetto e designer, si racconta. Appassionato di gioielleria e design, ha scritto Argenti toscani del '700 e dell'800 e, successivamente, il testo dedicato all’arte orafa On Jewels. Nel corso degli anni, Raspini ha realizzato molteplici mostre/evento come Wild, Vanitas Mundi, Nautilus e Gioielli da una wunderkammer e ancora, Il giro del Mondo in 80 gioielli, Superstones, tutte dedicate a pezzi unici di gioielleria. L’azienda omonima, di cui è presidente, ha inoltre restaurato, sotto la sua direzione, un importante palazzo che si trova a Monte San Savino, il Palazzo dei Topi d’Argento, divenuto luogo espositivo delle opere uniche del brand, nonché studio creativo del designer aretino.
Amare la propria terra significa anche impegnarsi concretamente per conservarne il patrimonio. Raspini, collezionista e studioso di oreficeria e argenteria antica, promuove manifestazioni per la valorizzazione culturale, restauri, iniziative dedicate ai giovani e al mondo del lavoro, importanti eventi legati al territorio, al patrimonio e alla tradizione orafa. Come l’Archivio Bulgari, la straordinaria raccolta di ricerche, punzoni, disegni e documenti riguardanti l’oreficeria toscana dal Trecento all’Ottocento, promossa dal famoso gioielliere Costantino Bulgari con studi durati una vita. Grazie all’impegno profuso da Giovanni Raspini, l’Archivio – avuto in dono dalla figlia di Costantino, Anna Bulgari Calissoni – è passato all’Università di Siena (Campus Universitario di Arezzo), assieme a una biblioteca di circa 500 testi dedicati al mondo orafo.
Giovanni Raspini, nella veste di sponsor unico, si è fatto carico anche della sistemazione e digitalizzazione dell’Archivio, ora conservato presso il Lab.or, il Laboratorio di storia e tecnica dell’oreficeria coordinato dal professor Paolo Torriti. Altre importanti iniziative sono il Master di I livello in storia e design del gioiello (rivolto ai giovani laureati, sempre in collaborazione con l’Università di Siena) e le borse di studio già assegnate agli studenti-artisti dell’Accademia di Brera a Milano. Patrimonio artistico: l’argentiere aretino ha finanziato il restauro del busto reliquario di San Donato. Capolavoro toscano in argento dorato e smalti, il busto risale alla metà del XIV secolo e contiene al suo interno le ossa del cranio del patrono di Arezzo.
- Come nasce la sua passione per l’architettura?
In realtà, nel primo giorno di ottobre del 1969, mi trovai iscritto al primo anno di Ingegneria Civile dell’Università di Pisa. Fino al giorno prima, per tre mesi di fila, ero stato in giro per le spiagge di Grecia, Iugoslavia e Turchia.
Il primo giorno di Università andai a lezione di Analisi Matematica senza libri, senza penne e senza quaderni. Figura pessima. Idem con Fisica e Chimica. Dopo tre giorni di calvario mi telefona un amico da Firenze e mi dice che il 15 novembre iniziavano le lezioni ad Architettura e che aveva preso in affitto una casetta in via delle Terme e che potevo dividerla con lui pagando 18.000 lire al mese. Andai all’ultima lezione di Analisi Matematica e mi sentivo un corpo estraneo.
Un intruso. Un imbucato. Peggio. Un abusivo, un truffatore. La testa ce l’avevo già da architetto e la prospettiva di altri quarantacinque giorni di ferie e un bell’appartamento nel centro storico… insomma, andò così. E meno male.
- Dove trae ispirazione per le sue creazioni?
Inspiration and perspiration. “Genius is one percent inspiration and ninety nine percent perspiration”, come diceva Edison. Noi siamo ispirati dal mondo animalier. Da elementi organici. Da conchiglie, fiori, pantere, coccodrilli, iguane e tartarughe. Ma senza il sudore, la tecnica, la mano dell’artigiano e l’occhio del modellista non si va da nessuna parte.
- A quali opere è particolarmente legato?
Come diceva il grande scrittore Tahar Ben Jelloun, “l’ultimo amore è sempre il primo”. Di opere, gioielli, oggetti, progetti, sogni, sbagli e manufatti vari ne ho fatti e disfatti tanti. Nelle varie mostre di pezzi unici che abbiamo fatto negli anni c’è veramente qualcosa di buono che vale la pena di conservare. Grazie al talento dei miei ragazzi e ragazze. Gente di qualità che va dai venti ai novant’anni. Ma il cuore e la testa sono già nel nostro ultimo progetto. Panthère Noire. Gioielli da un bestiario felino.
Siamo già tutti al lavoro e, se tutto fila liscio, apriremo questa mostra a Milano nel maggio 2026.
- Cosa rappresenta il Palazzo dei Topi d’Argento?
Prima di tutto è la casa di Andrea Sansovino, che abbiamo il privilegio e la responsabilità di usare ed occupare. La presenza del grande scultore si sente e rimane viva nei segni del suo progetto originale che il tempo non ha cancellato.
Poi, il Palazzo è un contenitore. Il rifugio, il santuario e il ricovero di tutte le cose che abbiamo fatto negli anni. Un accumulo di artigianalità e ricerca. Una mostra irriverente e vivida di patine, calcinacci, ferri, bronzi e argenterie.
La memoria storica di mani sapienti che negli anni ho selezionato, incoraggiato, corretto e, a volte, contrastato.
- Quali altri interessi coltiva?
Tanti. Troppi. Dal rugby al rock anni ’60. Dal good food alle apparecchiature scenografiche. Dai viaggi in Vespa alle puntate ai tropici…
- Progetti futuri?
A volte, quando propongo un brindisi, dico la stessa frase che diceva Madame Mère. Letizia Ramolino. La mamma di Napoleone. “Che duri!”.
PROFILO
Aretino, laureato in architettura a Firenze, antiquario e collezionista, Giovanni Raspini (1950) ha progettato case, arredi e oggetti di design. Dal 1985 crea argenterie e gioielli nella sua azienda nel cuore della Valdichiana, dove coordina un team di circa 150 persone. Fortemente legato al patrimonio artistico della sua terra, si è fatto promotore dell’istituzione del Laboratorio di Storia, Design e Tecnica dell’Oreficeria in collaborazione con l’Università di Siena.
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